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La transizione del movimento dei lavoratori in Cina

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Pubblichiamo di seguito la traduzione di un testo intitolato “La transizione del movimento dei lavoratori in Cina”, autore Geoffrey Crothall, pubblicato originariamente sul numero 2 dell’anno 2018 di MadeInChina, rivista trimestrale di approfondimento sulla società cinese e in particolare sui diritti dentro e oltre il mondo del lavoro. Il numero da cui è tratto il testo è focalizzato sul tema dello stato delle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici nella Cina guidata da Xi Jinping.

 

A nostro avviso, il testo è utilissimo per osservare le trasformazioni in corso nella seconda (a breve prima?) economia del mondo, dove le tradizionali insorgenze operaie di tipo fordista a cui abbiamo assistito negli ultimi anni soprattutto nel sud e nelle regioni costiere del paese stanno cedendo il passo ad una nuova forma più ampia e diffusa di attivazione, che è naturale conseguenza del passaggio ad una economia più orientata al terziario. Il dato rilevante, che inoltre differenzia il percorso in atto oggi in Cina dal modello a cui si è assistito in USA ed Europa negli anni Ottanta e Novanta a partire dall’ondata di delocalizzazioni, è che questa transizione si svolge in contemporanea all’emersione delle piattaforme di sharing economy ed altre forme di dominio tecnologico sulla forza lavoro. Ne consegue una molteplicità di forme di attivazione e una ricerca di forme adeguate di rappresentanza sindacale e politica che esondano dalle forme classiche e che in tendenza possono fare prefigurare importanti turbolenze nel paese a causa dell’immmediatezza di tale processo. Il tutto inoltre sta avvenendo in un contesto nel quale la guerra commerciale avviata dalle politiche di dazi di Trump rischia di mettere a repentaglio milioni di posti di lavoro sul lungo periodo, e in cui le principali mega-aziende cinesi hanno avviato forti programmi di delocalizzazione esse stesse, in altri paesi del sud-est asiatico come il Vietnam o la Cambogia, piuttosto che in Africa, spesso all’interno della cornice della Belt and Road Initiative. Non a caso è molto forte la scure sui movimenti operai in questi ultimi mesi, confermando il trend avviato da Xi sin dal 2013 di attacco alle possibilità di organizzazione autonoma all’interno della società: basti pensare al recente caso di Shen Mengyu, detenuta in un luogo sconosciuto per aver provato a costruire un sindacato di base slegato da quelli ufficiali all’interno di una fabbrica a Shenzhen. Lo sforzo continuo nel mantenere la stabilità politica del paese, obiettivo cardine di un PCC ormai sempre più capofila dell’economia capitalistica globalizzata, si deve dunque confrontare con nuove sfide il cui esito determinerà il profilo futuro del paese più popolato al mondo. Qui il link originale al testo. Buona lettura.

 

La transizione del Movimento dei Lavoratori in Cina

Per i lavoratori cinesi, i primi cinque anni di presidenza di Xi Jinping (2013-2018) sono stati caratterizzati da una crescita economica più lenta, dal declino delle industrie tradizionali come il settore manifatturiero e l’estrazione mineraria, dalla rapida crescita nel settore dei servizi e dall’uso crescente di lavoro flessibile e precario.

Ciò ha portato a un contemporaneo cambiamento nella natura e nella portata delle proteste dei lavoratori, con l’attenzione che si è spostata dalle fabbriche del Guangdong, il tradizionale cuore dell’attivismo operaio in Cina, in direzione di una gamma di risposte più ampia alle difficoltà economiche diffusasi in un vasto numero di industrie in giro per il paese. Nella stragrande maggioranza dei casi, l’azione collettiva durante questo periodo è stata innescata non dalle richieste di migliori condizioni di lavoro e di paga, bensì dal fallimento dei datori, sia nelle industrie tradizionali che in quelle più innovative, nel rispettare anche le disposizioni più basilari del diritto del lavoro.

