La vittoria di Amazon contro la sindacalizzazione negli Stati Uniti: le ragioni di una sconfitta annunciata
Condividiamo dal blog Noi non abbiamo patria queste ulteriori considerazioni sulla sconfitta della campagna di sindacalizzazione all’interno stabilimento di Bessmer in Alabama. Interessanti in particolare le annotazioni sulle strategie, quasi biopolitiche con cui Amazon esercita il proprio potere sulla forza lavoro. Inoltre il fatto profondo che ci sembra cogliere questo articolo è il punto in cui si infrange l’impostazione newdealistica dei Democratici (comprese le aree di sinistra) rispetto alla capacità, all’efficacia e alla velocità della ristrutturazione capitalistica che è in grado di mettere in campo un’economia di piattaforma come quella della multinazionale capace di incorporare funzioni di mediazione più credibili di quelle del sindacalismo istituzionale. Buona lettura!
E’ inutile tergiversare, il processo di sindacalizzazione dei lavoratori Amazon presso lo stabilimento di Bessmer in Alabama è stato nettamente sconfitto dalla forza oggettiva delle relazioni dei rapporti del capitale con i lavoratori, che la corporate Amazon ha saputo appunto capitalizzare.
La rivista “The Nation” il 9 aprile titola “fuochi spenti: un post mortem della campagna sindacale in Amazon”. Giornali di sinistra di tutto il mondo titolano con modi simili e pieni di frustrazione: “Amazon, i lavoratori votano no all’ingresso del sindacato”. Il risultato elettorale per la sindacalizzazione è stato disastroso: su 5800 lavoratori, solo il 55% ha votato, 1798 i voti contro il sindacato, 738 quelli a favore.
I giornali della borghesia e della finanza italiana (Sole 24 ore e Corriere della Sera) notano che la valenza del voto dei lavoratori di Bessmer avrà ripercussioni nell’ambito delle relazioni sindacali in tutti gli USA. Questo blog, unendosi ai commenti più intelligenti di queste due testate, nota che il principale sconfitto è il modello di sindacato corporativo e assoggettato alle regole ed ai limiti della concertazione sociale. Ne esce sconfitta la sinistra democratica USA dei Bernie Sanders ed anche la lusinga del Presidente Biden che pubblicamente si era schierato a favore della sindacalizzazione in Amazon. Ed infine ne escono sconfitti i lavoratori di Bessmer, con possibile ricadute sull’insieme della ripresa proletaria all’immediato.
Non ci nascondiamo che questa è una sconfitta dura per quel nuovo proletariato meticcio che prova ad emergere dalla contraddizioni reali che il sistema capitalistico provoca in preda ad un anarchico precipizio verso il crack. Nell’immediato il contraccolpo si farà sentire, soprattutto nelle avanguardie operaie del Nord America e della vecchia Europa, che altrettanto schizofrenicamente tentano di rieditare una resistenza operaia ma con strategie e forme del passato che Amazon sta spazzando via, ossia il precipitare di un modello capitalistico di relazioni con la merce forza lavoro le sta spazzando via.
L’immediato piagnisteo opportunista della lobby corporativa della RWDSU che si appresta a fare ricorso al NLRB chiamando in causa gli atteggiamenti antisindacali, le ritorsioni e le minacce sui lavoratori dei manager della multinazionale di Jeff Bezos, va dunque nella direzione di richiesta di protezione da parte delle istituzioni democratiche dello Stato. Questa strategia di risposta – cui si accoda la sinistra di mezzo mondo politica e sindacale che recrimina contro il cattivone Amazon – non può far altro che contribuire a disperdere ulteriormente le energie minoritarie che si sono espresse nell’impianto di Bessmer votando si per avere un sindacato che li tutelasse nel loro posto di lavoro.
