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Intifada studentesca: le rivendicazioni.

L’articolo viene arricchito quotidianamente con le iniziative, i comunicati e gli aggiornamenti dalle Intifada studentesche in corso..

Di seguito pubblichiamo alcuni contributi che provengono delle occupazioni studentesche a Torino, Pisa, Roma e aggiornamenti dalle altre università italiane occupate.

“Intifada” significa ribellarsi contro l’oppressione, lottando per la libertà. In tutto il mondo, come studenti e studentesse rifiutiamo di essere complici di quanto sta accadendo, e unendoci nella #studentintifada esigiamo che le nostre università si ritirino immediatamente da ogni tipo di accordo con le industrie belliche, israeliane e non, che contribuiscono al genocidio in corso. Chiediamo inoltre il boicottaggio accademico: la cessazione di ogni rapporto con il sistema accademico israeliano, che rinforza sistematicamente l’occupazione coloniale nei Territori Palestinesi Occupati.

dall3 student3 in occupazione a Palazzo Nuovo, Torino.

Oggi Torino si unisce alle mobilitazioni studentesche in solidarietà alla Palestina che da settimane hanno travolto gli atenei di tutto il mondo, occupando le sedi di Palazzo Nuovo, Fisica e la cittadella del Politecnico.

Queste occupazioni si inseriscono in un contesto di mobilitazione costante per la liberazione palestinese e non riguardano esclusivamente la realtà accademica, poichè il processo di militarizzazione delle università interessa la società nel suo complesso: gli atenei mettono al servizio di aziende belliche come Leonardo e Elbit System, risorse economiche, materiali e soprattutto umane per lo sviluppo di armi e tecnologie utilizzate a Gaza, nascondendosi dietro il meccanismo del dual use.

Dopo più di 7 mesi dall’inizio del genocidio, quasi 40 mila palestinesi uccis3 dall’esercito sionista e 76 anni di pulizia etnica e colonialismo, anche dalle università è necessario dare un segnale. Le notizie che in queste ore arrivano da Rafah e Jabalia ci fanno sentire ancora più forte la responsabilità di mettere in campo iniziative di solidarietà concreta al popolo palestinese e di interrompere la complicità delle nostre istituzioni nel genocidio in corso.

L’assemblea inoltre denuncia la gravità dell’incontro che si è tenuto oggi tra i Ministri dell’Interno e dell’Università, e i rettori e le rettrici per la “gestione” delle occupazione, a dimostrazione dell’intervento sempre più manifesto della politica di governo nel controllo del dibattito politico nelle università. Un dibattito ed una presa di posizione che, invece, questa settimana saranno più vive che mai.

Ci vediamo questa mattina alle 9.30 in assemblea!

Il governo attacca lə giovani, lə giovani rispondono: segui il programma, unisciti all’Intifada studentesca!

da Fisica Occupata.

Considerato il momento storico in cui viviamo, è nata spontaneamente, da un gruppo di student* di Fisica di Torino, la necessità di intraprendere un percorso di riflessione e lotta sul ruolo e sulle responsabilità della scienza all’interno delle dinamiche coloniali e belliche. Come comunità scientifica sentiamo il bisogno di interrogarci su questi temi e prendere una posizione forte sulla complicità del mondo accademico nel genocidio palestinese. Dopo 76 anni di occupazione violenta e coloniale, in seguito alle rivolte del 7 ottobre, Israele ha intensificato il percorso di pulizia etnica ai danni del popolo palestinese. Dal 7 ottobre sono mort* più di 34000 palestines*, di cui circa 15000 bambin*, senza contare tutte le persone disperse e ferite. Quello a cui stiamo assistendo è un vero e proprio genocidio e il silenzio delle istituzioni e del mondo accademico è assordante e complice.

Nel 2023 l’Italia ha venduto armi a Israele per un valore di 13,7 milioni di euro, con un incremento nell’ultimo trimestre, quando il genocidio era già in corso. Queste morti sono sulla nostra coscienza, il nostro ruolo in quanto cittadin* e student* deve essere quello di opporsi con tutti i mezzi necessari alla complicità del Governo Italiano e della NATO tutta. Abbiamo deciso di occupare il Dipartimento di Fisica di Torino, unendoci alla chiamata di Giovani Palestinesi e all’ondata di Intifada Studentesca che sta avvenendo in molte Università del mondo. In quanto student* di Fisica è essenziale una nostra presa di coscienza sul ruolo della scienza nell’industria bellica. La stessa scienza che ogni giorno studiamo non è asettica e non può essere più apolitica: non è difficile realizzare che tra la teoria fisica e la costruzione di armi c’è un processo intermedio che ci riguarda e ci vede coinvolt*, senza di noi alcune atrocità non si potrebbero compiere.