Per comprendere meglio il volto mutevole dell’attivismo operaio in Cina, questo saggio utilizzerà la Strike Map del China Labor Bulletin (CLB) per illustrare la distribuzione geografica e settoriale delle proteste dei lavoratori in Cina tra il 2013 e il 2017. Ciò consente di esaminare le principali richieste dei lavoratori, i tipi di protesta, il numero di partecipanti e la risposta, dove ci sia stata, delle autorità locali e della polizia.

La Strike Map del CLB ha registrato un totale di 8.696 proteste collettive di lavoratori dal 1 ° gennaio 2013 al 31 dicembre 2017. Questo, naturalmente, non è un numero definitivo di tutti gli scioperi in Cina; sono solo gli “incidenti” pubblicati sui social media cinesi e occasionalmente nei media ufficiali che siamo stati in grado di raccogliere durante la ricerca di parole chiave. La nostra frequenza di campionamento è variata nel corso dei cinque anni, ma stimiamo, basandoci sulle statistiche occasionali e parziali emesse dai governi nazionali e locali in Cina, che la Strike Map del CLB rappresenta circa il cinque-dieci per cento di tutti gli incidenti dell’azione collettiva dei lavoratori in Cina durante questo periodo. Il tasso di campionamento era comprensibilmente più alto nel Guangdong e nelle principali città nel 2013, ma da allora la copertura è stata più universale.

Distribuzione tra industrie

Nei primi anni Dieci, il settore manifatturiero era di gran lunga l’ambito più importante dell’attivismo operaio in Cina. I lavoratori delle fabbriche iniziarono a organizzarsi per chiedere salari più alti, pagamenti per le assicurazioni sociali, e poi, quando le fabbriche iniziarono a chiudere o delocalizzare, risarcimenti per la risoluzione dei loro contratti di lavoro. Nel corso del decennio, tuttavia, la proporzione di proteste in fabbrica diminuì mentre l’industria manifatturiera si consolidava e le proteste in altri settori, in particolare nei servizi, aumentavano. La percentuale di proteste nel settore manifatturiero è scesa dal 47% circa nel 2013 a solo il 21% nel 2017, all’incirca la stessa proporzione delle proteste collettive nel settore della vendita al dettaglio e dei servizi di quell’anno. Vedi la tabella qui sotto.

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Il crescente numero di proteste nei settori dei servizi e della vendita al dettaglio si è esteso ad una vasta gamma di attività commerciali, tra cui negozi, bar, ristoranti, hotel, palestre, aziende IT, banche e società finanziarie, strutture mediche, asili nido e altre strutture educative private come scuole guida, campi da golf e parchi di divertimento, stazioni televisive e altri media locali. Anche gli insegnanti del settore pubblico hanno intrapreso forme di azione collettiva su una vasta gamma di questioni, come bassi salari, pensioni, indennità e stipendi arretrati. Molti lavoratori del settore dei servizi sono stati assunti come fornitori di servizi informali piuttosto che come impiegati formali, e quando si sono verificate controversie sul pagamento degli stipendi o delle indennità di licenziamento spesso non avevano idea di chi fosse il loro vero datore di lavoro.

Uno dei gruppi più attivi ed efficaci in questo periodo è stato quello dei lavoratori del settore sanitario, che rappresentavano l’8% di tutte le proteste nel settore dei servizi (CLB 2014b). I lavoratori dei servizi igienico-sanitari in tutta la Cina hanno dovuto far fronte a bassi salari, mancanza di benefits, lavoro precario e condizioni di lavoro pericolose. L’unico modo per migliorare la loro situazione era attraverso l’azione collettiva.

