InfoAut
Immagine di copertina per il post

Le condizioni per la prossima Intifada ci sono già


Mazin, il suo libro si chiama “Resistenza popolare in Palestina – Una storia di speranza”. Perché speranza? Non è invece una storia di disperazione dopo oltre 60 anni di occupazione?
 
Perché, come tutti i Paesi colonizzati, la Palestina non si arrende. Noi palestinesi abbiamo già vissuto 14 o 15 sollevazioni popolari. Tutte hanno portato a dei risultati, ma ne possiamo cogliere l’importanza solo con il tempo. Ad esempio, la prima sollevazione alla fine del XIX secolo convinse l’Impero Ottomano a cessare il suo sostegno al sionismo e a trasferire terre di proprietà palestinese a europei sionisti. Per questo il movimento sionista dovette trasferirsi da Vienna a Londra nel 1904. Quindi la resistenza ottiene qualcosa. Naturalmente, se la valutiamo in base ai risultati finali, è ancora pendente. Ma sono al 100% sicuro che il risultato finale della resistenza popolare sarà un successo e porterà la libertà al popolo palestinese.
Il termine “Resistenza popolare” è molto ampio. Quale tipo di azioni intende?

Prima di tutto dobbiamo capire che la resistenza è naturale come respirare o mangiare perché è sopravvivenza. E ne esistono centinaia di forme. Ogni popolo colonizzato prova ad utilizzare i mezzi che ha: l’intelligenza, la cultura, la religione o qualsiasi tipo di background. Le azioni possono essere il boicottaggio, le sanzioni, le petizioni, la disobbedienza civile. Resistenza è anche quello che noi chiamiamo “Sumus” (costanza), che significa restare sulle proprie terre, vivere le proprie vite, sposarsi, avere bambini. Il sionismo, come forma di colonialismo, cerca di separare il popolo palestinese dalla propria terra per creare una nuova realtà. Ecco perché restare qui è in sé un atto di resistenza. E naturalmente, non va dimenticata la resistenza armata, che è sempre stata una componente minoritaria della lotta perché la maggior parte della gente ha scelto strategie nonviolente. Noi resistiamo istintivamente, è biologico, un processo naturale. Ma il modo di resistere, di reagire allo stress e a queste condizioni anormali è individualistico e dipende dal background e dalle circostanza. Alcuni usano la forza, altri no. È difficile fare generalizzazioni.
Non è controverso dire che le circostanze possono giustificare forme di violenza? 

Non voglio dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Molte persone sono nel mezzo. E cosa significa nonviolenza? Se tiro una pietra ad un tank militare, è violenza? Alcuni considerano la grandezza della pietra, altri l’intenzione di fare male o meno. Nonviolenza e resistenza armata non sono antitetiche, la distinzione è sfocata e, secondo il diritto internazionale, un popolo oppresso ha diritto – e anche il dovere – di resistere con ogni mezzo.

Uno dei simboli della Prima Intifada è il ragazzo che lancia pietre, mentre nella Seconda si sono utilizzate di più le armi. Come sono cambiate con il tempo le forme di resistenza?

Non è vero che l’Intifada del 1987 fu nonviolenta e quella del 2000 violenta. Non si possono generalizzare. Non direi che la prima fu non armata, anzi, ci fu molta più nonviolenza tra il 2000 e il 2005. Penso che la principale forma di resistenza sia sempre stata la presenza sulla terra, la nostra testardaggine e il rifiuto di andarsene. È  così da 130 anni.
Questo mese si celebra il 26° anniversario dell’inizio della Prima Intifada. Qual era l’atmosfera nella società palestinese poco prima della sollevazione?

Nei miei studi ho trovato delle caratteristiche comuni prima di ogni sollevazione. Non penso ci sia una data specifica. La caratteristica più comune di ogni fase pre-sollevazione è una fortissima frustrazione tra la gente per la strada. La seconda è un generale congelamento del cosiddetto processo di pace. Questo congelamento dà alla gente la sensazione che non ci sia alcuna speranza. Terzo, la disconnessione della leadership palestinese dalla realtà. Questi tre elementi cruciali sono i componenti del periodo che precede una sollevazione popolare.
Inoltre, gli occupanti in genere diventano più arroganti, opprimono sempre di più fino a quando la gente non ce la fa più a sopportare. Se metti un cane all’angolo e lo picchi con un bastone una o due volte, forse non reagirà. Ma dopo un po’ ti morderà.
Pensa esistano dei prevedibili intervalli tra due sollevazioni?

