Indottrinati all’odio: soldati e coloni israeliani iniziano l’annuale spargimento di sangue durante il Ramadan
Lasciato a sè stesso, Israele continuerà sulla via della violenza e della distruzione fino a quando Al-Aqsa non verrà bruciata e al suo posto verrà eretto un cosiddetto tempio ebraico.
Fonte: english version
Di Miko Peled – 18 aprile 2022
Immagine di copertina: Le truppe israeliane puntano le loro armi contro i fedeli palestinesi nella Moschea di Al-Aqsa nella città vecchia di Gerusalemme, 15 aprile 2022. Mahmoud Illean | AP
GERUSALEMME, PALESTINA – Siamo appena a metà del mese di Ramadan e già il bilancio è andato oltre i 20 palestinesi uccisi e innumerevoli feriti. La Moschea di Al-Aqsa è stata perquisita e le immagini della polizia israeliana militarizzata che assalta il luogo di preghiera, picchia e spara indiscriminatamente ai fedeli, dimostrano ciò che era chiaro fin dall’inizio: Israele vuole che questo mese sia il più sanguinoso possibile per i palestinesi. Ci deve essere qualcuno tra i decisori israeliani che crede che versare infinite quantità di sangue palestinese e dissacrare Al-Aqsa soddisferà la bestia dell’opinione pubblica israeliana. La storia ha dimostrato che quel qualcuno ha torto.
La gente spesso si chiederà quale sia “l’obiettivo” di Israele, o cosa vuole veramente Israele, partendo dal presupposto che la violenza e lo spargimento di sangue palestinese siano solo temporanei, e forse da qualche parte ci sia un fine più alto. Tuttavia, la risposta c’e l’abbiamo davanti: Israele vuole distruggere tutto ciò che è caro ai palestinesi, luoghi santi, monumenti storici, case e istituzioni palestinesi, il paesaggio palestinese, e, nel frattempo uccidere quanti più palestinesi possibile. Sono trascorsi più di cento anni da quando i sionisti hanno messo piede in Palestina, il sionismo e il suo fiore all’occhiello, il regime di Apartheid di Israele, dimostrano chiaramente quale sia “l’obiettivo finale” per Israele.
Prima la Palestina
Il confine tra religione e nazionalismo è stato intenzionalmente offuscato dai sionisti molto presto. Il sionismo afferma che la religione ebraica è una nazionalità e quindi i simboli religiosi sono diventati simboli di identità e importanza nazionale. Partendo dal concetto di “Terra Santa d’Israele”, la maggior parte della quale, anche se non tutta, si trova in Palestina, i sionisti hanno trasformato quello che è sempre stato un desiderio religioso e spirituale in un simbolo nazionale. Per migliaia di anni, il popolo ebraico ha pregato il Messia affinché potessimo vivere in un mondo senza guerre, un mondo in cui tutte le persone adorassero in pace il loro creatore. Tuttavia, anche se il popolo ebraico non ha mai fatto una simile affermazione, i sionisti affermano che le scritture ebraiche sono la prova che la Palestina gli appartiene.
I sionisti hanno trasformato il desiderio religioso in un obiettivo nazionale che deve essere raggiunto con la forza. Hanno volutamente interpretato erroneamente il desiderio di pregare a Gerusalemme come un desiderio di ottenere la sovranità a tutti i costi, trasformando così uno dei luoghi più sacri sia per gli ebrei che per i musulmani in un sanguinoso campo di battaglia.
Poi Al-Aqsa
Quello che è quasi diventato l’inno nazionale sionista, ed è forse meglio conosciuto in tutto il mondo di quell’inno, è la canzone Gerusalemme d’Oro (Yerushalayim Shel Zahav). Questa canzone è stata commissionata dal sindaco di Gerusalemme Teddy Kolek solo poche settimane prima dell’assalto israeliano del 1967 ai Paesi arabi, un assalto che divenne noto come La Guerra dei Sei Giorni. Il nome “Sei Giorni” è anche un riferimento alle sacre scritture ebraiche, dove si afferma che l’Onnipotente ha creato il mondo in sei giorni.
