Breve cronaca di una memorabile giornata di antifascismo militante bolognese
Quando il getto degli idranti colpisce il corteo che sta puntando piazza Galvani, dove si sta tenendo il comizio di Roberto Fiore, sono le 19.30. Circa sette ore dall’inizio di una giornata memorabile di antifascismo militante a Bologna.
E’ infatti alle 12.30 che in centinaia di persone, espressione dei centri sociali, dei collettivi studenteschi e delle soggettività antifasciste cittadine. XM24, Crash, Tpo, Stevenson, Vag61, Palestra Popolare Stevenson, Social Log, Lazzaretto, CUA, Staffetta, Labas, CAS occupano tutte insieme la piazza destinata ai latrati xenofobi forzanovisti, soprendendo il dispositivio di sicurezza incaricato di proteggere uno dei peggiori stragisti della destra eversiva del dopoguerra.
Nei giorni precedenti il teatrino istituzionale ha espresso livelli bassissimi, con diversi esponenti istituzionali che si fingono disgustati della decisione della Questura di confermare il comizio in centro ma che poi nella pratica non muovono un dito, e una insistenza quasi maniacale da parte di media e apparati di sicurezza sulla “correttezza democratica” di fare parlare chi ha offerto di pagare le spese legali a potenziali stragisti come Traini.
E’ inutile fare appelli a vuoto alle istituzioni, così come lo è cercare visibilità con azioni a spot buone per un video di Repubblica, minoritarie e insufficienti rispetto ai reali punti politici sui quali dare battaglia. L’unica risposta possibile alla provocazione fascista è quella di prendersi la piazza, negandola ai fascisti stessi. E cosi avviene.
Mentre negli interventi al megafono si ricorda chi è Fiore e cosa rappresenta Forza Nuova, legando la causa della resistenza antifascista a quella curda che combatte contro il fascismo islamista dell’Isis, arriva la notizia che un compagno del CUA, Lorenzo, sta venendo prelevato dalla polizia e tradotto in carcere per i fatti di Piacenza. Dal corteo immediatamente si levano voci per lui, per Giorgio, per Mustapha, arrestati il giorno prima. La giornata di piazza è legata indissolubilmente con quelle di Piacenza, di Macerata, di Cosenza. Il fascismo non ha diritto di parola.
Intanto la polizia si organizza. Le camionette arrivano in serie sganciando celerini, decisi a mettere in pratica la politica di “tolleranza zero” annunciata dal Questore a mezzo stampa. Quando il numero è ritenuto adeguato, la celere parte alla carica attaccando violentemente il presidio, che resiste per quanto può prima di attestarsi su via Farini. Piazza Galvani può essere consegnata a chi è diretto continuatore di esperienze politiche che a Bologna il 2 agosto di 38 anni fa fecero 85 morti e 200 feriti.
I manifestanti allora si ricompattano e decidono di muoversi per la città in corteo, fino a raggiungere piazza Maggiore. La polizia blinda tutti gli accessi a piazza Galvani con grate e idranti. Sono circa le 15. Il comizio di Fiore è previsto per le 19.30, manca molto tempo ancora. Così come manca molto tempo al concentramento ufficiale della piazza antifascista, previsto per le 18.30.
Il tam tam sui social richiama centinaia di persone sin da subito, è chiaro che la giornata non può finire con i fatti della mattinata. Il comizio non si deve fare, affermano all’unisono le persone che affollano la principale piazza cittadina. Sono per la maggior parte giovani, studenti universitari e precari, che non possono tollerare un affronto simile nella loro città.
A qualche centinaio di metri di distanza si svolge un “presidio antifascista” lanciato da PD, LeU, Arci, Libera ed altre associazioni legate alla “sinistra” istituzionale. In un clima quasi surreale, al megafono parte “Contessa”. Poche decine di persone presenziano svogliate. L’antifascismo istituzionale e demokratico è stato sorpassato dalla realtà: non è possibile coniugare Piano Casa, JobsAct, BuonaScuola, decreti Minniti-Orlando con una retorica antifascista di maniera. L’antifascismo genuino sta dall’altra parte.
Il pomeriggio in piazza Maggiore continua con una comunicazione antifascista cittadina non-stop, fino ad arrivare alle 19.30. Mentre Fiore inizia il suo comizio-farsa, almeno 5000 persone hanno raggiunto la piazza. Da lì, si muovono verso le Due Torri e da li in piazza Santo Stefano.
Si imbocca quindi via Farini decisi e determinati a raggiungere piazza Galvani. Giunti all’altezza di piazza Cavour, si imbatte nel nuovo blocco poliziesco. Il corteo avanza, la polizia risponde con manganellate mentre da dietro le grate vengono lanciati lacrimogeni e forti getti d’acqua dagli idranti. Alcuni compagni vengono fermati e poi rilasciati.
E’ la prima volta dal 1977 che vengono usati idranti contro cortei, ma del resto la gestione della sicurezza della Questura bolognese negli ultimi anni ha prodotto irruzioni di celerini dentro sale studio, sfratti abitativi eseguiti con operazioni da teatro di guerra, sgomberi a ripetizione di esperienze sociali e politiche. C’è poco da stupirsi.
Come fortunatamente non c’è da stupirsi della determinazione con cui la piazza bolognese ha affrontato la giornata, importantissima per ribadire i legami indissolubili tra resistenza antifascista, lotta anticapitalista e conflitto sociale. Negli scorsi anni la città ha dato grande prova di resistenza alla barbarie razzista, contestando ripetutamente nelle piazze e nel lavoro sui territori il principale sdoganatore della peggiore barbarie fascista e xenofoba, ovvero Salvini e la sua nuova Lega di stampo lepenista. Ma anche combattendo contro le peggiori politiche del governo Renzi e la loro traduzione sul territorio da parte della giunta Merola.
Quella di ieri è stata una giornata che si lega alle barricate di ponte Stalingrado e piazza Verdi contro la barbarie leghista, ma che dà anche continuità a quanto successo la settimana scorsa in tutta Italia, contribuendo ad affermare un decisivo metodo di contrapposizione alle peggiori pulsioni razziste fasciste e xenofobe nel paese.
Una piazza preziosa, che nel concludersi davanti al Sacrario dei Partigiani di piazza Nettuno dà appuntamento alle piazze antifasciste a venire, così come alla mobilitazione sui territori contro preferenza nazionale, suprematismo e guerra tra poveri.
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