InfoAut
Immagine di copertina per il post

Rompere i fronti, superare i blocchi: le nostre lotte per una politica di pace

“Rompere i fronti, superare i blocchi”. Questo il titolo di un foglio collettivo nato in seguito all’assemblea “La guerra in Ucraina e le nostre lotte” organizzata a Bologna da “ConvergenX-parole e pratiche in movimento” lo scorso 15 gennaio.

Il foglio è stato discusso e redatto collettivamente da compagne e compagni di Bologna, Brescia, Milano, Napoli, Pisa, Reggio Emilia, Torino, Trieste che si sono confrontat* su tre assi: Ordine e disordine transnazionale; Patriarcato, razzismo, sfruttamento di guerra; Ecologia, politiche industriali e militari. Ascolta la presentazione del foglio con Michele (∫connessioni precarie) e Andrea Fumagalli (Effimera). Ascolta o scarica.

Clicca qui per leggere online il foglio.

Clicca qui per scaricare il foglio in Pdf.

Di seguito pubblichiamo l’editoriale:

Questo foglio è il frutto di un lavoro collettivo, l’espressione di un problema, la scommessa su una possibilità. Da più di un anno la guerra in Ucraina infiamma, oscurando e nello stesso tempo intensificando conflitti e focolai di guerra attivi in luoghi più distanti dall’Europa. I suoi effetti materiali investono le nostre vite, le nostre condizioni di lavoro, le nostre lotte. Contro questi effetti, che esasperano quelli già feroci della crisi pandemica, sta montando la rabbia. È la rabbia degli scioperi francesi contro una vita interamente messa al lavoro e di quelli inglesi e tedeschi contro l’inflazione a due cifre. Quella femminista e transfemminista che ostinatamente combatte la violenza maschile e quella ecologista che contesta una transizione che, verde o meno, sta portando il pianeta al collasso. È, ancora, quella delle e dei migranti che lottano ogni giorno per mettere piede in Europa e per un permesso di soggiorno e non accettano di essere classificati, ammessi o respinti, sulla base del colore della loro pelle o della loro utilità. E poi c’è la rabbia di chi, in Ucraina come in Russia, non vuole vedere il proprio futuro ridotto in macerie. La rabbia di chi, di fronte all’invasione è costretto ad armarsi, e la rabbia di chi, avendo subito decenni di impoverimento e precarizzazione, vede in Putin l’antidoto contro l’Occidente neoliberale. Rabbie multiformi, potenti, che parlano anche di guerra ma spesso non ne dicono il nome, che sono talvolta declinate in linguaggi e movimenti nazionalistici, che non si parlano e spesso si oppongono. Questo è il problema che abbiamo davanti.

Quando ci siamo incontrati a Bologna il 15 gennaio, nella partecipata assemblea “La guerra in Ucraina e le nostre lotte”, organizzata da ConvergenX – parole e pratiche in movimento ‒ siamo partite e partiti dalla constatazione che il movimento fatica ad articolare un’opposizione alla guerra, ma abbiamo anche cercato di capire se la lotta contro la guerra oggi possa riannodare i fili della rabbia, di quella che è già organizzata, di quella esplosa in forme più o meno impreviste e di quella che ancora fatica a esprimersi. Questa è la possibilità su cui abbiamo scommesso. Raccogliere questa scommessa significa che le divisioni che la guerra ha prodotto e continua a produrre dentro ai movimenti vanno affrontate. Negarle, ignorarle, non parlare affatto di guerra non è una risposta alla paralisi che essa ha provocato, sia per la difficoltà reale di articolare un discorso all’altezza di un evento che sta ridisegnando completamente le coordinate sociali, politiche e istituzionali della nostra iniziativa, sia per la resistenza ad abbandonare letture consolidate e interpretazioni forse rassicuranti, ma certamente insufficienti. La guerra in Ucraina sta producendo trasformazioni radicali, sta accelerando processi la cui comprensione richiede di rimettere in gioco le parole che abbiamo a disposizione e le forme radicate delle nostre lotte. Chi ha partecipato alla discussione che sta dietro a questo foglio non lo ha fatto con la presunzione di fornire risposte definitive, ma con l’intenzione di individuare limiti e indicare possibilità; con la convinzione che si debba aprire, mantenere e consolidare uno spazio di confronto anche aspro perché l’iniziativa contro la guerra non resti una semplice intenzione o non sia bloccata da dinamiche locali e dalle identità che quelle dinamiche garantiscono, lasciandole peraltro isolate. Prendere di petto le tensioni, le contraddizioni e i disaccordi che la guerra innesca oppure approfondisce nella realtà e tra i movimenti per costruire convergenze contro la guerra. Questa è la possibilità che vogliamo tenere aperta.