Durante questo periodo, anche quelle nel settore dei trasporti sono diventate occupazioni più precarie, in quanto il mercato dei taxi tradizionali è diminuito a causa delle app di ride-hailing (economia on demand applicata al trasporto a pagamento ndt) che hanno guadagnato una quota di mercato più ampia. Allo stesso tempo, la sicurezza del posto di lavoro degli autisti e dei guidatori di autobus era minacciata dall’aumentata concorrenza da parte dei servizi basati su Internet, con i corrieri e gli addetti alla consegna di cibo – quasi tutti con poca o nessuna sicurezza sul lavoro – che sono diventati parte integrante dell’economia urbana . Nel 2013, la maggior parte delle proteste nel settore dei trasporti (105 su 188) sono state organizzate da tassisti tradizionali che si lamentavano principalmente delle tariffe elevate per il noleggio dei veicoli e della concorrenza dei taxi non autorizzati. Nel 2017, dei 117 “incidenti” registrati nel settore dei trasporti, solo 43 erano praticati da tassisti tradizionali, 10 “incidenti” riguardavano i conducenti impiegati dal principale servizio di ride-hailing Didi Chuxing e 28 con addetti alle consegne.

Distribuzione geografica più ampia delle proteste dei lavoratori

Nel primo anno di questo studio, più di un terzo di tutte le proteste dei lavoratori registrate sulla Strike Map del CLB si sono verificate nella provincia meridionale del Guangdong, e la maggior parte di questi incidenti si sono concentrati nei distretti produttivi del delta del Fiume delle Perle. Cinque anni dopo, nel 2017, la percentuale di “incidenti” nel Guangdong era diminuita costantemente fino a raggiungere il 12% del totale (vedere il grafico sotto). Ciò potrebbe essere parzialmente dovuto a un più alto tasso di campionamento per la Strike Map del CLB nel Guangdong nel 2013, ma i tassi di campionamento da soli non possono spiegare un cambiamento così drammatico.

Questa drammatica caduta è stata il risultato di due tendenze concorrenti e correlate: la chiusura di stabilimenti di produzione di fascia bassa nel delta del Fiume delle Perle e lo sviluppo delle industrie di costruzione, produzione e servizi in tutta la Cina.

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La maggior parte delle controversie sul lavoro nel Guangdong, in particolare dal 2013 al 2015, erano direttamente collegate al declino dell’industria manifatturiera nella regione. Mentre l’economia vacillava e altre fabbriche chiudevano, una forza lavoro sempre più anziana si rendeva conto che avrebbe dovuto intervenire al fine di assicurarsi che le prestazioni di sicurezza sociale legalmente obbligatorie e i contributi dei fondi per gli alloggi a cui erano intitolati fossero loro pagate per intero prima che la loro fabbrica chiudesse i battenti per sempre, oppure che il proprietario semplicemente lasciasse la città lasciandoli con mesi di stipendi non pagati. In alcuni casi, i capi delle fabbriche pagavano ai lavoratori quello che dovevano prima di chiudere la fabbrica (CLB 2016a) e le proteste venivano così evitate. In molti altri casi, tuttavia, la dirigenza prendeva tempo o rifiutava di pagare, portando a dispute lunghe e aspre come quella avutasi in occasione della campagna per ottenere compensazioni per il fatto di essere stati licenziati da parte dei lavoratori della fabbrica di scarpe Lide, durata da agosto 2014 ad aprile 2015 (CLB 2015).

Nel corso del 2017 sono state chiuse decine di migliaia di fabbriche nel delta del Fiume delle Perle, mentre quelle rimaste attive tendevano ad essere più stabili ed economicamente redditizie (Tu 2015). A settembre 2017, le autorità municipali di Dongguan – una volta nota come al mondo come la fabbrica della Cina – hanno registrato una riduzione del 69% nel numero delle proteste collettive da parte dei lavoratori durante l’anno e una riduzione del 71% nel numero dei padroni delle fabbriche che scappano dalla città senza pagare gli stipendi arretrati (CLB 2017). I funzionari locali del lavoro hanno cercato di intitolarsi il merito di aver ridotto il numero di controversie, ma sembra molto più probabile che la maggior parte delle fabbriche problematiche fossero già chiuse o già trasferite in località dai costi inferiori interne del paese o all’estero entro il 2017.

