La sera accendi il telegiornale e senti parlare della terza guerra mondiale – così, come uno scenario plausibile, una notiziola tra le altre.
“Rompere i fronti, superare i blocchi”. Questo il titolo di un foglio collettivo nato in seguito all’assemblea “La guerra in Ucraina e le nostre lotte” organizzata a Bologna da “ConvergenX-parole e pratiche in movimento” lo scorso 15 gennaio.
Dal 2008 le cose sono andate sempre peggio per i lavoratori, ma non ci sono stati molti scioperi. D’altra parte, dalla metà del 2022 il numero di giorni di sciopero è salito a un livello che non si vedeva dal 1989.
Christian Marazzi propone un’ipotesi importante: ci troviamo di fronte a una crisi da sovrapproduzione digitale che, se da una parte si spiega a partire dagli effetti del rovesciamento delle politiche monetarie, cioè dall’aumento dei tassi d’interesse per combattere l’inflazione da profitti, dall’altra rimanda alla saturazione della domanda, non solo perché i redditi reali sono fermi o addirittura decrescono, ma anche e forse soprattutto perché la digitalizzazione ha raggiunto la soglia di assimilazione sociale e umana.
Questo non è un libro sulla Natura.
È un libro sul capitalismo, sui rapporti umani di potere e ri/produzione, e su come entrambi si sviluppano nella rete della vita.
Alquati, com’era sua abitudine e suo metodo, non si preoccupa di blandire chi l’ha ospitato; al contrario, problematizza e mette a critica le parole d’ordine del movimento, approfondendo nodi politici decisivi legati alla scuola e all’università: dalla formazione al sapere merce, dall’industria della cultura alla soggettività studentesca.
La gestione capitalista dello spazio, con l’ingiustizia che ne deriva, è stata spesso criticata, basti ricordare i nomi di Henri Lefebvre e David Harvey. Al contrario non sono molte le analisi critiche sulla questione dei materiali impiegati.
All’interno della recente e copiosa letteratura sull’estrattivismo e il neoestrattivismo in America Latina, sono state inserite alcune espressioni del capitalismo agrario contemporaneo, tra le quali spiccano i sistemi produttivi della soia, della palma da olio e della canna da zucchero, rientranti nella categoria dell’agroestrattivismo (agrarian extractivism).
Abbiamo tradotto questo interessante articolo apparso sul blog Chuang che analizza senza concessioni, ma anche senza cedere alla disillusione i cicli di lotte operaie che hanno avuto luogo in Cina a cavallo dei due primi decenni del 2000.
Se questo fenomeno affligge da sempre i cosiddetti paesi del Sud del mondo, oggi riteniamo di poter parlare anche di estrattivismo europeo. In nome della transizione verde, si stanno infatti moltiplicando progetti di estrazione di risorse strategiche all’interno dei confini dell’UE.