Il progresso tecnologico e scientifico, con il quale giustifichiamo il coinvolgimento 6 necessario del mondo accademico, non genera necessariamente un progresso umano. Basti vedere che negli ultimi decenni la ricerca scientifica ha prodotto più di 12000 testate nucleari e nuovi metodi di sterminio. Questo non significa lavorare per la scienza o per i suoi possibili risvolti positivi nella società, ma significa vendersi all’industria militare. Non vogliamo più che il mondo accademico sia coinvolto in questi processi e riteniamo doverosa una presa di posizione netta sul genocidio in corso. La nostra Università si proclama antifascista e antimilitarista: bellissime parole che non vengono applicate in pratica, che cadono davanti agli accordi che l’Università ha stilato con aziende come la Leonardo. Vogliamo che la conoscenza che ci viene impartita come scienziat* sia critica e che ci metta di fronte alle responsabilità che derivano dal nostro ruolo e dalle capacità tecniche e teoriche che sviluppiamo nei nostri percorsi di studio. PALESTINA LIBERA!

da Ecologia Politica Torino.

Come collettivo di ecologia politica ci siamo schierate da sempre dalla parte del popolo palestinese e per questo prendiamo parte senza esitazione a queste occupazioni. 

Per noi la questione climatica e la crisi socio-ecologica in cui ci troviamo non sono qualcosa di astratto, ma qualcosa che viviamo ogni giorno, attraverso lo sfruttamento delle terre, l’accaparramento delle acque, la cementificazione, la messa a profitto dei nostri ecosistemi.  

Pensiamo che il primo modo per attaccare questo sistema di sfruttamento sia quello di calarsi sui territori, conoscerli, e mettersi in prima linea per difenderli. 

Difendere i territori per noi è l’unico modo effettivo per cogliere la contraddizione ecologica in tutte le sfumature, che non è solo una devastazione ambientale, ma è anche sociale e culturale. 

Difendere i territori per noi significa stare dalla parte di chi li conosce, li protegge e non di chi li occupa e li devasta. 

Stare dalla parte del popolo palestinese è l’unico modo di frenare questa macchina di devastazione che Israele è il primo a portare avanti. La lotta per la liberazione della Palestina deve essere – ed è – per noi l’emblema dell’opposizione a un sistema ecocida. 

Così come l’ecologia è sempre politica, anche la scienza, la tecnica e i saperi che vengono insegnati nei nostri corsi di studio lo sono. 

Occupare le università quindi vuol dire anche prendere parola contro chi ci dice che il sapere che si insegna in esse è neutrale, che non è schierato da nessuna parte, che la cultura è solo cultura e quindi anche di fronte a un genocidio è impensabile sospendere accordi e intese tra Israele, le sue Università, i suoi centri di ricerca e le accademie italiane. La scienza non è neutrale, ma situata e strumentale, sotto l’occupazione israeliana diviene strumento di controllo, di guerra, di accaparramento di risorse, e di pulizia etnica. 

Rifiutiamo di vendere le nostre menti, il nostro tempo e il nostro sapere a disposizione degli interessi guerrafondai, genocidi e climaticidi che si nascondono dietro accordi, corsi e master, portati avanti da istituzioni, governi e società di armi e del fossile. 

In un contesto in cui i confini tra Università, industria e difesa sono sempre più indistinguibili, perché strettamente interconnessi, rifiutiamo questo modello di istruzione produzione.

Finchè la Palestina sarà occupata, finchè il genocidio sarà in corso, non potremo permetterci di immaginare territori autodeterminati, liberi e in grado di cambiare il sistema socio-ecologico in cui viviamo, che porta siccità, morte e devastazione. 

Finchè la Palestina sarà occupata, finchè continueranno ad esserci legami e accordi tra Israele e le Università italiane, il sapere accademico non ci permetterà davvero di costruire e pretendere un futuro migliore, slegato da logiche di profitto, accaparramento e militarizzazione.

Per noi essere ecologisti non vuol dire niente se non si è in grado di prendere una posizione chiara nei confronti del popolo palestinese, della sua lotta e resistenza contro l’occupazione sionista.  