È naturale avere una sollevazione ogni dieci anni, più o meno. La ragione di questo intervallo è generazionale. I giovani sono più inclini a seguire certi ideali e spesso sono troppo giovani per ricordare l’Intifada precedente. Quando sentono il bisogno di cambiare le loro condizioni, si ribellano. Quasi tutte le rivolte sono state guidate dagli studenti, da giovani tra i 16 e i 25 anni.
Nei mesi passati due soldati israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania. Alcune persone sono preoccupate di un possibile aumento delle violenze e prevedono una terza Intifada. Cosa ne pensa?

Le condizioni per una sollevazioni ci sono. Israele non è stupido, hanno studiato questi cicli e pensano di poterli gestire. Ma non ci riusciranno perché i palestinesi hanno imparato come resistere meglio. Sono molto ottimista: il sionismo sarà sconfitto, forse non dopo la prossima sollevazione, ma in quella successiva. Secondo me, colonialismo e sionismo non possono resistere nel XXI secolo perché, se si guarda alla storia delle lotte anticoloniali in altri Paesi, si vede che sono sempre stati sconfitti. Penso che quello che è successo in Sud Africa con la fine dell’apartheid accadrà in Palestina: avremo uno stato unico laico e democratico. E lo otterremo con la resistenza.
La gente è stanca di lottare?

Sì, siamo in uno stato di depressione. Ma è normale nei periodi tra due sollevazioni. Il problema è che la gente esagera sempre i propri sentimenti. Sono sicuro che in due anni, quando saremo all’apice della rivolta, la gente sarà entusiasta. Oggi ci sono poche azioni di resistenza. Alcune in Nilin, Bi’lin, Al Ma’sara, ma sono poche.
I Comitati Popolari di Resistenza hanno una strategia nazionale?

No. ma non c’è mai stata una strategia di liberazione nazionale in nessuna lotta anticoloniale. Non c’era in Sud Africa ad esempio. E la gente che si aspetta da noi una strategia confonde il comportamento umano. Siamo milioni di persone che agiscono in milioni di modi diversi. Una strategia collettiva è la somma di strategie individuali.

È possibile mettere insieme un milione di palestinesi in una sola manifestazione? C’è un sentimento di coesione sociale così forte?

Ci sono tre gruppi che coordinano le comunità locali. Uno è Fatah, uno è la sinistra e il terzo è stato creato dal primo ministro. Ogni gruppo è sconnesso dall’altro, seppur si dicano uniti. Ho chiesto alla gente: Potete farlo? La loro risposta è stata: No, non ancora.
“Non ancora” significa che un’Intifada è possibile?

Quando una rivolta è al suo apice, si genera una nuova generazione di leader. Non saranno coloro che erano attivi prima. Si tratterà di persone di cui nessuno sapeva nulla prima, giovani e energici. E questi leader sono naturalmente abbastanza intelligenti da capire che aiuta cominciare a fare rete con altri che la pensano come loro. È molto diversa dalla leadership che lavora tra due sollevazioni popolari. Ogni rivolta cambia l’intero orizzonte politico.
Carolin Smith – Alternative Information Center

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

intifadapalestina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Più conflitti, meno conflitti di interesse

“Le mie mani sono pulite” ha detto il sindaco Sala nella seduta del consiglio comunale dove ha sacrificato il suo capro – l’assessore all’urbanistica Tancredi, coinvolto nelle indagini della procura milanese su alcuni (parecchi) progetti di trasformazione urbana.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

STOP RIARMO “Se la guerra parte da qua, disarmiamola dalla città!”

Riprendiamo e pubblichiamo il documento uscito sul canale telegram del percorso @STOPRIARMO che a Torino ha organizzato una prima iniziativa qualche settimana fa. Il documento traccia un quadro composito del sistema guerra nei vari ambiti della produzione e della riproduzione sociale oltre a lanciare alcuni spunti rispetto a ipotesi di attivazione.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Robert Ferro – Dove va l’Europa? Crisi e riarmo nel cuore dell’Unione

Dal welfare al warfare, dall’automotive al carroarmato, dall’«Inno alla gioia» di Beethoven alla «Marcia imperiale» di Dart Fener. Nel cambio di tema che fa da sfondo all’Europa, l’imperialismo colpisce ancora. 

