Cattivi maestri, buoni consigli. #5. Liquidazione dell’utopismo
Lenin polemizza con il revisionismo e liquida definitivamente ogni forma di concezione utopistica dell’ideale socialista. In entrambe queste mosse è custodito il progetto rivoluzionario nella “realizzazione concreta del contenuto del programma di Marx: quello di produrre una teoria fattasi pratica, una teoria della prassi”(1).
Già la tematizzazione del problema dell’organizzazione come salto nella continuità aveva in Lenin evidenziato come la funzione direttiva del partito della classe non andasse confusa con l’ideologia di una maturazione spontanea e progressiva del proletariato alla propria missione rivoluzionaria, una via per la sua vittoria. Questa via semplicemente non c’è perché la dialettica del conflitto di classe che la parte proletaria deve sostenere in quanto parte del vincolo di capitale descrive sempre condizioni nuove. C’è un’ineliminabile dato di libertà a monte della decisione di costruirsi come parte. Questa variabile descrive tanto la costituzione soggettiva dell’iniziativa proletaria nel farsi classe quanto le sorti possibili del suo destino(2).
Per cosa si combatte dunque? Per quale destino? Come il partito anche il socialismo non è ma diviene sulla distruzione dei livelli di dominio che strutturano la subalternità di classe. Questa traiettoria negativa, come visto, preserva l’orizzonte strategico comunista contro i compromessi dell’opportunismo, mentre è grazie alla connessione tra costituzione soggettiva e suo sviluppo dialettico dentro il conflitto che si scopre il divenire rivoluzionario contro ogni utopismo che vorrebbe invece dedurre la realtà di una idea di socialismo. Sotto questo riguardo ogni presunta pre-formulazione concreta del socialismo è mistificatoria innanzitutto perché risulta essere un prodotto non dialettico. Si tratta di utopismo.
“Il socialismo utopistico non poteva indicare una effettiva via d’uscita. Non sapeva né spiegare l’essenza della schiavitù del salariato sotto il capitalismo, né scoprire le leggi del suo sviluppo, né trovare la forza sociale capace di divenire la creatirce di una nuova società.
Intanto le rivoluzioni tempestose che, in tutta l’Europa e principalmente in Francia accompagnarono la caduta del feudalesimo e del servaggio, dimostravano in modo sempre più evidente che la base e la forza motrice di ogni sviluppo era la lotta di classe.(3)”
La forza sociale è l’ineliminabile residuo soggettivo, il carattere che coltiva una possibilità di autonomia, non ciò che rimane e già di per sè realizza l’alterità ma la condizione di sviluppo dell’alterità sul conflitto di classe. “La nozione concreta del socialismo – come il socialismo stesso – è un prodotto della lotta che per questo viene condotta: soltanto nella lotta per il socialismo e attraverso questa lotta è possibile elaborarla. Ed ogni tentativo di raggiungere una nozione concreta di socialismo per una via diversa da questo rapporto dialettico di reciprocità con i problemi quotidiani della lotta di classe, fa di tale nozione una metafisica, un’utopia, un’entità meramente contemplativa e non pratica”(4).
Leggi le puntate precedenti:
Irriducibilità dell’antagonismo
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1 G. Lukács, Lenin. Teoria e prassi nella personalità di un rivoluzionario, Einaudi, Torino, 1970, p. 91.
2 È con Benjamin che nel moderno la coppia concettuale di destino e carattere viene prima separata in senso antideterministico contrastando l’idea secondo quale se il carattere di un uomo, e cioè anche il suo modo specifico di reagire, fosse noto in tutti i suoi particolari, e se pure l’accadere cosmico fosse noto in tutti gli aspetti in cui entra in relazione con quel carattere allora sarebbe noto anche il destino di quel carattere; successivamente questa coppia viene ricomposta su una nuova relazione, un ordinamento segnico, laddove il carattere non è più “il fantoccio dei deterministi ma la lucerna al cui raggio appare visibilmente la libertà dei suoi atti”. W. Benjamin, Destino e Carattere (1921) in Angelus Novus, Einaudi, Torino, 1962, pp. 31-38.
3 V.I. Lenin, Opere Complete, vol.19, Editori Riuniti, Roma, 1967, p.13.
4 G. Lukács, op. cit. p. 91.
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