Nel 2017, i centri manifatturieri costieri nelle province di Zhejiang, Jiangsu e Shandong – così come delle province interne quali Henan, Hebei, Shaanxi, Anhui e persino Sichuan – hanno registrato tutti un numero considerevole di proteste dei lavoratori. Nei primi tre mesi del 2018, lo Henan ha registrato il maggior numero di proteste in Cina – 44 “incidenti” rispetto ai 29 nel Guangdong.

Molte province interne hanno sperimentato una rapida urbanizzazione così come un boom delle infrastrutture e dello sviluppo immobiliare durante questo periodo. Ciò, a sua volta, ha portato alla creazione di nuovi impianti e servizi di produzione in queste aree appena urbanizzate. I governi locali erano desiderosi di attirare nuovi investimenti con la promessa di un’abbondante disponibilità di manodopera e di un ambiente favorevole alle imprese, il che significava in genere lo scarso rispetto del diritto del lavoro. Inoltre, vi è stato un eccessivo investimento in settori insostenibili dell’economia, che hanno portato a numerosi fallimenti aziendali, licenziamenti e arretrati salariali. In genere, le controversie nelle aree interne erano tendenzialmente di dimensioni relativamente piccole e di breve durata, ma a volte si sono verificate proteste più grandi, come quando 2.000 lavoratori in una fabbrica di giocattoli a Luoning, Henan, hanno scioperato nel mese di giugno 2015 per il mancato pagamento dei salari.

Va notato che la rapida diffusione degli smartphone e delle piattaforme di social media in gran parte della Cina durante questo periodo ha probabilmente contribuito alla maggiore visibilità delle controversie dei lavoratori nelle città più piccole, che potrebbero essere state precedentemente trascurate.

Le richieste dei lavoratori

Nei primi anni del 2010, gli operai cinesi di fabbrica, esemplificati dagli operai della Nanhai Honda a Foshan, hanno lanciato una serie di scioperi che richiedevano migliori condizioni di lavoro e di retribuzione. Questi scioperi sono stati una risposta diretta al rapido aumento dei costi della vita e al lungo periodo di stagnazione dei salari verificatosi durante la crisi economica globale. I salari nel settore manifatturiero sono aumentati significativamente nei primi anni del decennio, sebbene i salari nelle industrie dei servizi tendessero a restare indietro. Con il rallentamento della crescita economica verso la metà del 2010, tuttavia, gli aumenti salariali hanno cominciato a stabilizzarsi e il problema degli arretrati salariali è diventato sempre più evidente.

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Come illustra il grafico sopra, le richieste di aumento salariale dei lavoratori sono costantemente diminuite durante il quinquennio di questo studio. Allo stesso tempo, le richieste di pagamento degli stipendi arretrati sono aumentate dal 25% sulla percentuale di tutte le proteste del 2013 all’82% nel 2017.

Il mancato pagamento degli stipendi è un problema perenne nel settore edile in Cina da decenni. I lavoratori edili sono separati dai committenti e dai finanziatori dei progetti da numerosi livelli di subappaltatori e, nella maggior parte dei casi, vengono pagati solo al termine del lavoro. Ogni anno, nel periodo che precede il Capodanno cinese, milioni di lavoratori migranti sono costretti a inscenare proteste disperate solo per essere pagati in tempo per le vacanze.

Come detto sopra, la questione degli arretrati salariali ha costantemente perseguitato il settore manifatturiero, con le fabbriche improvvisamente chiuse e i i capi che scompaiono nel nulla. Tuttavia, il deliberato mancato pagamento delle retribuzioni si sta diffondendo sempre più anche ad altre industrie, in particolare nei servizi e nelle nuove imprese start-up. Dei 1.033 casi di arretrati non pagati registrati nella CLB Strike Map nel 2017, poco meno della metà (507) erano nel settore delle costruzioni, mentre 212 erano nel settore manifatturiero e 223 nei servizi e nel commercio al dettaglio.