Questo foglio cerca perciò di affrontare alcuni blocchi che la guerra in Ucraina ci ha messo davanti. Il primo blocco riguarda la prospettiva da adottare quando ne parliamo. Quella geopolitica è stata la più scontata fin dal principio, nel tentativo di fare i conti con alcuni processi ormai più o meno assodati: crisi dell’egemonia statunitense e del dominio del dollaro, ruolo dell’Unione Europea – da condannare per la sua subalternità o a cui appellarsi con fiducioso ottimismo –, combinazione di guerra guerreggiata, commerciale, energetica, finanziaria e valutaria per ristabilire una presa su un disordine mondiale che non è causato dalla guerra, ma in cui la guerra diventa l’occasione per superare la crisi conclamata della produzione e riproduzione sociale. Di fronte a tutto questo, la categoria di “imperialismo” è stata per molti l’ovvio strumento per interpretare quello che sta succedendo, anche se coloro che se ne servono finiscono per divergere sulla lettura di questa guerra, perché c’è chi indica come esclusivo responsabile l’imperialismo russo, chi l’imperialismo statunitense e chi si concentra sullo scontro tra imperialismi equivalenti, inclusi quello russo o quello cinese. Si moltiplicano i tentativi di prefigurare il nuovo regime che la guerra sta mettendo al mondo, facendo dell’ordine il problema centrale con il quale confrontarsi. La discussione di questo foglio prova ad andare in una direzione diversa, a partire dalla constatazione che si è rotto il nesso – centrale per definire l’imperialismo – tra capitale e controllo politico dello Stato. Quello che si configura è un disordine transnazionale il cui riorientamento è la posta in gioco della guerra in Ucraina. Per fare i conti con questo disordine, proponiamo un cambio di prospettiva, ovvero di guardare la guerra dal lato di chi ne sta pagando – e non vuole pagarne – il prezzo. Donne e migranti, lavoratrici e lavoratori, persone LGBTQ+, operai e precarie: soggetti che non possono essere identificati con gli Stati o le valute che si contendono il vantaggio del disordine transnazionale, ma che con i loro movimenti vi introducono conflitti a partire da cui si può costruire un’opposizione efficace alla guerra.

Il secondo blocco riguarda di conseguenza la coazione dell’alternativa. Con l’Occidente e le politiche espansionistiche della NATO o con il regime autoritario di Putin, con la resistenza ucraina o con l’imperialismo, e quindi ancora per l’invio di armi o contro l’autodeterminazione dei popoli. Abbiamo sentito risuonare queste alternative in ogni assemblea o dibattito di movimento, senza ancora venirne a capo. Cambiare la prospettiva significa guardare dentro questi fronti e schierarsi dalla parte delle donne e dei migranti, delle lavoratrici e dei lavoratori, delle persone LGBTQ+, degli operai e delle precarie che con le loro pretese di libertà rompono dall’interno l’unità dell’Occidente come pure quella della Russia. Tutti questi soggetti stanno faticosamente affermando delle forme di resistenza tanto nei territori in guerra e quanto in quelli coinvolti dai mille effetti della guerra. Queste resistenze non sono riducibili alla sola resistenza armata, perché l’autodeterminazione è una pratica che deve fare i conti con le condizioni sociali in cui è possibile metterla in atto: non solo le bombe ma anche la violenza patriarcale, le politiche dei confini, la coazione al lavoro. L’opposizione alla guerra deve e può passare da questo scompaginamento dei fronti e delle alternative obbligate, che richiede di abbandonare linguaggi e discorsi radicati in un mondo che è stato travolto non soltanto dalla pandemia e dalla guerra stessa, ma anche e soprattutto dalle lotte che questi soggetti hanno praticato e continuano a praticare ogni giorno. Trovare in queste lotte la possibilità di un’opposizione alla guerra è una sfida tutta aperta, nella quale chi ha contribuito a questo foglio crede sia necessario impegnarsi ostinatamente.

