Cattivi maestri, buoni consigli. #2. Autonomia proletaria
Il tema dell’attualità della rivoluzione si basa sull’analisi della determinatezza del soggetto proletario come forza attiva (antagonista e potenzialmente contro) nella dialettica di sviluppo capitalistico. Esso apre dunque al tema dell’autonomia del soggetto proletario, al suo essere fattore determinante nelle trasformazioni del rapporto sociale capitalisticamente mediato. Prima le lotte poi lo sviluppo, recitava il vecchio adagio operaista. Ma non basta scoprire la determinatezza proletaria nella dialettica di sviluppo. Poiché l’autonomia non è (semplicemente) la costante resistenziale al processo di mercificazione questa dialettica deve essere riconosciuta come forza interna alla parte-classe proletaria e anzi come fattore della sua definizione in quanto soggetto che si scopre e si forma secondo fini suoi propri. Un’interpretazione meccanica e non dialettica dello sviluppo assolverebbe dai compiti dell’agire o collocherebbe questi fuori dalla classe portando all’accettazione della realtà di fatto della totalità capitalistica, ovvero dei suoi fini e alla negazione di fini alternativi. Contro questa opzione sorge la nozione e il riconoscimento dell’autonomia del proletariato e della sua funzione nello sviluppo capitalistico, contro e oltre questo, per la sua negazione, che è il movimento della rivoluzione.
Questo riconoscimento appare necessario “anche a tutti i marxisti «proletari» che concepiscono la loro dottrina in modo meccanico e non dialettico, a tutti quei marxisti che non comprendono – cosa che invece Marx aveva appreso da Hegel e aveva introdotto nella sua teoria liberandola da ogni mitologia ed idealismo – che il riconoscimento di un fatto o di una tendenza è ancora ben lungi dal significare che questa debba essere riconosciuta come realtà normativa del nostro agire” (1).
È la lotta che scopre la dialettica ed è solo nella lotta che si costituisce l’autonomia proletaria come attualità della rivoluzione. L’autonomia non è allora il fuori dal rapporto di capitale che resiste alla cattura. C’è anche questo aspetto, come carattere endogeno a una soggettività proletaria che si attiva contro, ma, più propriamente, l’autonomia sta nel processo di autonomizzazione dalla mercificazione del rapporto di capitale dentro un movimento che usa la stessa sintesi sociale capitalisticamente mediata, il livello di cooperazione capitalistica che combina l’umano alle macchine, per ricercare nello scontro e nella negazione altri fini contrapposti. Non ci attarderemo su un interrogativo lecito ma qui troppo impegnativo che cerca la risposta al quesito su cosa sia il comunismo nella connotazione specifica di questa cooperazione rivoluzionata. In questo senso parleremo di progetto comunista, come tensione organizzata a-.
“L’importante per il punto di vista comunista è dimostrare come l’incedere delle lotte semplifichi il terreno dello scontro e ne recuperi sempre di più la natura antagonista: l’analisi, adeguandosi alla pratica rivoluzionaria, conduce alla riduzione dialettica e dinamica della lotta di classe dentro quelli che sono i suoi termini essenziali”(2).
Lo sviluppo delle tendenze di sviluppo ha possibilità di essere un momento nel processo di emancipazione del proletariato se concepito nel contesto delle lotte e quindi come sviluppo antagonista. Ciò, all’atto stesso di concepire l’attualità della rivoluzione, fissa fini contrapposti e irriducibili tra il progetto capitalistico e il progetto comunista.
“È soltanto con questa concezione dialettica della necessità delle tendenze storiche che si costituisce lo spazio teorico atto all’intervento autonomo del proletariato nella lotta di classe. Giacché quando ci si limita semplicemente ad accettare la necessità dello sviluppo capitalistico, come fecero le avanguardie ideologiche della borghesia russa e più tardi i menscevichi, ne deriva innanzituttola conseguenza che la Russia deve portare a compimento il proprio sviluppo capitalistico” (3).
E non la rivoluzione, aggiungeremmo. Ancora una volta, perché siano momenti di un processo di conquista di autonomia per il soggetto proletario le tendenze di sviluppo devono essere la posta in palio nella stessa lotta di classe. I processi di scomposizione e ricomposizione di classe nelle varie fasi di sviluppo capitalistico rappresentano pertanto, allo stesso tempo, un processo di conquista di autonomia da parte del proletariato che si fa classe-parte e soggetto rompendo con altre determinazioni e formazioni storico-sociali nelle quali veniva precedentemente assorbito, come quella di popolo. È il conflitto a dissolvere queste forme in quanto agire-contro: “ la necessità della dissoluzione di queste forme ha un senso determinato soltato come processo dissolutivo, dunque solo negativamente” (4).
Pertanto, dialetticamente, lo sviluppo positivo della tendenza, il suo verso, non è una necessità meccanica da accettare me sempre decisa solo e soltanto dalla lotta di classe. “Ma se entrambe le tendenze sono possibili e perfino- in un certo senso – entrambe progressive, cosa sarà a decidere quale delle due debba realizzarsi? La risposta di Lenin a questa questione, come ad ogni altra, è chiara e precisa: la lotta di classe” (5).
L’autonomia proletaria si forma dunque sulla capacità di essere parte attiva nel conflitto di classe. “Si vengono così delineando in forma più distinta e concreta i tratti di quel milieu in cui il proletariato è chiamato a inserirsi autonomamente, come lasse dirigente. Perché la forza decisiva in questa lotta di classe, può essere soltanto il proletariato”(6). Per garantire – come scrive Lenin in “Che fare” – “l’energia, la fermezza e la continuità”(7) si impone il tema dell’organizzazione a sostegno dell’autonomia proletaria.
Leggi:
#1. Attualità della rivoluzione
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1 G. Lukács, Lenin. Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1970, p. 21.
2 A. Negri, Trentatre lezioni su Lenin, Manifesto libri, Roma, 2004, p. 74.
3 G. Lukács, op. Cit., pp. 22-23.
4 Ivi, p. 26.
5 Ivi, p. 26.
6 Ivi. p. 27.
7 V.I. Lenin, Opere Complete, vol.5, Editori Riuniti, Roma, 1958, p.412.
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