La crescita di nuove industrie in Cina ha creato nuovi problemi per i lavoratori. Molti dei lavori nel settore dei servizi, come i corrieri, gli impiegati nel food-delivery o nelle vendite di servizi di telecomunicazione, sono insicuri, a bassa retribuzione, con pochi o nulli vantaggi e con richieste eccessive di controllo del tempo dei singoli lavoratori. Il governo cinese, e in particolare il premier Li Keqiang, ha posto eccessiva fiducia nella capacità delle start-up di creare posti di lavoro dignitosi e stabili (China Daily 2015). Molte start-up falliscono nel giro di un anno circa dalla costituzione, e quando falliscono o entrano in difficoltà finanziarie, i loro dipendenti semplicemente non vengono pagati.

Organizzazione e partecipazione dei lavoratori

Una delle tendenze più evidenti individuabili dalla Strike Map del CLB negli ultimi cinque anni è stata la diminuzione del numero di proteste di grosso calibro. Nel 2013, quasi il 10% di tutte le proteste coinvolgeva più di 1.000 lavoratori. L’anno successivo, la proporzione era scesa al 7,2%, includendo anche cinque proteste di massa con più di 10.000 lavoratori, come lo sciopero della fabbrica di scarpe Yue Yuen a Dongguan nell’aprile 2014, che vide fino a 40.000 lavoratori in sciopero per due settimane. Nei tre anni successivi la proporzione delle principali proteste è scesa drasticamente al punto che l’anno scorso abbiamo registrato solo un incidente che coinvolgeva più di 1.000 lavoratori (vedi grafico sotto). Finora quest’anno abbiamo registrato altri 7 incidenti con oltre 1.000 partecipanti. Si prega di notare, tuttavia, che il CLB adotta un approccio abbastanza conservativo nei confronti delle dimensioni delle proteste e che è più probabile che sottovalutiamo piuttosto che sovrastimiamo il numero di partecipanti.

Questo calo costante è in parte spiegato dal fatto che le fonti tradizionali di importanti proteste, come i grandi impianti manifatturieri, sono in declino e non sono più caratterizzate da un enorme numero di lavoratori in un posto che possono radunarsi attorno a una causa comune. Forse indica anche la determinazione delle autorità a prevenire le proteste su larga scala che hanno il potenziale di minacciare la stabilità sociale della Cina. In seguito alla protesta di alto profilo sugli arretrati salariali dei minatori di carbone a Shuangyashan, provincia di Heilongjiang, avvenuta durante la riunione dell’Assemblea Nazionale del Popolo del 2016, le autorità si sono adoperate per garantire che i lavoratori licenziati nel settore statale fossero pagati per intero e adeguatamente risarciti in caso di chiusura e di contrazione delle grandi imprese statali (Financial Times 2017).

Se il numero di proteste statiche su larga scala è diminuito in modo significativo, questo non significa necessariamente che i lavoratori non si stiano più organizzando su una scala più ampia. Nel 2016, ad esempio, decine di migliaia di lavoratori di Walmart hanno aderito a gruppi online in risposta ai tentativi dell’azienda di imporre un sistema di lavoro flessibile a circa 100.000 dipendenti in Cina. I gruppi online hanno creato un senso di solidarietà tra i lavoratori Walmart in tutto il paese e hanno permesso loro di condividere informazioni e strategie che potrebbero essere utilizzate per resistere ai tentativi gestionali di erodere i loro benefici (CLB 2016b). Anche i lavoratori di altre industrie di servizi hanno utilizzato piattaforme di social media per organizzare contestazioni simultanee su piccola scala in diverse città. Ad esempio, il 27 giugno 2016, lo staff dei venditori di Neutrogena ha organizzato proteste coordinate all’esterno degli uffici della società a Pechino, Guangzhou e Shanghai.