La terra non è quella promessa, la terra è di chi se ne prende cura. 

FROM THE RIVER TO THE SEA PALESTINE WILL BE FREE!

COMUNICATO CONGIUNTO DELLE FACOLTA’ OCCUPATE

Ieri gli atenei torinesi si sono uniti all’intifada studentesca in sostegno alla lotta del popolo palestinese che da settimane sta attraversando le università di tutto il mondo. Da oggi Palazzo Nuovo è occupato con il blocco delle lezioni. La protesta assume una rilevanza ancora maggiore in una città come Torino, gemellata con la città di Gaza dal 1997.

Dopo più di 7 mesi dall’inizio del genocidio, sono quasi 40 mila i palestinesi uccisi dall’esercito sionista. I bombardamenti hanno raso al suolo ospedali, scuole, università e abitazioni con l’obiettivo di distruggere ogni possibilità di vita dignitosa per i palestinesi. Questo operato è in linea con le politiche che lo Stato occupante di israele porta avanti da 76 anni attraverso i suoi piani di pulizia etnica e politiche coloniali di insediamento.

La notizia di ulteriori operazioni militari che in queste ore colpiscono duramente la popolazione a Rafah e la Striscia di Gaza, che concretizzano la minaccia di un’invasione via terra volta alla cancellazione totale del popolo palestinese, ci fanno sentire ancora più forte la responsabilità di interrompere la complicità delle nostre istituzioni nel genocidio in corso. Mettere in campo iniziative di solidarietà concreta al popolo palestinese è il nostro dovere umano!

Grazie alla mobilitazione studentesca, il Senato Accademico dell’Università degli Studi di Torino ha ritenuto non opportuna la sua partecipazione al bando MAECI, bando scientifico per progetti congiunti di ricerca tra Italia e Israele promosso dal Ministero Affari Esteri Cooperazione Internazionale. Questo però non è sufficiente: vogliamo che vengano interrotti definitivamente gli accordi con tutti gli atenei israeliani e le aziende coinvolte nella filiera bellica. I nostri atenei mettono al servizio di aziende belliche, come Leonardo ed Elbit System, risorse economiche, materiali e soprattutto umane per lo sviluppo di armi e tecnologie utilizzate in tutta la Palestina. Attraverso il meccanismo del dual use, la ricerca scientifica, il lavoro, le idee vengono piegate alle strategie di morte di NATO-USA-UE. Denunciamo la gravità dell’incontro che si è tenuto ieri, 13 maggio, tra i ministri Piantedosi e Bernini e la CRUI che aveva come obiettivo la “gestione” delle occupazioni universitarie come mero problema di ordine pubblico, invece che ricercare il dialogo con la componente studentesca. Condanniamo le vuote dichiarazioni dei rettori e dei ministri volte unicamente a giustificare la repressione delle proteste contro il coinvolgimento delle università nel genocidio a Gaza.

Ancora una volta il Governo Meloni e tutte le istituzioni dello Stato italiano dimostrano la loro complicità con il genocidio: per tutelare gli interessi economici delle grandi aziende italiane come Eni e Leonardo, il Governo esporta armi in israele e partecipa all’allargamento del conflitto in Medio Oriente tramite l’invio di missioni militari italiane.

Date queste condizioni l’assemblea di UniTo occupata rivendica:

  • la rescissione di ogni accordo tra UniTo le università e le istituzioni israeliane e le aziende che forniscono supporto militare e non solo a Israele;
  • la completa trasparenza nei confronti dell’intera comunità accademica di ogni accordo e collaborazione esterna intrattenuta da UniTo;

La protesta continuerà anche al di fuori dell’università con la partecipazione alla fiaccolata del 15 maggio in occasione della ricorrenza della Nakba e la mobilitazione del 18 maggio per bloccare l’invio di armi a israele.

Ieri martedì 14 maggio è arrivata la proposta da parte del Rettore Geuna di incontrare studenti e studentesse, dopo un solo giorno di occupazione e di blocco delle lezioni.

Questa mattina, 15 maggio, il cancello dell’Energy Center vicino al Politecnico è stato bloccato per impedire lo svolgimento di un incontro di presentazione del progetto Record Aircraft, primo drone a energia solare che si sarebbe dovuto tenere oggi. Grazie al blocco la presentazione è stata rimandata!