Mentre la campagna nazionale per la sindacalizzazione in Amazon procedeva frenetica, entusiastica negli Stati Uniti ma anche in Italia ed in Europa, questo blog scriveva “Le luci fosche sulla lotta dei lavoratori Amazon negli Stati Uniti”. Si perché niente di avanzato poteva emergere se questa iniziale spinta veniva poi orientata all’interno del corporativismo e collaborazionismo sindacale con lo Stato e col Capitale. Le prese di posizione di Biden, i ringraziamenti del presidente della RWDSU Stuart Applbaum non lasciavano presagire nulla di buono su quanto stesse bollendo nella pentola di Bessmer. Ancora più netti di questo blog sono stati i commenti di chi in Amazon negli Stati Uniti ci lavora e lotta senza aspettare che dall’esterno si formalizzi una union e senza richiedere un riconoscimento formale da parte dello Stato per agire e sentirsi una forza autorganizzata dei lavoratori. I lavoratori Amazon di Chicago, che tre giorni fa hanno interrotto il lavoro contro i turni massacranti del megaciclo, forti della loro esperienza, sono stati facili profeti di una sonora sconfitta già preannunciata: “RWDSU ha fatto una cazzata sin dall’inizio. E’ un peccato che RWDSU stia conducendo una campagna il cui unico risultato può essere il fallimento” (Zamo, attivista dei comitati dei lavoratori di Amazonians United Chicagoland).
Allora cosa ha consentito a Jeff Bezos di sbaragliare le pretese di sindacalizzazione nel suo stabilimento in Alabama, nonostante avesse contro una delle campagne nazionali ed internazionali così diffuse da far addirittura schierare Biden a fianco della necessità dell’esistenza di un sindacato nei posti di lavoro, capace di assumere, orientare e ricomporre le necessitò dei lavoratori, senza che queste confliggano fragorosamente con gli interessi capitalistici?
Perché i lavoratori sono fessi, perché sono gravemente minacciati dalla repressione nei posti di lavoro, spiati, impauriti dalla ritorsioni del padrone o infine illusi dai bonzi sindacali?
Essenzialmente queste motivazioni sono balle, una spiegazione che rifugge dalla realtà.
Perché Amazon, a differenza degli opportunisti sindacali e delle iene democratiche, ha saputo dimostrare che la strategia del padrone ha più chiara quali siano le necessità ed i problemi che affliggono i lavoratori. Amazon ha saputo rivendicare a sé di aver applicato per i suoi lavoratori l’aumento delle paghe orarie intorno ai 15$ l’ora nell’ultimo anno – seppure, cosa non da poco, triplicando i carichi e lo sfruttamento del lavoro, mentre le promesse democratiche sono naufragate nella conta dei voti al Congresso. Amazon ha fatto presente che mentre la sua corporate migliorava le paghe, 40 milioni di lavoratori americani sono inchiodati intorno alla paga minima oraria federale di 7,25$.
Perché Jeff Bezos ha usato la dura realtà nei confronti dei lavoratori che la ristrutturazione dei carichi e ritmi di lavoro ed il super sfruttamento è necessario per l’espansione di Amazon costretta da una agguerrita concorrenza Cinese, in sostanza ha saputo mettere in evidenza che le necessità del padrone sono quelle che meglio possono tutelare il lavoratore trascinato suo malgrado nella tempesta della concorrenza globale. Le chiacchiere di RWDSU, dei Sanders (con le sue campagne al cittadino “make Amazon pay”) e dei Biden di un prossimo New Green Deal idilliaco per padroni e lavoratori non ha fatto presa. E non ha fatto presa perché l’abitudine corporativa e collaborazionista con le forze del Capitale tipica dei sindacati di oggi, nemmeno si è preoccupata di fare una campagna ed organizzare dall’interno dei posti di lavoro gli operai di Bessmer. In sostanza la campagna per la sindacalizzazione in Amazon è stata tutta rivolta all’esterno e verso il quadro consociativo e corporativo nazionale, dimostrando davvero di quanto le lobby sindacali siano lontane dal sentimento dei lavoratori che cominciano ad avere una sensazione di insopportabilità delle condizioni generali di vita, dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Certamente Amazon ha attivato un sito interno dal titolo “fallo senza pagare” (la tessare sindacale) dal sapore squisitamente forcaiolo, descrivendo per i lavoratori Amazon di poter fare appelli ai Manager aziendali e di stabilimento per “migliorare” i processi ma senza pagare un soldo, una tassa al sindacato. Bezos ha vinto perché ha saputo mettere a confronto la dura realtà economica delle necessità del capitale, con le idilliache fandonie di un capitalismo democratico dove profitti e diritti (e salari) crescono di pari passo per tutti.