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Risposta del Governo e della Polizia

La maggior parte delle controversie collettive sul lavoro in Cina hanno vita breve e si risolvono o si dissipano senza la necessità di interventi governativi. È difficile valutare con esattezza la frequenza con cui i governi locali vengono coinvolti in controversie di lavoro, poiché tali azioni non sono spesso dettagliate nei post sui social media in merito alle proteste collettive. Quando i funzionari locali si presentano, è chiaro che la loro preoccupazione principale è quella di contenere e risolvere la controversia il più rapidamente possibile. I funzionari delle amministrazioni locali tentano spesso di mediare o intervenire esercitando pressioni sui lavoratori e sul management per fare alcune concessioni e compromessi in modo che la produzione possa tornare alla normalità. Tuttavia, queste soluzioni rapide affrontano raramente le lamentele fondamentali dei lavoratori e fanno ben poco per attenuare le tensioni nei rapporti di lavoro che hanno originato in primo luogo l’azione collettiva dei lavoratori.

Se c’è una sezione sindacale all’interno di un’impresa al centro di una controversia, di solito è una passiva spettatrice, e talvolta si schiera dalla parte della direzione appoggiando i suoi tentativi di riportare i dipendenti al lavoro. La sola eccezione in questo periodo è stato Huang Xingguo, capo del sindacato del negozio Walmart nella città di Changde, nella provincia di Hunan, che ha guidato il personale in una disputa di un mese sulla liquidazione nel 2014 (CLB 2014a).

I funzionari sindacali distrettuali vengono talvolta coinvolti in controversie di lavoro ma, come i funzionari del governo locale a cui sono associati, la loro principale preoccupazione è quella di riportare al lavoro i dipendenti in sciopero. Detto questo, le federazioni sindacali municipali di Shanghai e Shenzhen hanno adottato alcune misure negli ultimi due anni per aiutare a organizzare gli addetti al food-delivery e sostenere i dipendenti Walmart nella loro campagna contro l’imposizione unilaterale di orari di lavoro flessibili.

Normalmente la polizia non viene coinvolta in controversie di lavoro, a meno che l’incidente non sia considerato una minaccia per l’ordine pubblico o il proprietario dell’impresa richieda specificamente l’intervento di polizia. Gli agenti di polizia sono intervenuti in circa un quarto di tutti gli incidenti registrati sulla Strike Map del CLB durante il quinquennio 2013-2017. Come indicato nel grafico nella pagina seguente, c’è stato un picco negli interventi di polizia nel 2015, che ha coinciso con un intenso periodo di attivismo operaio nel Guangdong ma anche altrove, e con le direttive giunte da Pechino di prendere una posizione più dura contro la società civile in generale. Come ci si poteva aspettare, la polizia aveva molte più probabilità di essere coinvolta in proteste su larga scala. Nelle proteste collettive che coinvolgono più di 1.000 lavoratori, ad esempio, la polizia è intervenuta in circa il 50% dei casi e ha fatto arresti nel 20% di essi.

Dai dati risulta chiaro che la presenza della polizia non conduce necessariamente all’arresto o alla detenzione di operai attivisti. Nella maggior parte dei casi, la principale preoccupazione della polizia è contenere quanto più possibile la protesta e impedire che ciò causi un’interruzione dell’ordine pubblico o del traffico. Se vengono fatti arresti, sono quasi sempre collegati a reati come “raduno di folla per attaccare l’ordine pubblico” piuttosto che semplicemente allo scioperare, che non è tecnicamente illegale in Cina. Nella maggior parte dei casi i lavoratori sono detenuti solo per pochi giorni, ma a volte alcuni ben noti attivisti sindacali sono condannati a più lungo termine, come l’attivista veterano Meng Han che è stato condannato a 21 mesi di carcere nel 2016 per il suo ruolo nella fabbrica di scarpe di Lide l’anno precedente (CLB 2016c).

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Sfide in vista

Gli ultimi cinque anni sono stati un periodo di rapida transizione per i lavoratori cinesi che si sono adattati e hanno risposto a una nuova realtà economica e politica sotto Xi Jinping. I lavoratori sono stati sfidati dal declino delle industrie tradizionali e dall’emergere di nuovi e precari modelli di occupazione nel settore dei servizi.

