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Legittimare l’estrattivismo. La licenza sociale ad operare

Di seguito riportiamo un articolo apparso su Nunatak a firma Lara sulla nuova intensificazione dell’estrattivismo anche nel contesto europeo e sulle strategie di legittimazione sociale di queste attività.

Introduzione

L’estrattivismo può essere definito come un sistema o una logica di sfruttamento della natura concepita come mero contenitore di risorse. Questo “prendere senza restituire” – che rientra nel quadro delle pratiche coloniali di accaparramento di ricchezze naturali e distruzione dei legami tra società e territori – assume forme e modalità diverse in relazione alle specifiche collocazioni geografiche. Se questo fenomeno affligge da sempre i cosiddetti paesi del Sud del mondo, oggi riteniamo di poter parlare anche di estrattivismo europeo. In nome della transizione verde, si stanno infatti moltiplicando progetti di estrazione di risorse strategiche all’interno dei confini dell’UE. In questo contesto è possibile rintracciare l’elaborazione, da parte di governi e compagnie estrattive, di strategie di legittimazione specifiche, come la SLO, volte ad ottenere l’accettazione sociale delle attività di devastazione e a controllare efficacemente l’insorgere di conflitti.

È quasi superfluo affermare che la condizione necessaria dell’estrattivismo è la violenza, tanto che il primo potrebbe essere definito sommariamente come una delle tante forme che assume la seconda.
Meno ovvie sono le declinazioni della violenza escogitate da chi la agisce per modularla e adattarla alla diversità dei luoghi, dei tempi e delle popolazioni.
Sono davvero antiche le origini dei dispositivi necessari a impadronirsi di risorse che si trovano in luoghi diversi dal proprio e di cui fruiscono altri umani, a cui viene strategicamente negato lo status di interlocutori. Ma l’estrattivismo, inteso nel senso attuale, moderno, ovvero come processo di appropriazione per spossessamento sistematico e necessario alla perpetuazione di un modello di sviluppo, si afferma come pratica coloniale nel periodo storico delle grandi conquiste europee oltreoceano. Secondo il sociologo argentino Horacio Machado, “non c’è capitalismo senza estrattivismo”1: vale a dire, nel rintracciare i prodromi del sistema capitalista non si può prescindere dal piano di sfruttamento dei giacimenti minerari americani attuato dai conquistadores a partire dal XVI secolo.

Secondo questa interpretazione, una data simbolica per osservare all’opera la triade colonialismo-estrattivismo-capitalismo è il 1545, anno in cui i conquistatori spagnoli presero il controllo della montagna di Cerro Rico de Potosì (nell’odierna Bolivia), massacrarono le popolazioni indigene e iniziarono a estrarre e accumulare argento servendosi di schiavi reclutati in loco o importati. Questa è (una) storia: da allora il modello è stato replicato – immutato nei suoi aspetti essenziali – fino a creare il tradizionale repertorio di sfruttamento e spossessamento che fa da supporto alla storia dell’Europa “culla della civiltà occidentale”.
Tuttavia, è probabile che, oggi, l’inconscio collettivo di questa parte di mondo sia ormai assuefatto dall’archetipo dell’estrattivismo come insieme di macro meccanismi della violenza, che si manifestano “altrove”, al punto di non riconoscere e, ancor peggio, di legittimare quei meccanismi di piccola scala e intensità ridotta che, qui e ora, spianano la strada ai processi estrattivi. Se è vero che, come afferma il noto scrittore e attivista uruguayano Raul Zibechi, il principale ostacolo all’appropriazione per spossessamento sono le popolazioni2, sarebbe un errore ritenere che agli occhi del potere tutte le popolazioni sono uguali; come sarebbe un errore ritenere che esistano davvero popolazioni “al sicuro” da mire estrattiviste. A prova di ciò si considerino due semplici fatti: che il programma di finanziamenti per la ripresa europea (Next Generation EU) si traduce nella pratica in una prolificazione di progetti di sfruttamento interno delle
risorse (tra cui quelle minerarie); e che il fatto che in Europa, oggi, non si assista ai massacri che hanno costellato la nostra attività coloniale oltreoceano non comporta che tali progetti non vengano attuati. Quest’ultima osservazione, che potrebbe sembrare inutilmente provocatoria, serve in realtà a introdurre una domanda centrale: come fa il potere oggi, in ambito europeo, a invadere un territorio e controllarne le risorse? È chiaro che debba farlo “legittimamente”, rispettando le condizioni di democrazia e sostenibilità alla base dell’ordinamento europeo. Queste pagine saranno quindi dedicate a introdurre e illustrare le strategie di legittimazione dell’estrattivismo europeo che compongono la cosiddetta “licenza sociale ad operare”, d’ora in poi indicata con il suo acronimo inglese SLO (Social License to Operate).

1 – Pagina 12,“No hay capitalismo sin extractivsimo”, intervista a Horacio Machado, https://www.pagina12.com.ar/317328-nohay-capitalismo-sin-extractivismo, ultimo accesso 21/10/2022. Per approfondire, Machado H., Potosí, el origen. Genealogía de la minería contemporánea.

2 – Zibechi R., La nuova corsa all’oro. Società estrattiviste e rapina, scaricabile integralmente online.

Di seguito l’articolo completo:

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