Il sindacato sin dall’inizio è apparso come un alieno esterno e lontano agli occhi della maggioranza dei lavoratori di Bessmer. Quando circa un centinaio di lavoratori dell’impianto di Bessmer si sono rivolti alla RWDSU, questa nemmeno sapeva o aveva chiara cognizione del numero dei lavoratori impiegati. I bonzi sindacali hanno avviato le operazioni preliminari per vedersi autorizzare dal NLRB un referendum per la sindacalizzazione, firmato le carte e raccolto le prime firme dei lavoratori (che devono essere almeno per il 33% della forza lavoro impiegata) per avviare l’operazione “referendum”. Il sindacato quindi ha formalizzato la richiesta a realizzare una unità di contrattazione per 1500 lavoratori. Ma RWDSU non aveva la minima idea che i lavoratori di Bessmer in realtà non sono 1500 bensì 5800: che figura meschina!
Con questa presentazione è stato facile per i manager aziendali deridere l’organizzazione sindacale venuta da fuori, dimostrare quanto queste burocrazie fossero all’oscuro delle vera situazione dei lavoratori Amazon e su quali basi poterne migliorare le condizioni di lavoro.
C’è da aggiungere, che sin dai mesi di giugno e luglio 2020, Amazon ha dovuto verificare che tanti dei suoi lavoratori, una volta staccato il turno, partecipavano convinti nelle piazze e nelle strade in rivolta per l’uccisione di George Floyd, ed ha sospeso temporaneamente la distribuzione software di riconoscimento facciale ai vari dipartimenti di polizia ed alle agenzie del FBI. Sempre nell’ottica di una strategia con un occhio attento alle relazioni interne e alle possibili crisi esterne, Amazon ha aumentato quote di consulenti black all’interno delle sue linee manageriali, facendo offerte per posizioni trasversali e di comando a personale della black middle class. Questo processo organizzativo delle linee di comando si è poi rafforzato con l’evidenza della partecipazione dei lavoratori della logistica e di Amazon nella giornata di scioperi del Juneteenth e del 20 Luglio a New York e nella Bay Area della California. Attualmente, secondo i dati ufficiali Amazon, negli Stati Uniti circa il 42,8% dei manager della corporate di Seattle sono non bianchi (neri, asiatici, latini ed altri) mentre il 56.4 sono bianchi. E’ ovvio, il razzismo nei magazzini Amazon degli Stati Uniti e la discriminazione e lo sfruttamento secondo le linee del colore non è mai diminuita, ma questo processo evidenzia la sussunzione dei ceti medi non bianchi (neri e latini primi fra tutti) agli interessi della proprietà privata del capitalismo razzializzato e di come questa sussunzione sia funzionale all’offensiva antiproletaria.
In sostanza la multinazionale si è attrezzata non solo per fronteggiare la possibile insorgenza del proletario all’interno delle sue warehouse, ma anche per articolare una risposta all’insieme delle relazioni capitalistiche, dentro e fuori il posto di lavoro, cui un operaio nero si trova sottoposto stretto dal giogo di un capitalismo razzializzato ed in cui settori di nuovi proletari bianchi giovanili cominciano a schierarsi incondizionatamente al fianco della lotta dei neri.
I lavoratori di Bessmer di fronte ad una scelta così drastica, continuare individualmente le relazioni col padrone o delegarle ad un sindacato esterno, si pongono domande diverse cui il sindacalismo tradizionale, anche quello più genuino non è abituato a rispondere. Il lavoratore si domanda come cambierà all’immediato la mia vita, se questa scelta comporta rischi sul posto di lavoro, poi come mi protegge al di fuori di esso, quando devo pagare l’affitto, saldare i miei conti? Che cibo metto in tavola per me ed i miei figli? Come mi protegge il sindacato dalle discriminazioni razziali e dal razzismo sistemico del capitalismo?
Oggi è la condizione generale operaia che vacilla e che costringe questo nuovo proletariato meticcio ad interrogarsi. Il sindacalismo tradizionale ritiene che basta rafforzare la posizione dei lavoratori sul posto di lavoro, ed è incapace di vedere che fuori, oltre la fila degli alberi vi è una foresta che sta andando a fuoco. Il nuovo proletariato avverte la puzza di bruciato, temporeggia e preferisce, per deficit di forza e mobilitazione generale, temporaneamente lo “status quo”.
Dunque per le premesse della campagna per la sindacalizzazione in Amazon Bessemer e per come essa è stata impostata, non poteva che essere sconfitta facilmente, con ampio margine e senza troppo costringere Amazon ad azioni antisindacali ritorsive evidenti. Perché questa campagna mai è stata incentrata sulla forza, sulla iniziativa diretta e sulla autorganizzazione dei lavoratori, bensì è stata tutta incentrata in una azione politica verso l’esterno per la democratizzazione delle relazioni sindacali ed alla ricerca della protezione di sua maestà lo Stato del Capitale.