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Raffaele Sciortino – L’imperialismo nell’era Trump. Usa, Cina e le catene del caos globale

Che cos’è l’imperialismo oggi, nell’era di Trump? da Kamo Modena Non è una domanda scontata, né una mera speculazione teorica; al contrario, siamo convinti che sia un nodo fondamentale, tanto per chi vuole comprendere il mondo, quanto per chi mira a trasformarlo – partendo, ancora una volta, da dove si è, da dove si è […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Dal margine al centro: ripensare il/i Sud tra giustizia sociale e territoriale

Parlare del margine, per Jacques Derrida, significa, in realtà, parlare del centro.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

I Costi Planetari dell’Intelligenza Artificiale

“Artificial Intelligence is neither artificial nor intelligent.” – Kate Crawford, Atlas of AI

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Mimmo Porcaro – L’Italia al fronte. Destre globali e conflitto sociale nell’era Trump

La tendenza alla guerra delle società capitalistiche è diventato un fatto innegabile, lo vediamo sempre più concretamente; ed è una dinamica che arriva a toccarci sempre più direttamente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Los Angeles, o la fine dell’assimilazione

“Non è nostro compito inventare strategie che potrebbero permettere al Partito dell’Ordine di respingere il diluvio. Il nostro compito è piuttosto quello di individuare quali compiti necessari ci vengono assegnati giorno per giorno, quali forze di creatività, determinazione e solidarietà vengono chiamate in causa, e quali forme di azione appaiono ora ovvie a tutti.”

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’autunno braudeliano dell’America

Riprendiamo dal sito Phenomenalword questo interessante contributo sulle antinomie della Trumpeconomics a cura di Di Benjamin Braun (Assistant Professor of Political Economy, LSE), Cédric  Durand (Professor of Political Economy, University of Geneva).  Fazioni del capitale nella seconda amministrazione Trump. Secondo lo storico Fernand  Braudel, il declino egemonico è storicamente accompagnato dalla finanziarizzazione. Di fronte a una […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Una resa dei conti coloniale: come la guerra di Israele contro l’Iran riapre vecchie ferite

Riprendiamo di seguito questo articolo di Soumaya Ghannoushi, apparso su Effimera. Condividiamo in gran parte quanto scritto nel testo e nell’introduzione di Effimera, ci teniamo a sottolineare per quanto riguarda il nostro punto di vista che sicuramente quello del multipolarismo rappresenta un orizzonte del desiderio tra le masse del sud del mondo (ed anche qui […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Per salvare Gaza e noi stessi, è ora di razionalizzare la speranza

Ormai le volte in cui abbiamo pensato “speriamo” dopo le dichiarazioni di qualche governo o di qualche grande istituzione sono centinaia. di Alessandro Ferretti Abbiamo sperato in una svolta con i pronunciamenti della corte dell’Aja e dell’ICC, con le voci di dissidi Biden-Netanyahu e Trump-Netanyahu, con gli stati che hanno riconosciuto la Palestina, con il […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La Knesset vota sull’imposizione della sovranità israeliana sulla Cisgiordania

Mercoledì, la Knesset ha votato una dichiarazione a sostegno dell’imposizione della “sovranità” israeliana sulla Cisgiordania occupata.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La viltà sionista e i suoi oppositori

Di tutti i comportamenti che degradano l’uomo la vigliaccheria è il più infimo.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Verso l’assemblea nazionale “Guerra alla guerra” di domenica 27 luglio a Venaus

Ripubblichiamo due contributi radiofonici che hanno il pregio di illustrare le caratteristiche che si propone di avere l’assemblea nazionale “Guerra alla guerra” di domenica 27 luglio alle ore 12.30 a Venaus, durante il Festival Alta Felicità.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Georges Ibrahim Abdallah uscirà di prigione il 25 luglio, dopo 41 anni di reclusione

Abbiamo tradotto questo testo apparso su ContreAttaque in seguito alla notizia della decisione di fare uscire dal carcere Georges Ibrahim Abdallah dopo 41 anni di reclusione ingiusta, simbolo della persecuzione e dell’attacco da parte di Stati Uniti e Israele in primis e, di conseguenza della totale complicità di uno Stato europeo come la Francia, nei confronti di un militante anti-imperialista, rivoluzionario marxista libanese.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: Stefano, Jacopino e Pietro finalmente liberi! Aggravamento delle misure per Sara.

Le misure cautelari per i giovani arrestati a seguito della manifestazione in solidarietà a Ramy Elgaml di gennaio scorso a Torino erano scattate dopo pochi mesi e avevano visto quattro arresti domiciliari e quattro obblighi di firma.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Che ci fanno dei soldati israeliani nelle scuole del Chiapas?

Questi giovani (tutti ex soldati) entrano nelle scuole pubbliche locali attraverso una associazione di “volontari” chiamata in inglese “Heroes for life” e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Obbligazioni di guerra a sostegno di Israele

Un’indagine rivela che sette sottoscrittori di “obbligazioni di guerra” sono stati determinanti nel consentire l’assalto di Israele a Gaza.  Dal 7 ottobre 2023 le banche hanno sottoscritto obbligazioni emesse dal governo israeliano per un valore di 19,4 miliardi di dollari. di BankTrack, PAX e Profundo (*), da La Bottega del Barbieri Un’indagine condotta dal gruppo di ricerca finanziaria olandese Profundo […]