Intervista dal Messico sulla lotta di Ayotzinapa e le sue prospettive
Pubblichiamo il testo tradotto dell’intervista realizzata con Omar Garcia, uno dei portavoce degli studenti di Ayotzinapa, che fa il punto della situazione e della mobilitazione in Messico, soprattutto alla luce delle ultime dichiarazioni del Procuratore Generale della Repubblica che nei giorni scorsi ha cercato sbrigativamente di chiudere la vicenda dei 43 normalistas, scomparsi dalla fine di settembre.
(intervista e traduzione tratte dal blog #20ZLN)
Pensate che la conferenza stampa della Procura Generale della Repubblica sia una risposta all’Ottava giornata di mobilitazione globale per Ayotzinapa del 26 di gennaio?
La conferenza della Procura Generale della Repubblica è una cosa molto complessa, la PGR è dal 7 di novembre dell’anno scorso che dà la stessa versione, stavolta però la rinforza e aggiunge nuovi dati, dati di cui era già in possesso e che arrivano direttamente dai delinquenti al loro servizio, dagli assassini dei nostri compagni. La versione ufficiale non tiene conto delle nostre deposizioni, quelle dei testimoni delle vittime. Prendono il “meglio” di quello che gli conviene per costruire una verità. Un’operazione politica per risolvere il problema così da recuperare la credibilità politica e la governabilità persa in questi quattro mesi.
Come ha reagito la popolazione messica a questa falsa verità della PGR?
C’è stata una reazione che la PGR non si aspettava. Le persone hanno mantenuto ferma la loro posizione d’appoggio e solidarietà con noi e la nostra lotta. Allo stesso tempo, mentre la PGR alla conferenza affermava che i nostri compagni erano tutti morti, avvertivano che non avrebbero permesso nessuna nuova manifestazione. Anche stamattina ci è arrivato l’avviso che non si permetterà più nessuna manifestazione spiegando che non avrebbero permesso nuove violenze. Ciò a cui stiamo assistendo è un nuovo passa avanti nella politica repressiva, stanno cercando di creare una sorta di controffensiva non tollerando più il dissenso perché la loro verità è che i nostri compagni sarebbero già morti. Però noi non ci crediamo. Noi continuiamo a portare avanti la nostra posizione ovvero che i nostri compagni sono vivi e ci sono molte irregolarità nelle indagini.
Manca completamente una linea d’inchiesta contro l’esercito e polizia federale, cosa pensate di fare per farla aprire?
E quello che chiediamo dall’inizio! A ottobre, in una loro relazione, siamo stati indicati come gruppo antagonista ai Guerreros Unidos, abbiamo così avvertito la popolazione messicana che la PGR stava cercando di incriminarci, e di sminuire il caso ad uno scontro tra gruppi rivali della criminalità organizzata. Per questo abbiamo chiesto di aprire una nuova inchiesta o per lo meno di dirigere una parte dell’inchiesta sull’esercito, senza dubbio questo non è stato fatto, ed è da molti mesi che lo chiediamo. Il procuratore invece continua a dire che non c’è nessuna prova che possa far dire che l’esercito sia coinvolto, invece noi diciamo, e noi abbiamo presentato testimoni diretti, che affermano che è stato l’esercito. Per di più tra i 99 arrestati alcuni uomini della polizia locale hanno fatto dichiarazione peritali e ministeriali, in cui affermano che il capo della caserma militare d’Iguala conosceva benissimo le attività dei Guerreros Unidos e che si gli aiutava, o era addirittura complice di quelli che succedeva li.
Per questo abbiamo visto nelle dichiarazioni che ha reso pubbliche la PGR in questi giorni, omette tutto questo tipo di prove, e finalmente mostra solo le dichiarazioni dei sicari che si auto-incolpano. Penso che in Messico non abbiamo mai visto confessioni così esplicite. Di solito chi è accusato prova a difendersi e dice di essere innocente in qualsiasi modo, con avvocati, usando le leggi a suo favore, cercando di far valere i propri diritti, sempre si prova a dire “io non sono stato”. Invece questi ammettono di essere stati loro. Qua c’è un’estrema convenienza. Non ci piace per niente anche se siamo abituati qui in Messico a vedere come le autorità creano delitti, creano prove, inventano inchieste fittizie.
Sapete già come continuare la lotta e la mobilitazione? Pensate di fare rete con altre Normali Rurali o ampliare i rapporti?
Certo andiamo avanti, in questi quattro mesi abbiamo lavorato creando relazioni affinché tutto questo non finisca così. Anche dopo la conferenza stampa della PGR, affermando che bisogna superare il problema di Ayotzinapa. Ma anche noi, insieme alla popolazione messicana abbiamo detto che bisogna superare il caso specifico di Ayotzinapa, perché il problema non è solo di Ayotzinapa, ma bensi un problema delicato di tutto il Messico. E’ un problema generale perché qui si pratica sistematicamente la “desaparicion” (la sparizione forzata), si calpestano i diritti umani ogni ora. Per di più chi stringe rapporti commerciali con il Messico, come i paesi dell’Unione Europea o gli Stati Uniti d’America, non tengono in considerazione quello che realmente succede qui. Anche questo fa si che non si possano superare queste gravi problematiche. Domani o dopodomani si potrebbe ripetere il fatto e non ci sarebbe la possibilità di avere garanzie per nulla: sulla giustizia, la verità, la presentazione in vita dei nostri compagni così come la risoluzione a tanti problemi! Per questo non possiamo fermarci e non per fortuna non siamo da soli, ma con tanta gente.
La “guerra al narco-traffico” di Calderon e la scelte di Pena Nieto hanno relazioni?
Certo che esiste una relazione. Però questi non sono “danni collaterali” come li definivano un tempo, questo è qualcosa d’intenzionale contro i normalisti o contro di noi. A Iguala per esempio esiste la miniera d’oro più grande dell’America Latina, noi negli anni abbiamo difeso la lotta dei “campesinos” che si sono opposti allo sfruttamento e alla spogliazione delle terre causata dall’estrazione del minerale. L’attacco ad Ayotzinapa non è causale è un attacco a noi che abbiamo appoggiato le organizzazioni sociali. Quindi, i danni collaterali o le conseguenze che bisogna subire se ci si scontra con la guerra del narco-traffico, per delle persone che non hanno nulla a che fare con questa guerra, “las atropeyan”, vengono calpestate (o torturati, uccisi in massa e bruciati). Però noi siamo qualcosa di differente, noi siamo studenti che si sono sempre battuti contro l’esproprio ed il saccheggio del territorio per questo percepiamo un’intenzione in quello che è successo. Sicuramente chi l’ha fatto ha tenuto conto di quello che noi siamo. Se fossimo stati studenti senza pensiero critico e con abbastanza soldi per andare in una scuola privata sicuramente ci avrebbero cercati per cielo, mare e terra e se ci avessero dati per morti ci avrebbero fatto un monumento e salutati “militarmente” nello zocalo della capitale e ci avrebbero chiamati eroi, questa è anche molto una questione ideologica.
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