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Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico.

da Malanova.info

In un recente studio del 28 Ottobre 2024 si è arrivato a constatare come ChatGPT-4 supera i medici nella capacità diagnostica, raggiungendo una precisione del 90% contro il 76% dei medici che lo usano come supporto e il 74% di quelli che non lo usano affatto.

Lo studio afferma che “un totale di 244 casi sono stati completati da tutti i partecipanti (125 casi nel gruppo LLM, 119 casi nel gruppo di controllo). Il numero mediano di casi completati per partecipante era 5 (da 4 a 6). […] Il punteggio mediano per caso era del 76% (IQR, 66%-87%) per il gruppo LLM e del 74% (IQR, 63%-84%) per il gruppo di controllo. […] Nelle 3 serie del solo LLM, il punteggio mediano per caso era del 92% (IQR, 82%-97%). Confrontando il solo LLM con il gruppo di controllo è stata rilevata una differenza di punteggio assoluto di 16 punti percentuali (95% CI, 2-30 punti percentuali; P  = 0,03) a favore del solo LLM. […] La disponibilità di un LLM come ausilio diagnostico non ha migliorato le prestazioni dei medici rispetto alle risorse convenzionali in uno studio clinico randomizzato di ragionamento diagnostico. Il LLM da solo ha superato le prestazioni dei medici anche quando era a loro disposizione, il che indica che è necessario un ulteriore sviluppo nelle interazioni uomo-computer per realizzare il potenziale dell’IA nei sistemi di supporto alle decisioni cliniche”.”

Questa piccola analisi dei dati sull’impatto della IA sulla capacità diagnostica ha coinvolto 50 medici ed ha dimostrato come l’uso di una LLM non ha migliorato significativamente le prestazioni del ragionamento diagnostico rispetto alla disponibilità delle sole risorse convenzionali ma ha preso atto di come l’Intelligenza artificiale di per sé possa raggiungere un’esattezza diagnostica maggiore di quella umana.

Così, “l’IA potrebbe diventare in breve tempo uno strumento utilissimo nelle mani di professionisti adeguatamente formati”, si afferma nel bollettino periodico Legge Zero – IA che mette anche in guardia, però, su possibili utilizzi contraddittori della stessa tecnologia.

Uno dei più importanti siti d’informazione tecnologica USA, TechCrunch, ha pubblicato un articolo il 19 novembre 2024 mettendo sull’allerta i naviganti della rete a non condividere online i propri dati sanitari (radiografie, ecografie, analisi) con sistemi di IA.

Di fatto, l’usanza di cercare la propria malattia su google inserendo i sintomi che si avvertono si è spostata da tempo su strumenti di intelligenza artificiale. Le persone si rivolgono sempre più spesso a chatbot di intelligenza artificiale generativa, come ChatGPT di OpenAI e Gemini di Google, per porre domande sui loro problemi di salute e per avere risposte sulla sintomatologia percepita.

“Più di recente, da ottobre, gli utenti del sito di social media X di Elon Musk sono stati incoraggiati a caricare le loro radiografie, risonanze magnetiche e scansioni PET sul chatbot di intelligenza artificiale della piattaforma Grok per aiutare a interpretare i loro risultati e al fine di “addestrare” lo strumento più velocemente.

Condividere online i propri dati sanitari, o intere cartelle cliniche private, significa non poterli più oscurare in futuro, significa che rimarranno in pasto di qualche azienda manipolatrice di big data per sempre. Questo può comportare anche la vendita di questi stessi dati o la messa a disposizione degli stessi ad operatori sanitari, a potenziali futuri datori di lavoro, alle agenzie governative, alle banche o alle assicurazioni. Pensate alla difficoltà di accendere un mutuo o di sottoscrivere un’assicurazione sulla vita se i vostri dati sanitari sono nella disponibilità di queste aziende private che possono così, con un certo grado di attendibilità, “predirre” statisticamente le probabilità della vostra morte con il relativo corollario della vostra solvibilità futura. Cosa accadrebbe, quante possibilità di ottenere un prestito o siglare un’assicurazione medica per la persona che avesse subito un intervento per qulche forma tumorale o per coloro che abbiano un qualche tipo di malattia genetica?

La legislazione oggi è così arretrata che la maggior parte delle app per i consumatori non è coperta dalla legge sulla privacy sanitaria, il che non offre alcuna protezione per i dati caricati, per altro da noi e liberamente! 

Come sempre più spesso avviene, la rottura del muro di diffidenza che l’utente ha verso le innovazioni tecnologiche viene prima di tutto bypassato facendo leva su una paura più grande: quella di morire. Di fronte al vaccino che ti salva dalla terribile e mortifera pandemia o al software che potrà predirti un futuro raffreddore con mesi di anticipo, ogni persona è portata a mettere da parte timori più leggeri come quelli sulla diffusione dei propri dati sensibili e sulla privacy. Da questa via passerrano i futuri chip sottocutanei capaci di misurare in tempo reale la pressione sanguigna e tutti gli altri parametri fisiologici utili “per salvare delle vite”.

Proprio per questo, Il proprietario di X, Elon Musk, “che in un post ha incoraggiato gli utenti a caricare le loro immagini mediche su Grok, ha ammesso che i risultati di Grok sono “ancora in fase iniziale”, ma che il modello di intelligenza artificiale “diventerà estremamente preciso”. Chiedendo agli utenti di inviare le loro immagini mediche, l’obiettivo è che il modello di intelligenza artificiale migliori nel tempo e diventi in grado di interpretare le scansioni mediche con una precisione sempre più affidabile.

Per quanto riguarda chi ha accesso a questi dati di Grok, non è chiaro; come notato altrove, l’informativa sulla privacy afferma che X condivide alcune informazioni personali degli utenti con un numero imprecisato di aziende ‘correlate’.

È bene ricordare che ciò che finisce su Internet non lascia mai Internet”.

Con questo ammonimento termina l’articolo di techcrunch.com e anche questo nostro breve articolo.

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