Valanghe di fango ma il treno non si ferma. Reportage dalla Val di Susa
In questi giorni alcuni redattori di Infoaut si trovavano in Val di Susa per dare una mano a riparare i danni della colata di fango che ha distrutto diverse case nei dintorni di Bussoleno. Tra un colpo di pala e l’altro hanno raccolto qualche foto e impressione su ciò che sta succedendo in una valle che subisce, oltre all’ordinaria incuria, la punizione dello stato per aver saputo alzare la testa.
“Abbiamo sentito un boato. Poi, all’improvviso, una bomba d’acqua, di fango e di detriti ci è piombata in casa. Siamo riusciti a scappare in tempo. Sembrava l’inferno“.
Val di Susa, Bussoleno, qualche ora dopo l’ennesima frana che si è schiantata sul paese solo nell’ultimo mese. Guadando il torrente di fango e detriti che scende da via San Lorenzo è possibile ascoltare i racconti di chi, tra rabbia e spaesamento, cerca di quantificare i danni riportati dalla propria abitazione, prova a ripulire e salvare il salvabile, ringrazia di non abitare poco più sopra perché “c’è a chi è andata peggio, alcune case sono davvero distrutte”.
Tutta l’area colpita è un continuo via vai di Vigili del fuoco e protezione civile alle prese con i sopralluoghi, volontari dell’AIB, valligiani, NOTAV di Bussoleno, della valle e di Torino, che sono accorsi in tanti per dare una mano e non lasciare sole le persone coinvolte, mossi da quello spirito di solidarietà che chi lotta per la salvezza del proprio territorio contro un’opera inutile conosce bene.
Tra una carriola di fango e l’altra si aggira anche qualche giornalista che, forse provocatoriamente, interroga chi c’è riguardo la “disgrazia”: “Ma quale fatalità?!” risponde un’abitante “Sono quattro volte che la montagna è venuta giù. (…) Certo che me l’aspettavo, dopo la terza volta, se piove la montagna viene giù. L’incendio è arrivato fin li sotto, li c’è solo cenere, li scivola tutto”. E sono proprio gli incendi dell’ottobre scorso, o meglio la plateale mancanza di interesse delle istituzioni nel gestire la situazione emergenziale che si è andata a creare l’anno scorso, la causa scatenante delle frane dell’ultimo mese. Le parole che una ex guardia forestale sono chiare ed esplicative: “non è stata una fatalità, è un concatenarsi di situazioni non gestite nel modo corretto, un incendio mal gestito con un’intensità molto forte che ha devastato il soprasuolo. Il suolo forestale è sparito, è rimasta solo cenere. (…) I pendii attraversati dal fuoco nell’ottobre scorso, incapaci di trattenere l’acqua e il terreno, hanno trasformato la strada che scende dalla montagna in un fiume di fango”.
Gli incendi di ottobre, qui in Val di Susa, sono una ferita ancora aperta, le cui conseguenze continuano a presentarsi in tutta la loro violenza. “La montagna ci restituisce quello che le abbiamo dato, è la cattiva gestione del territorio che ci viene restituita” e soprattutto “la Regione Piemonte ha colpe gravi in quanto è successo. La rabbia della gente è comprensibile, perché dopo gli incendi si doveva agire. Oggi la politica di palazzo ha incassato un’altra sfiducia sul campo”. E come aspettarsi qualcosa di diverso? Lo sdegno e il rancore di chi in questi giorni si affatica per salvare, laddove possibile, case e ricordi è palpabile e pervade ogni gesto. Non c’è da stupirsi dunque se all’assessore regionale all’ambiente Alberto Valmeggia non è stato riservato alcun tipo d’accoglienza, la Val di Susa non ha bisogno di rappresentanti statali che ipocritamente si palesano in giacca e cravatta a danni fatti. Da anni qui la distanza tra amici e nemici del territorio è stata resa ampia e incolmabile da chi ha scelto di speculare sulla devastazione delle montagne e delle valli mettendo gli interessi e i profitti di pochi dinnanzi alle vite di chi qui ci abita. Chi oggi, pala in mano, combatte i danni di una mancata politica di manutenzione del territorio, punta il dito contro coloro che, alla messa in sicurezza e alla cura di esso, danno la priorità alla costruzione di grandi opere inutili. Chi paga il conto delle decisioni prese da coloro che (tra una stretta di mano a un privato e un occhiolino strizzato ad un mafioso) non hanno interesse a far fronte ai reali bisogni delle persone, sa bene a chi imputare le responsabilità di ciò che sta avvenendo. “Il ministro della regione Sergio Chiamparino ha da un mese il dossier sul suo tavolo su questa situazione. La Regione non ha fatto nulla in questi mesi, quando si sapeva che c’era il rischio che le colate di fango travolgessero la zona, ma Chiamparino continua a distrarre le energie della Regione su opere inutili come il TAV”.
Domenica, il contrasto tra le case devastate e il mega-cantiere di Chiomonte, che prosegue imperterrito poco lontano è stridente. Mentre volontari e abitanti si affannano alla bene e meglio sulle macerie, come se niente fosse, decine di militari e poliziotti bivaccano davanti al tunnel per difenderlo dai notav. Business as usal. Sono proprio il governatore della regione e le dichiarazioni rilasciate pochi giorni prima la frana ad indignare chi in questi giorni affonda nel fango: “Finché sono qui prima di bloccare la TAV devono passare sul mio corpo ha detto Chiamparino, chissà se rimarrebbe sulle sue posizioni se a passargli sopra fosse una colata di fango” dice una signora. “Ho sentito che Chiamparino vuole salire qui a Bussoleno per vedere la situazione, gli sciacalli non mi sono mai piaciuti, venisse senza la scorta di polizia e telecamere e a sporcarsi un po’ le mani, la pala glie la presto io” aggiunge il marito a denti stretti. Chiamparino non si è visto ma la macchina del TAV ha approfittato del fatto che la valle fosse fiaccata dalla tragedia e che molti valsusini fossero impegnati a spalare per portare ulteriormente avanti il cantiere. Tecnici di Telt e Digos non potevano lasciarsi scappare quest’occasione. Approfittando della situazione grave ed emergenziale, nella mattinata di martedì hanno effettuato alcuni sondaggi, perimentrando i terreni sui quali vorrebbero allargare il cantiere geognostico di Chiomonte. Alcuni notav corrono sul posto ma i tecnici protetti dalla polizia sono già scappati via. Poi, si torna a spalare…
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