Non sarebbe stato differente il risultato con la giusta dirigenza e strategia sindacale in assenza di una auto attività e collaborazione dei lavoratori sul posto di lavoro. I lavoratori di Smithfield, la più grande industria di macellazione della carne degli Stati Uniti, nonostante un lungo percorso pregresso di battaglie ed iniziative dal basso, hanno impiegato 16 anni e raggiunto solo sotto Obama l’ottenimento della costituzione formale di una Union. Nell’anno della pandemia, però, i lavoratori che si sono ammalati e morti a centinaia, hanno dovuto ricorrere alla loro azione diretta, prendere nelle loro mani il sindacato, perché la Union formale, dal canto suo, non prendeva alcuna iniziativa a difesa della salute dei lavoratori che rappresenta.
Se così sono andate le cose è perché gli elementi entusiastici che il sindacalismo di sinistra di mezzo mondo in realtà erano infondati. In sostanza da Bessmer arrivava un vagito, e non una prima presa di posizione dei lavoratori. La campagna democratica per la sindacalizzazione ha dipinto i lavoratori di Bessmer come delle vittime, quindi impossibilitati di difendersi se non grazie ad un intervento esterno regolatore. Nel dipingerli come vittime questa campagna ha troppo enfatizzato anche la condizione svantaggiata dei lavoratori di Bessmer in quanto neri (cosa verissima), utilizzando però gli stereotipi di un antirazzismo democratico e del sindacalismo bianco (e tutto sommato che protegge la supremazia bianca immaginando un capitalismo possibile senza razzismo). Ha presentato i lavoratori Amazon al resto dei proletari come delle povere vittime, e nel loro posto di lavoro facilmente alla mercè del management Amazon della black middle class. Le testimonianze dall’interno che questo blog ha ricevuto, ci dicono che nei meeting organizzati da Amazon – sicuramente obbligatori – i manager che spiegavano ai lavoratori l’utilità di votare no all’ingresso del sindacato, sono stati proprio questo nuovo ceto manageriale black, che si è messo faccia avanti ai lavoratori, evitando sapientemente alcun atteggiamento di ostilità e con fare “cool” (ossia fico ed amichevole), ha dimostrato sulla base dei numeri dell’espansione Amazon, le sciocchezze di una democrazia sindacale che non ha conoscenza alcuna conoscenza della realtà, riuscendo facilmente a mostrare che i politicanti ed i bonzi sindacali al di fuori dell’impianto non conoscessero affatto le condizioni di un operaio o di una operaia nera.
Il comportamento della RWDSU, unito a questa schizofrenica campagna politica democratica, ha trasformato quella che sarebbe stata una semplice sconfitta della sindacalizzazione come tante altre, in una sorta di sconfitta dal sapore “epocale” per i lavoratori.
Non c’è alcun dubbio che la sconfitta sia reale e non va minimizzata. Essa non è solo per i bonzi sindacali democratici, per i Sanders, Ocasio-Cortez e soci e per il progetto della Presidenza Biden di rinnovare una unità nazionale degli Stati Uniti d’America in guerra sui mercati mondiali e contro la Cina, coinvolgendo passivamente pezzi strategici del nuovo proletariato americano. Non è solo questo progetto che trova fatica a costruire le sue basi materiali. E la cosa se da un lato ci fa piacere per le sciagure delle serpi democratiche, dall’altro non possiamo non notare che questa passivizzazione possa transitoriamente passare attraverso altre forme economicistiche.
La sconfitta è anche per i lavoratori.
Prima di tutto per quei 738 lavoratori che non hanno avuto la forza di uscire dal rapporto di delega ad una entità esterna corporativa e le cui energie verranno sicuramente disperse. E’ una sconfitta che seppure demoralizza la concertazione democratica dei sindacati corporativi e concertativi d’oltre oceano e di tutta Europa, all’immediato farà addensare ancora più luci fosche sulla ripresa del nuovo movimento operaio e proletario meticcio, perché alla vittoria di Bezos, costoro risponderanno con un più di piagnisteo e con una più forte invocazione dell’intervento dello Stato del Capitale a garanzia delle regole “democratiche” e della concertazione che il padrone non vuole riconoscere, mentre i lavoratori saranno sempre più relegati e fatti sentire come vittime indifese e senza possibilità alcuna per una azione diretta sul campo dello scontro sociale.