La mancanza di un sindacato efficace che potesse rappresentare i lavoratori nella contrattazione collettiva con la direzione aziendale e l’assenza di istituzioni o pratiche accettate che possano aiutare a risolvere le controversie collettive di lavoro in modo pacifico e costruttivo significavano che i lavoratori avevano poche possibilità se non ricorrere agli scioperi e ad altre forme di azione collettiva al fine di esporre le loro lamentele.

Anche se non abbiamo dati definitivi sul numero di proteste collettive dei lavoratori durante questo periodo, possiamo concludere con una certa sicurezza che mentre le proteste di fabbrica su larga scala hanno probabilmente raggiunto un picco intorno al 2015, le proteste di scala più piccola su una gamma molto più ampia di industrie e di regioni hanno continuato a esplodere su base regolare in tutto il paese.

Queste persistenti proteste hanno presentato alle autorità una seria sfida mentre queste cercano di adempiere all’impegno di Xi Jinping nel migliorare la vita delle donne e degli uomini comuni che lavorano in Cina. In particolare, la natura sempre più casuale e precaria dell’occupazione in Cina oggi renderà molto difficile per i funzionari delle amministrazioni locali, che sono già notoriamente negligenti nel far rispettare il diritto del lavoro, garantire che i diritti dei lavoratori siano adeguatamente tutelati.

 

 

Bibliografia:

China Labour Bulletin. 2017a. “‘China’s Walmart Workers: Creating an Opportunity for Genuine Trade Unionism.” China Labour Bulletin. http://www.clb.org.hk/sites/default/files/Walmart%20report%20Final.pdf.

China Labour Bulletin. 2017b. “Why Has There Been a Drastic Reduction in Worker Protests in Dongguan?” China Labour Bulletin, 28 September. http://www.clb.org.hk/content/why-has-there-been-drastic-reduction-worker-protests-dongguan.

China Labour Bulletin. 2016a. “Labour Activist Meng Han Sentenced to 21 Months.” China Labour Bulletin, 4 November. http://www.clb.org.hk/content/labour-activist-meng-han-sentenced-21-months.

China Labour Bulletin. 2016b. “‘What Happens When the Boss Actually Abides by the Law during a Factory Closure in China?” China Labour Bulletin, 1 February. http://www.clb.org.hk/en/content/what-happens-when-boss-actually-abides-law-during-factory-closure-china.

China Labour Bulletin. 2015. “The Lide Shoe Factory Workers’ Campaign for Relocation Compensation.” China Labour Bulletin, 22 June. http://www.clb.org.hk/en/content/trying-hit-moving-target-lide-shoe-factory-workers’-campaign-relocation-compensation.

China Labour Bulletin. 2014a. “Unity Is Strength: The Story of the Guangzhou University Town Sanitation Workers’ Strike.” China Labour Bulletin, 16 October. http://www.clb.org.hk/en/content/unity-strength-story-guangzhou-university-town-sanitation-workers’-strike.

China Labour Bulletin. 2014b. “Taking a Stand: Trade Union Chairman Fights Back against Walmart.” China Labour Bulletin, 24 June. http://www.clb.org.hk/en/content/taking-stand-trade-union-chairman-fights-back-against-walmart.

Feng, Emily. 2017. “China’s Laid-off Workers Pose Daunting Welfare Challenge.” Financial Times, 16 November. https://www.ft.com/content/de33f222-af09-11e7-aab9-abaa44b1e130.

Tu, Chonghang. 2015. “Dongguan ‘qiye daobichao’ beihou de zhuanxing zhentong [The Transformation Pain behind Dongguan’s Wave of Factory Closures].” Beijing News, 25 November. http://www.xinhuanet.com/info/2015-11/25/c_134852198.htm.

Zhao, Yinan. 2015. “Premier Meets with Group of Innovators over Coffee.” China Daily, 8 May. http://www.chinadaily.com.cn/china/2015-05/08/content_20654522.htm.

 

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