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Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Ostaggio della ragione di Stato, «morirà libero a Beirut come resistente»

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese. Il testo traccia alcuni episodi salienti della storia di Abdallah, ricostruendo responsabilità e accanimento giudiziario, mostrando un esempio di resistenza e coerenza lungo decenni.

Non osavamo più crederci, eppure la decisione è stata presa questo giovedì 17 luglio. Georges Abdallah sta per uscire di prigione. Il rivoluzionario marxista libanese è rinchiuso da più di 40 anni nelle carceri dello Stato francese. Oggi, dopo la liberazione di Leonard Peltier negli Stati Uniti, è uno dei più antichi prigionieri politici del mondo, condannato a un purgatorio infinito dalle autorità francesi.

Il prossimo 25 luglio, sarà portato all’aeroporto di Tarbes, poi prenderà un volo da Roissy a Beirut. Il Libano ha confermato alla corte d’appello che si sarebbe fatto carico dell’organizzazione del ritorno. Anche se la decisione può essere oggetto di un ricorso in cassazione, non sarà sospensiva, il che significa che potrà rientrare in Libano anche se il ricorso è avviato. Era liberabile dal 1999, ma tutte le sue richieste erano state rifiutate. L’avvocato di Georges Abdallah, Jean-Louis Chalanset, teme che possa essere assassinato da un drone israeliano al suo ritorno in Libano. In ogni caso, «morirà libero a Beirut come resistente» aggiunge. Ritorno su un affare di Stato.

Georges Ibrahim Abdallah, ostaggio dell’imperialismo

Georges Abdallah è un militante comunista libanese filo-palestinese. Negli anni ’80, partecipa alla creazione della FARL – Frazione dell’Esercito Rivoluzionario Libanese – che praticherà azioni di guerriglia in Medio Oriente e in Europa, in particolare in Francia. La FARL è un’organizzazione marxista e antimperialista impegnata nella liberazione della Palestina.

Nel 1982, il gruppo rivoluzionario armato libanese rivendica gli omicidi del tenente colonnello Charles R. Ray a gennaio, un addetto militare americano, e di Yacov Bar Simantov ad aprile, consigliere dell’ambasciata israeliana a Parigi. Queste operazioni armate contro i due diplomatici fanno entrare la FARL nel panorama mediatico francese. Si inseriscono nel quadro della resistenza all’invasione del Sud Libano da parte dell’esercito israeliano.

Georges Abdallah è stato arrestato a Lione il 24 ottobre 1984 per possesso di passaporti falsi e porto illegale di armi. Fino a quel momento, niente lo avrebbe dovuto destinare a passare il resto della sua vita in prigione. Il suo primo processo si tiene nel luglio 1986, e Georges Abdallah venne condannato a quattro anni di detenzione per “associazione a delinquere”, “detenzione di armi ed esplosivi” e “uso di documenti falsi”.

Ma gli Stati Uniti si impadroniscono del caso e vogliono fare del detenuto un caso simbolo. L’ambasciata americana a Parigi si dice “sorpresa” dalla “leggerezza” della pena. Un secondo processo ha luogo nel 1987, per “complicità di omicidi”, in un clima di estrema tensione. I media e le autorità attribuiscono alla FARL una serie di attentati avvenuti in Francia nel 1986, che uccisero 13 persone. Quindi quando Georges Abdallah già si trovava in prigione.

Si è trattato di un’operazione di criminalizzazione e demonizzazione del detenuto, dal momento che le autorità francesi non avevano alcun elemento per costruire un’accusa contro di lui. Si scoprì che in realtà, questi attentati mortali erano stati commessi dall’Iran. Ma all’epoca, la Francia stava negoziando accordi succosi con la dittatura dei Mollah e fu così più pratico scaricare la colpa su un piccolo gruppo marxista. Una campagna di narrazione tossica venne organizzata dalla stampa. Abdallah viene descritto come il nemico pubblico numero uno.