Non è quanto anche qui da noi sentiamo dire da Filt-CGIL, FIt CISI e UILTrasporti per quanto concerne la situazione dei lavoratori Amazon in Italia. Lo Stato, il governo, le istituzioni dovrebbero intervenire per ricondurre a più miti consigli Amazon.
Non è quanto anche qui talvolta purtroppo anche il sindacalismo più ribelle ritiene, nella difficoltà, nell’isolamento e nella repressione, ed in un deficit di rapporti di forza generali, di tentare la carta “tattica” della contraddizione apparente tra Stato padrone cattivo (Procura e Questura di Piacenza e Fedex) con la sua versione più democratica rappresentata dalla Prefettura di Piacenza – che si fece garante mediatore delle trattative tra lavoratori e padrone – e degli amministratori locali di Piacenza contro l’arroganza della multinazionale americana Fedex?
Ecco, in questo senso non è scontato che la sconfitta di Bessmer possa immediatamente aprire al preludio della consapevolezza delle vere ragioni della sconfitta (che solo secondariamente è spiegabile con l’azione antisindacale in senso stretto di Amazon), e mettere a frutto gli insegnamenti dell’esperienza appena conclusa. Non sarà all’immediato che i lavoratori comprenderanno che non è attraverso la delega, tantomeno la sindacalizzazione dall’alto corporativa e concertativa che potranno organizzare utilmente la propria difesa immediata. E soprattutto questo piagnisteo anti proletario aggiunge nebbia e foschia impendendo di vedere chiaramente che oltre gli alberi, la foresta dell’insieme complessivo delle relazioni capitalistiche è in fiamme.
A questo proposito i lavoratori di Amazon di Chicago, che hanno sospeso il lavoro il 7 aprile durante i turni con un walkout spontaneo, dicevano una cosa suggestiva ed interessante. Alla domanda della redazione di Rampant se la chiusura del vecchio magazzino di DCH1 di Chicago e la riorganizzazione del lavoro nei nuovi hub sotto il regime del megaciclo (ossia quello che si lavorava tra due turni notturni di 12 ore, ora si lavora in un unico turno di 10 ore) fosse per un senso di rivincita e di ritorsione di Amazon per la loro lotta e la loro conquista del riconoscimento di giorni di ferie pagate, Zama un rappresentante del comitato autorganizzato dei lavoratori degli Amazonians United Chicagoland risponde:
“penso che abbia un ruolo, ma la ragione principale di questi cambiamenti è l’attenzione di Amazon sull’espansione…”, il che vuol dire che è la necessità di una continua ristrutturazione per rispondere alla concorrenza Cinese di Alibaba il fattore determinante oggettivo, cui poi anche un sindacato annacquato ma incapace di coinvolgere passivamente i lavoratori nella guerra sui mercati è puramente di intralcio. Come nota l’operaio chicano Zama ed attivista dei Chicagoland di Amazon “… quando ho iniziato la maggior parte dei pacchi veniva consegnata tramite USPS ed UPS..”, ora sempre meno perché l’espansione di Amazon spezza le catene logistiche prima date in appalto a US PS ed a UPS per le spedizioni dell’ultimo miglio. Ora vengono internalizzate per esercitare un maggiore controllo dell’intero processo di estrazione del plusvalore e della realizzazione del profitto: briciole per gli altri, piccoli e grandi che siano non ci sono (figuriamoci in Italia).
E di fronte all’offensiva che l’espansione di Amazon comporta sui lavoratori, loro non sono interessati alla forma dell’organizzazione sindacale attuale che necessita di essere formalmente riconosciuta, “perché non ci interessa giocare a un gioco con regole che i nostri oppressori hanno creato per limitare la nostra capacità di combattere”.
In questi giorni, ogni lavoratore che si batte per rafforzare la collaborazione, la fiducia, l’unità dei lavoratori e l’agire come una sola entità, e per ostacolare che le vicende come Bessmer pesino come durature sconfitte, meditare, riflettere, confrontare la propria esperienza con quella dei lavoratori negli Stati Uniti e condividerle con i propri compagni e compagne di lavoro, rifuggendo a semplicistiche spiegazioni (Amazon è oppressivo ed i bonzi sono sempre più bonzi), aiuta a comprendere le reali difficoltà di questa fase iniziale di ripresa di un nuovo movimento di lotte proletarie che negli USA è impossibile contenere a lungo sotto la cappa delle luci fosche.
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