Cessate il fuoco nella Striscia di Gaza: facciamo il punto con Eliana Riva
“Cessate il fuoco”: è la notizia che da ieri sera poco dopo le 18 occupa le prime pagine di tutti i giornali, dopo la dichiarazione su Truth da parte di Donald Trump che si è intestato l’accordo tra Israele e Hamas.
Prima di approfondire in che cosa consista effettivamente, occorre partire dal dato che alle 11 del 16 gennaio Netanyahu avrebbe dovuto incontrare il gabinetto di guerra, ma si è tirato indietro dano la colpa a mancate osservanze dell’accordo da parte di Hamas che non risultano, non un buon presagio. La prima fase dovrebbe prevedere un cessate il fuoco di 42 giorni in cui è previsto il rilascio degli ostaggi vivi in cambio del rilascio di mille prigionieri politici palestinesi che dipenderà sia dal numero che dalle condizioni degli ostaggi israeliani, considerato che Netanyahu ha già espresso che su determinati prigionieri palestinesi potrebbe avvalersi sul diritto di veto. Prevale dunque, sin dalle prime fasi di questo accordo, la morsa israeliana che vuole dettar legge in una dinamica non alla pari. A seguire, dovrebbe esserci il ritiro delle truppe israeliane e un aumento degli aiuti umanitari, non è chiaro il criterio dello stop ai bombardamenti. La tendenza di Israele, riprodotta nella storia a più riprese come per gli accordi di Oslo, è quella di accogliere accordi resi mai definitivi, frazionati e parcellizzati con la possibilità di mantenere ad interim la propria occupazione. Inoltre, questo accordo nei termini generali è simile a quello proposto in primavera da Biden, accettato da Hamas e mai accettato da Israele.
E’ chiaro che la notizia del cessate il fuoco, per quanto i bombardamenti anche dopo la diffusione della decisione non si sono fermati e nella notte ci sono stati altri decine di morti ad opera di Israele, ha scatenato una reazione di gioia popolare nella Striscia di Gaza. Gaza, definita dalle Nazioni Unite “paesaggio lunare” per il suo essere completamente devastata, dovrà affrontare il tema della ricostruzione, ma al momento la certezza è che Trump nella sua opera di convincimento nei confronti di Netanyahu ad accettare l’accordo avrà dovuto promettere qualcosa in cambio, che soltanto nei prossimi giorni potremo approfondire, oltre a riuscire nella sua rappresentazione del Presidente in grado di risolvere i conflitti a livello globale, sulla quale ha costruito la sua propaganda elettorale.
Qui l’intervista a Eliana Riva, di Pagine Esteri
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