Gerusalemme d’Oro è una canzone di propaganda che trasforma molto abilmente temi religiosi in temi nazionalistici laici. Uno di questi temi è l’idea di “Har Habayit”, o il Monte del Tempio, dove presumibilmente sorgeva il tempio ebraico. A causa della santità del luogo, agli ebrei è vietato dalla stessa legge ebraica di salire sul monte. Tuttavia, per i sionisti, è perfettamente lecito ai soldati e ai coloni ebrei sionisti armati di profanarlo calpestandolo dappertutto, sparando e picchiando i fedeli.
Nella Canzone Gerusalemme d’Oro, scritta prima dell’attacco e della conquista di Gerusalemme Est, c’è un verso che dice: “nessuno sale al Monte del Tempio nella Città Vecchia”. Dopo che la Città Vecchia di Gerusalemme è stata presa, la cantautrice, Naomi Shemer, un sionista razzista di altissimo livello, ha cambiato la frase in: “Uno Shofar chiama sul Monte del Tempio nella Città Vecchia”, uno shofar è il corno di montone rituale ebraico usato durante le celbrationi religiose. Naomi Shemer era una sionista completamente laica.
Odio
Osservando le violenze perpetrate contro i palestinesi dai soldati e dalla polizia israeliani, l’odio è evidente. Nelle immagini di Al-Aqsa durante il Ramadan sia nel 2021 che nel 2022, l’odio e il disprezzo nei confronti dei palestinesi non possono essere mascherati. Infatti, avendo visto in prima persona la polizia di Gerusalemme, la polizia del Naqab e i soldati dell’IDF mentre attaccano i palestinesi, i volti pieni di odio dei poliziotti mi fanno gelare il sangue.
Ci si deve chiedere come si coltiva tale odio e la risposta è attraverso un indottrinamento razzista che è evidente in tutti i ceti sociali e a tutti i livelli della società israeliana. Fin dalla più tenera età, i bambini israeliani sentiranno gli adulti intorno a loro usare un linguaggio come: “dobbiamo accopparli”, “Dobbiamo radere al suolo Gaza”, “Il miglior arabo è un arabo morto”, e l’elenco di termini che ritraggono i palestinesi come nemici feroci che hanno ciò che si meritano e altro ancora. Poi, in televisione, i commentatori parleranno di “arabi” in termini dispregiativi e, se viene intervistato un “arabo”, il tono della conversazione è nella migliore delle ipotesi condiscendente, e sempre scortese e degradante.
Dopo diciotto anni di indottrinamento pieno di odio, danno a quel bambino un’uniforme e un’arma e lo mandano a “difendere il suo Paese e i diritti che Dio gli ha dato”, e possiamo vedere i risultati ogni giorno mentre i palestinesi vengono uccisi, tagliati come giovani rami e lasciato morire. Non importa che, secondo le stesse scritture a cui i sionisti amano fare riferimento, le azioni intraprese dallo Stato di Israele contro i palestinesi sono un abominio e violano l’essenza stessa del giudaismo.
Un bilancio di vittime allarmante
Con l’avvicinarsi del Ramadan quest’anno, era prevedibile che Israele avrebbe versato sangue palestinese. Non si trattava di “se” ma di “quanti”. Ogni giorno nelle ultime settimane sentiamo parlare di un numero sempre maggiore di giovani palestinesi uccisi, feriti e detenuti, e il peggio deve ancora venire. La domanda, quando si tratta della Palestina, è quanti altri saranno uccisi prima che venga intrapresa un’azione per fermare Israele? Lasciato a se stesso, Israele continuerà sulla via della violenza e della distruzione fino a quando Al-Aqsa non verrà bruciata e al suo posto verrà eretto un cosiddetto tempio ebraico. Con il bilancio delle vittime già allarmante, quale tributo richiederà ancora la sete di sangue israeliana?
Miko Peled è uno scrittore e attivista per i diritti umani, nato a Gerusalemme. È autore di “The General’s Son. Journey of an Israeli in Palestine” (Il figlio del generale. Viaggio di un israeliano in Palestina) e “Injustice, the Story of the Holy Land Foundation Five” (Ingiustizia, Storia dei Cinque Della Fondazione Terra Santa).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
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