Per farlo ci sembra necessario superare un altro blocco, che è quello che puntualmente oppone l’iniziativa locale e quella transnazionale. La guerra dimostra che quest’opposizione è fasulla proprio perché mostra i suoi effetti oltre il campo di battaglia: nelle bollette che paghiamo, nella dura legge della necessità invocata dai governi nazionali per decretare l’incontestabilità delle politiche neoliberali, nel furore nazionalista che alimenta razzismo e patriarcato, nella militarizzazione delle politiche industriali, nella rottura di ogni possibile nesso tra politiche ambientali e giustizia sociale. Chi ha partecipato alla costruzione di questo foglio ha cercato di indicare la possibilità di andare oltre la reazione alle condizioni presenti alla quale le nostre lotte sembrano condannate, nello sforzo di anticipare processi che la guerra sta mettendo in movimento e che riguardano il tempo che ci aspetta. Cercare i modi di portare l’antimilitarismo fuori dai territori è sempre più rilevante, nel momento in cui la militarizzazione diventa una componente essenziale delle politiche industriali, della riorganizzazione delle catene del valore, della ridefinizione contraddittoria della transizione verde in funzione della guerra e del profitto. Innescare convergenze del lavoro vivo là dove il razzismo e il patriarcato si stanno già dimostrando elementi essenziali tanto per uscire dalla crisi presente della produzione e riproduzione sociale, quanto per organizzare la ricostruzione in funzione dell’accumulazione del capitale. Una politica di pace non può basarsi sulla contrapposizione tra locale e transnazionale perché per essere efficace è necessario andare oltre il qui e ora delle lotte di cui siamo parte, sforzandoci di proiettarle nel tempo lungo di una trasformazione che altrimenti rischia di ridurci all’impotenza.

In questo foglio affermiamo che la nostra pace non è assenza del conflitto e neanche pacificazione sociale. Non è riducibile neppure al semplice pacifismo che già vent’anni fa, quando ha riempito e piazze del pianeta, ha avuto l’efficacia di un’opinione tra le altre, affidandosi sempre e in ultima istanza agli Stati e alla diplomazia internazionale per realizzarsi. Bisogna allora pretendere la fine della guerra in Ucraina, mentre ci opponiamo ai suoi effetti materiali e ideologici, alla violenza e alla coazione che impone. Non solo la forma del mondo in guerra ma anche quella di un auspicabile mondo in pace dipende dai nostri movimenti, dalle nostre resistenze, dalle nostre lotte. Il punto rimane quello di fare della lotta per la pace un punto di convergenza tra lotte eterogenee, rompendo i fronti imposti dalla guerra.

da Radio Onda d’Urto

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

ConvergenXguerraguerra in ucraina

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

La politica al tramonto (d’Occidente)

Anton Jager; Iperpolitica. Politicizzazione senza politica; Nero Edizioni; Roma 2024; 15€ 158 pp. di Jack Orlando, da Carmilla Tre proiettili alle spalle e Brian Thompson, il CEO della United Healthcare, cade freddato a terra.Non si fa in tempo a avere l’identità dell’attentatore che già inizia il vociare di internet.Sui social si brinda alla morte del capo […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Non c’è una via diversa dallo sperimentare

Intervista a Franco Piperno tratta da Gli operaisti (DeriveApprodi, 2005) da Machina Continuamo con la pubblicazione dei materiali per ricordare Franco Piperno. Qui una sua lunga e dettagliata intervista uscita nel volume Gli operaisti (DeriveApprodi, 2005), curato da Guido Borio, Francesca Pozzi e Gigi Roggero, in cui si parla, tra le altre cose, della sua […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Palantir comincia la guerra civile nella difesa americana

Nei racconti di Tolkien i Palantir sono le pietre veggenti e vedenti presenti nel Signore degli Anelli il cui nome significa “coloro che vedono lontano”. di Nlp da Codice Rosso In linea con il testo “Magical Capitalism”, di Moeran e De Waal Malefyt, che vede il magico delle narrazioni come un potente strumento di valorizzazione del brand […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Alle radici dell’”offerta di jihadismo” – intervista a Saïd Bouamama