Il processo si svolge direttamente sotto la supervisione degli Stati Uniti, che si costituiscono parte civile e inviano un avvocato e fanno pressione per aumentare la pena. Il 28 febbraio 1987, l’attivista libanese è condannato all’ergastolo. Una decisione che va molto oltre le richieste del procuratore, che aveva chiesto un massimo di dieci anni di carcere. E tutto questo mentre il suo faldone è quasi vuoto. Durante il processo poi, Abdallah viene tradito dal suo avvocato Jean-Paul Mazurier che si rivelerà essere un agente della DGSE (Direzione Generale della Sicurezza Esterna).

Durante il processo, la linea difensiva di Abdallah è chiara: non è lui che ha commesso gli atti di cui è accusato, ma non se ne dissocia per questo. Spiega con calma che se avesse potuto dare un colpo agli interessi israeliani e statunitensi, l’avrebbe fatto: «Se il popolo non mi ha affidato l’onore di partecipare a queste azioni anti-imperialiste che mi attribuite, almeno ho l’onore di essere accusato dalla vostra corte e di difendere la loro legittimità di fronte alla criminale legittimità dei tribunali». Solo che non si può rinchiudere qualcuno a vita per le sue idee, e senza la minima prova.

«È ormai ovvio che Abdallah è stato in parte condannato per quello che non aveva fatto», riconoscerà anni dopo l’ex giudice antiterrorismo Alain Marsaud.

Dal 1999, una libertà rifiutata

Georges Abdallah diventa ostaggio della ragione di Stato e del sostegno francese agli Stati Uniti. Languisce in una prigione a Lannemezan dagli anni ’80, mentre è liberabile dal 1999. Una libertà che gli viene negata per motivi politici: Georges Abdallah è sempre stato fermo sulle sue posizioni anti-imperialiste e ha rifiutato per tutta la vita di rinnegarle, nonostante la reclusione.

Già nel 2013, sarebbe dovuto uscire. A seguito della sua ottava richiesta di rilascio, la giustizia ha ritenuto che fosse finalmente liberabile, mancava solo un piccolo pezzo di carta per tornare a casa, in Libano. La Francia doveva semplicemente firmare un ordine di espulsione, per mano del Ministro dell’Interno dell’epoca: Manuel Valls.

Ma Hillary Clinton, allora segretario di Stato dell’amministrazione Obama, telefona a Laurent Fabius, ministro degli Esteri francese per metterlo sotto pressione. “Anche se il governo francese non è legalmente autorizzato ad annullare la decisione della corte d’appello, speriamo che le autorità francesi possano trovare un’altra base per contestare la legalità della decisione” scrive Clinton. Un messaggio rivelato anni dopo da WikiLeaks. Il decreto di espulsione non sarà mai firmato da Manuel Valls, che riconoscerà: «C’è stato indiscutibilmente un intervento americano». I suoi parenti si stavano già preparando ad accoglierlo. Era 12 anni fa.

Nel novembre 2024, colpo di scena: «Con decisione in data di oggi, il tribunale di esecuzione delle pene ha ammesso Georges Ibrahim Abdallah al beneficio della liberazione condizionale a partire dal 6 dicembre, subordinata alla condizione di lasciare il territorio nazionale e di non tornarci più». Ma il tribunale antiterrorismo di Parigi fa immediatamente appello, svuotando le speranze dei suoi parenti.

Nel febbraio 2025, la Corte si è ritenuta favorevole alla sua liberazione, ma chiedendo uno “sforzo consistente” per il risarcimento delle vittime. Georges Abdallah rifiuta, mantenendo la linea della sua posizione di prigioniero politico. Il 19 giugno, l’avvocato aveva comunque fatto sapere che 16.000 € sarebbero stati disponibili per le parti civili. La procura generale – così come gli Stati Uniti – avevano fatto sapere che non era sufficiente, e chiesto una “forma di pentimento”.

Solo che non siamo negli Stati Uniti. Il pentimento non esiste nel diritto francese. Suo fratello si è detto “felice della decisione francese, non avremmo mai immaginato che sarebbe stato finalmente liberato”. Non osavamo nemmeno più sperarlo.⁩

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