Cattivi maestri, buoni consigli. #4. Irriducibilità dell’antagonismo
Con il materialismo la teoria della rivoluzione guadagna la concretezza storico-sociale dell’esperienza proletaria. Con la dialettica il movimento trasformativo in cui queste determinazioni si configurano come rapporto antagonista. Qui emerge l’autonomia proletaria e la sua istanza di conflitto come motore di questa dialettica. Il comunismo e la militanza rivoluzionaria comunista rappresentano in primo luogo l’assunzione della conflittualità come base e motore della realtà a partire da un punto di vista interno a questa e quindi come soggetti storici attivamente interpreti del conflitto per la trasformazione della realtà.
Due dati allora vanno fissati: l’assunzione della consistenza reale, sempre presente come oggettiva latenza, dello scontro sociale e un’unilateralità di posizionamento in questo stesso scontro. Nel polemizzare con il revisionismo Lenin mette in luce esattamente questi due aspetti puntando il dito contro il movimento che assume il punto di vista di una società unita senza antagonismi e contro la riduzione dei soggetti antagonisti e dei loro contrasti che innervano la realtà sociale nel principio dell’unità della società, sostituendo alla loro iniziativa soggettiva una finalità loro esterna. Questo è il movimento del revisionismo che tradisce il princio della lotta di classe.
È un tradimento che è inganno e illusione perché sostituisce l’interesse sistemico all’interesse esclusivo di una parte integrandola nella riproduzione dei rapporti di dominio vigenti tra classi: “fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere , sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica sarannno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni”(1). La democrazia liberale è la forma mistificata di un compromesso sociale che occulta i rapporti tra classi e i loro interessi irriducibili. Essa sublima, fuori dallo sviluppo della dialettica tra le classi e anzi come iniziativa unilaterale di una classe sull’altra, l’antagonismo del rapporto sociale di capitale nell’universalità di un insieme di diritti fuori di cui sono portatori dei soggetti astratti(2). È questo il terreno di sviluppo dell’opportunismo e del revisionismo, bersagli di Lenin.
“Il revisionismo rifiuta la dialettica. La dialettica infatti non è altro che l’espressione concettuale del fatto che lo sviluppo della società si realizza nella realtà attraverso dei contrasti e che questi contrasti (i contrasti delle classi, la natura antagonista del loro essere economico ecc.) sono la base e l’essenza di ogni evento; e una «unità» della società in quanto riposi su una separazione di classi, può essere sempre e soltanto un concetto astratto, una risultante sempre transitoria dell’azione reciproca di quelle forze antagonistiche. Ma poiché la dialettica come metodo è soltanto la formulazione teorica di quel dato di fatto sociale per cui la società si sviluppa tra i contrasti, nel trapasso da una opposizione ad un’altra, quindi rivoluzionariamente, il rifiuto teorico della dialettica significa necessariamente una rottura di principio con ogni comportamento rivoluzionario”(3).
Il punto di vista rivoluzionario materialista e dialettico sviluppa il suo proprio interesse. Il revisionismo allora “consiste innanzitutto nel fatto di superare l’«unilateralità» del materialismo storico; unilateralità consistente nel fatto di considerare i fenomeni complessivi del processo storico-sociale esclusivamente dall’angolo visuale del proletariato. Il revisionismo si sceglie come punto di partenza e di vista quello degli interessi dell’«intera società»”(4). Ma un simile interesse in concreto non esiste se non reificato nell’astrazione concettuale della società e delle istituzioni che la rappresentano, quindi da un lato il revisionismo mistifica e dall’altro è sempre naturalmente votato al compromesso nel tentativo di ricomporre questa unità fittizia.
È solo su questa irriducibilità essenziale del punto di vista antagonista che ci può essere direzione dell’organizzazione della classe e che la sua traiettoria strategica può coincidere con un progetto rivoluzionario.
Leggi le puntate precedenti:
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1V.I. Lenin, Opere Complete, vol.19, Editori Riuniti, Roma, 1967, p.13.
2V.I. Lenin, Opere Complete, vol.15, Editori Riuniti, Roma, 1967, p. 30.
3G. Lukács, Lenin. Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1970, p. 67.
4Ivi, p. 66.
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