Ripubblichiamo questa intervista di qualche anno fa, realizzata qualche mese dopo gli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi, per fornire un elemento di approfondimento in vista dell’incontro che si terrà a Torino con il militante e sociologo Saïd Bouamama, il quale ha partecipato ai movimenti antirazzisti in Francia e alle lotte legate all’immigrazione. In particolare, il tema qui affrontato risulta molto attuale nell’ottica di affrontare la questione del razzismo e del neocolonialismo a partire dalla materialità delle condizioni dei quartieri popolari nella crisi sociale della nostra epoca.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Autonomia differenziata: rompere la solidarietà per liberare ancora la ferocia del mercato

Quando si parla di Autonomia Differenziata il rischio è quello di credere che dietro questa formulazione si nasconda nient’altro che il secessionismo leghista della prima ora agghindato in chiave “riformista”. In realtà quanto abbiamo di fronte è ben più complesso ed attuale.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Le capacità diagnostiche dell’IA ed il capitalismo dei big data

Il cammino dell’innovazione tecnologica è sempre più tumultuoso e rapido. Lo sviluppo in ambito di intelligenza artificiale è così veloce che nessun legislatore riesce a imbrigliarlo negli argini delle norme. Stai ancora ragionando sull’impatto di ChatGPT sulla società che è già pronto il successivo salto quantico tecnologico. da Malanova.info In un recente studio del 28 […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Somalia, Sudan, Algeria… ed il ritorno di Trump

Da Radio Africa: prima puntata del 2025, lunedì 20 gennaio 2025, per l’approfondimento quindicinale dedicato all’Africa sulle frequenze di Radio Onda d’Urto, dentro la Cassetta degli Attrezzi. In questi 30 minuti ci occuperemo di diversi Paesi africani, da nord a sud. Partiremo dalla Somalia e da Mogadiscio (in foto) in particolare, al centro del reportage sul campo della rivista Africa, con la storia […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Perù. Tamburi di guerra

Su Perù 21 (giornale peruviano, ndt), il 14 gennaio, un editorialista poco noto ha inserito un’“opinione” piuttosto bellicosa. In essa, Héctor Romaña – una penna di pedigree, forse – promuoveva l’intervento militare in Venezuela. di Gustavo Espinoza M., da Resumen Latinoamericano Potrebbe essere letto come il punto di vista di un analista disperato che non […]

Immagine di copertina per il post
Confluenza

No alla servitù energetica: interrompiamo la speculazione estrattivista, coloniale e militare sui nostri territori

CONFLUENZA INVITA AL CONVEGNO NAZIONALE CONTRO LA SPECULAZIONE ENERGETICA A LIVORNO IL 29 E 30 MARZO 2025

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Il nuovo disordine mondiale / 27 – Crisi europea, guerra, riformismo nazionalista e critica radicale dell’utopia capitale

“Vorrei solo riuscire a comprendere come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data” (Etienne De La Boétie. Discorso sulla servitù volontaria, 1548-1552) di Sandro Moiso, da Carmilla E’ davvero straordinario come l’attenzione alle trasformazioni reali del mondo […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale

“Avevamo diciott’anni, e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretti a spararle contro.”

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Cosa ci dicono le catene del valore? Dipendenza, crisi industriali e predazione finanziaria

Il dibattito politico profondo latita e ci si scanna per lo più su ciò che intimamente si desidera, invece che su ciò che concretamente succede. Per sbrogliare questa matassa forse dobbiamo fare un passo indietro e porci alcune domande su dove sta andando il capitalismo. In questo caso lo faremo con un occhio di riguardo […]

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La fine di Assad e l’inizio del califfato all’ombra di Ankara scompongono il mosaico siriano

La repentina caduta del regime alauita degli Assad riporta alla luce le fratture della Siria postcoloniale, frutto malsano dell’accordo Sykes Picot del 1916 fra Francia e Gran Bretagna, che ha diviso in modo arbitrario i territori che appartenevano all’impero ottomano.