Contropotere nella crisi. Per un autunno di lotta
Report della due giorni di dibattito a Palermo.
I due giorni di dibattito convocati a Palermo si sono svolti in un clima di slancio verso l’autunno alle porte. Partendo da una costante tensione per un ancoraggio alla realtà materiale dei nostri contesti si sono infatti costruite non soltanto analisi e letture dell’importante estate di lotta che dalla Val di Susa a Niscemi abbiamo appena attraversato, ma anche ipotesi di lotta con una progettualità politica che parte dall’immediato.
Partendo dall’analisi di quelli che sono gli scenari di crisi del capitalismo globale, dei tentativi di ristrutturazione dei rapporti di produzione e dell’incapacità di trovare nuovi equilibri stabili dei meccanismi di governance e spostando la lettura della crisi globale dal piano dei cicli economici e dei loro indicatori a quello della gestione del potere e della definizione dei territori soggetti alle diverse forme di sfruttamento capitalistico si sono tenute in considerazione le esperienze di lotta che dai paesi arabi ai BRICS tengono alta l’attenzione sulle possibilità di esercizio di contropotere all’interno di contesti tanto diversi. Un’analisi dunque che ha spinto ancora una volta a puntare sui processi in atto per la messa in relazione di esperienze concrete di lotta e organizzazione, in primo luogo con l’HUB meeting di Barcellona del 15 Settembre e la data di mobilitazione transnazionale del 15 ottobre declinata a livello nazionale come giornata di lotta dell’università, e che ha puntato l’attenzione sulle caratteristiche di instabilità del capitalismo globale e di relativa stabilità del sistema di governance italiano.
Se infatti in Italia le larghe intese hanno depotenziato quella che sembrava essere una condizione di instabilità istituzionale conseguente alle scorse elezioni, il riacutizzarsi di scontri più o meno riconducibili a dinamiche di potere tutte interne al capitalismo e la riemersione delle diatribe su Berlusconi in un contesto in cui l’antiberlusconismo e i discorsi sulla corruzione diventano sempre più difficile da collocare all’interno di exit strategy condotte da magistratura o altre forze interne al sistema di governance, apre spazi a critiche sistemiche del capitalismo e delle sue istituzioni.
Un contesto di relativa stabilità e calma apparente all’interno del quale si registrano però anni di movimenti che hanno prodotto accumulazione e sedimentazione di soggettività disponibili alla lotta e al conflitto rendendo palpabile la possibilità che l’imprevedibilità degli eventi che, dalla Grecia agli USA, hanno caratterizzato le mobilitazioni e le rivolte di questi anni possa replicarsi in una ulteriore concretizzazione sui nostri territori. Anni in cui le giovani generazioni si sono affacciate alle lotte studentesche, universitarie ma anche territoriali con un protagonismo che ha di certo mutato gli scenari e le prospettive di conflitto. Si tratta di generazioni che non hanno più neanche la speranza di inseguire il disfacimento del sistema produttivo ma, in compenso, potrebbero avere tanta speranza e voglia di cambiamento di fronte alle misere prospettive di vita che gli si offrono. Non si tratta più di difendere una posizione lavorativa o di aspirare a un dottorato di ricerca all’università ma, considerato lo spostamento dell’assetto capitalista verso una situazione in cui l’inclusione differenziale somiglia sempre più a esclusione di massa, si tratta di lottare per una vita dignitosa con al centro bisogni e desideri da costruire e conquistare. Ecco quindi la centralità delle lotte sul reddito, declinate però in modi del tutto sganciate dalla vuota rappresentazione dei reclaim del passato, per slanciarsi in uno spazio di protagonismo politico attraverso le riappropriazioni e la soddisfazione autonoma dei bisogni. E di certo la crisi, strutturale o ristrutturativa che sia, continua ad essere, per chi questo mondo lo porta avanti quotidianamente in condizioni di sfruttamento umano e territoriale sempre più pervasivi, un’occasione per puntare a conquistare spazi sui processi decisionali.
Qui stanno le scommesse che con forza si vogliono lanciare da questa due giorni verso l’autunno nell’ottica di un conflitto metropolitano che ricerchi una continuità temporale capace di andare oltre alle giornate evento. Ciò non vuol dire rimandare a un domani ipotetico proprio il conflitto, nel timore infondato che sia proprio quello a pregiudicare la tenuta di un movimento ancora da costruire, ma credere che la durata passi, piuttosto, dal lavoro politico quotidiano e territoriale e da quelle sedimentazioni di soggettività di cui sopra.
E mentre dal campeggio studentesco nazionale NoTav arrivano indicazioni sulla prima data di mobilitazione studentesca per il 4 Ottobre, proprio qui a Palermo si terrà il 28 Settembre un’ulteriore grande manifestazione No Muos. Tutte date orientate a potenziare e a rilanciare su quella pratica di assedio ai palazzi del potere che vedrà nel 19 Ottobre una forte precipitazione su Roma anticipata da una settimana di mobilitazione sui territori e che spinge per riuscire ad andare oltre, sia temporalmente che in termini di espressione di conflitto, verso la sollevazione generale.
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