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Terremoto nella crisi: limiti e contraddizioni della gestione statale, ed esperienze di autorganizzazione e autogestione.

Relazione meeting “Contropotere nella crisi” Bologna 13 – 14 Ottobre

A cura di Sao Guernica

 

Per iniziare a delineare le caratteristiche dell’intervento del Guernica nella Bassa modenese e contestualizzarlo nello scenario socio-politico delle terre colpite dal terremoto di maggio, è necessario in primo luogo compiere una narrazione degli eventi che si sono succeduti a partire dalla prima scossa e quindi descrivere il contesto politico in cui ci si trova ad operare.

 

Sin dai primi momenti post-terremoto si è potuto capire che, al contrario di quanto veniva divulgato dai media locali, i danni causati dal sisma riguardavano principalmente strutture civili e capannoni industriali e solo marginalmente edifici storici o religiosi. Nella Bassa modenese, a differenza di quanto avvenuto nel territorio aquilano, la topografia dei crolli ha assunto una struttura a macchia di leopardo; infatti, sono stati colpiti centri abitati di piccola e media grandezza (tra i più danneggiati troviamo Mirandola, Finale Emilia, Cavezzo e Concordia) e, nelle campagne, frazioni e piccoli agglomerati hanno subito danni ingenti. Una breve analisi della tipologia dei crolli ha messo in evidenza la presenza di una forte speculazione edilizia da parte delle grandi immobiliari presenti nell’area. Sin dai primi giorni i terremotati hanno scelto di organizzarsi in tendopoli autogestite, rifiutando di entrare nei campi della Protezione Civile e di subire i regimi di stampo militaresco vigenti in essi. Grazie a un compagno del Guernica residente a Mirandola, siamo riusciti ad inserirci all’interno di una delle tante tendopoli autogestite della cittadina, nel parco di via Confalonieri. Nell’ambito della campagna “Dal basso alla Bassa”, nel campo stesso è statto istallato un tendone polivalente per la distribuzione di beni di prima necessità. Grazie al costante lavoro di conricerca, portato avanti sul territorio e con la gente che ha attraversato e continua ad attraversare il tendone, la campagna è diventata punto di riferimento per la Bassa intera, sia relativamente alla distribuzionedei materiali che come luogo dove reperire informazioni “non contaminate”. Proprio all’interno della tendopoli è sorto, sulla spinta delle iniziali istanze di autorganizzazione del campo stesso, uno dei tanti comitati popolari che ultimamente stanno prendendo vita in tutta l’area e che si vanno ad affiancare a quelli già esistenti, nati per contrastare grandi opere come il deposito del gas di Rivara e la realizzazione dell’autostrada cispadana. Dopo aver attraversato una fase costituente, il Comitato Popolare Mirandolese sorto all’interno del campo di via Confalonieri, sta ormai cominciando a porre questioni politiche in merito alla fase della ricostruzione, anche attraverso un tentativo di cooperazione con altri comitati presenti sul territorio, in paricolare Sisma12. Infatti, passata la fase emergenziale, durante la quale la priorità era quella di fornire aiuti materiali di prima necessità alle persone colpite dal terremoto e contemporaneamente di costruire una rete di relazioni sociali, ora ci si trova ad affrontare criticità più complesse, quali la sistemazione abitativa temporanea degli sfollati e il problema del reddito, dovuto all’ingente arresto dell’attività produttiva dell’area.

La gestione della situazione post-sismica da parte delle Istituzioni locali ha assunto sin dai primi giorni caratteristiche differenti a seconda dei Comuni e, fatta eccezione per un paio di casi, in questo scenario si vede la potente mano della governance locale (egemonia del PD), che comanda queste terre dal dopoguerra e che ha portato a un assopimento della gente di quelle terre, troppo abituata a contare su un’entità che ha garantito per lungo tempo un discreto livello di benessere e di welfare generalizzati. Ciò ha implicato che, a differenza di L’Aquila, il controllo sociale nella Bassa sia in mano ai sindaci  e all’apparato del PD e non agli eserciti o alla gestione para-militare della Di.Coma.C, con Errani (presidente della Regione e uomo di punta del partito) nominato da subito Commissario Speciale per il terremoto. Il partitone ha scelto da subito la linea quasi unanime del “ va tutto bene”, “ siamo emiliani siamo forti e ci riprenderemo”, che ha opportunamente condito con l’emissione di una pioggia di ordinanze intricate e fuorvianti, per mascherare l’effettiva incapacità a trovare risposte concrete alle istanze dei terremotati. La questione abitativa è forse la criticità più rilevante. C’è ancora un numero elevato di sfollati e i campi della Protezione Civile sono in fase di smantellamento. I Contributi per l’Autonoma Sistemazione (CAS) stanno cominciando ad arrivare solo in questi giorni, dopo ben quattro mesi, mentre i container non saranno operativi prima di gennaio 2013. In alcuni Comuni ci si trova nuovamente ad affrontare il problema dei grandi imprenditori immobiliari, che si guardano bene dal mettere a disposizione l’elevato numero di case sfitte di loro proprietà (un migliaio a Mirandola), facilitati anche dalla mancanza di una reale volontà politica da parte delle Istituzioni locali ad attuare una requisizione temporanea e con le quali hanno costruito negli anni un rapporto di reciproco sostegno.

L’altro problema molto pressante è quello dell’improvvisa mancanza di reddito, che molte famiglie si trovano a fronteggiare, dovuta all’arresto di numerose attività produttive e complicata dal fenomeno della delocalizzazione delle aziende.

Ora i castelli di carta costruiti dal super-partitone PD si stanno lentamente incrinando e con essi quella gestione mediatica propagandistica, che come detto all’inizio ha accompagnato la questione terremoto nella Bassa sin dai primi giorni. Tale linea mediatica è stata costantemente smentita dall’importante lavoro di controinformazione di Infoaut, che con la sua caratteristica di stare nei territori e nelle lotte, ha narrato quelli che realmente sono stati e sono i fatti accaduti nella Bassa, cercando sempre di far emergere il punto di vista di chi ogni giorno deve fare i conti con una terra martoriata e di andare a mettere in contraddizione la realtà mistificata propagandata dal potere e dai media ad esso associato.

E proprio in questi giorni si cominciano a vedere le prime ribellioni autorganizzate, parallelamente al proliferare di piccoli comitati spontanei. Sono questi segnali che indicano come qualche cosa si stia muovendo in un’altra direzione, quella dell’organizzazione dal basso di chi in modo autonomo vuole riappropriarsi della propria vita e di ciò che gli appartiene.

 

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