Nel pomeriggio un centinaio di student* hanno occupato l’aula magna al politecnico e resteranno qui finché il Rettore Corgnati non sarà disponibile a un dialogo e fino a quando gli accordi con le istituzioni accademiche israeliane e le aziende belliche non saranno desecretati ed immediatamente interrotti.

Di seguito il comunicato in risposta all’articolo diffamatorio apparso sul Corriere Torino a firma Paolo Coccorese.

LA RISPOSTA DEGLI/DELLE STUDENT* all’articolo diffamatorio uscito ieri sul #Corriere

Alla gentile attenzione dei giornalisti, delle giornaliste e delle redazioni dei giornali, in questi giorni come corpo studentesco abbiamo occupato la sede di UniTo di Palazzo Nuovo e bloccato la didattica. Abbiamo deciso di prendere parte al movimento internazionale dell’Intifada studentesca perché sentiamo il dovere morale e la responsabilità storica di agire e prendere posizione in sostegno al popolo palestinese e contrapporci con determinazione al genocidio in corso. Le istanze della nostra occupazione sono:

• l’interruzione definitiva di tutti gli accordi accademici tra UniTo e tutte le istituzioni, accademie e aziende di Israele;

• la rescissione di tutti gli accordi tra UniTo e l’industria bellica;

• la desecretazione e lista pubblica di tutti gli accordi tra Unito e terze parti;

• la presa di posizione pubblica e formale da parte del Rettore e del Senato accademico di UniTo a favore del blocco di invio di armamenti bellici ad Israele, per un cessate il fuoco totale, per l’interruzione delle operazioni militari israeliane su Rafah e Jabalia.

Fin dall’inizio di questa occupazione, abbiamo permesso l’ingresso a giornalisti e giornaliste in un costante tentativo di dialogo con i media, che vediamo come un megafono, uno strumento utile ad amplificare le nostre voci e la nostra lotta. Tuttavia, a seguito di un breve articolo pubblicato ieri sul sito del Corriere della Sera, reputiamo necessario ribadire che non tolleriamo strumentalizzazioni mediatiche di nessun tipo. In particolare, diffidiamo il giornalista Paolo Coccorese del Corriere della Sera per aver pubblicato un articolo increscioso, ricco di menzogne, circa la presenza di bambini all’interno di Palazzo Nuovo in occupazione. Nel suddetto articolo non è tutelata la privacy e l’immagine dei minori che si sono fermati a Palazzo Nuovo per trovare riparo dalla pioggia e sono riportate falsità e menzogne utili solo a ledere l’immagine della nostra causa e depotenziare il valore delle nostre istanze. Infine, oltre ad aver consapevolmente agito per ledere l’immagine della mobilitazione, ha anche avuto l’effetto di ledere l’immagine e il ruolo delle maestre accompagnatrici. Diffidiamo dunque il Corriere della Sera e Paolo Coccorese, escludendoli dai contatti con cui condivideremo i nostri comunicati, cui rilasceremo interviste e inviteremo alle conferenze stampa, fino a che non otterremo le scuse ufficiali da parte della redazione, la cancellazione dell’articolo, e la rettifica delle informazioni riportate. Ci appelliamo dunque alla vostra deontologia professionale, perché sia rispettato il diritto ad un’informazione trasparente, libera e slegata da interessi di parte. Vi chiediamo di supportare la nostra causa, di diffonderla e di raccontarla in maniera autentica. Nella speranza di una presa di impegno da parte vostra, porgiamo cordiali saluti,

gli e le studenti dell’Intifada studentesca di UniTo

Assemblea internazionale tenutasi a Palazzo Nuovo mercoledì 15 maggio

L’assemblea ha visto la partecipazione di più di dieci atenei collegati per coordinarsi e confrontarsi sulle parole d’ordine del movimento e per raccontare lo stato dell’arte delle occupazioni nel mondo. Un inizio di rete internazionale come non si vedeva da tempo..

Di seguito il comunicato che chiama alla mobilitazione in occasione della ricorrenza della Nakba nella giornata di oggi.

“É più importante che io, mia moglie e i miei figli abbiamo il diritto di girare per le strade di Giudea e Samaria rispetto al diritto di movimento degli arabi” È questa la dichiarazione pronunciata dal ministro Ben Gvir, una dichiarazione che sembra portarci indietro negli anni, dimostrando di fatto quanto la Nakba non si sia mai interrotta, ma arrivi al suo 76esimo anniversario questo 15 maggio. La parola “Nakba” significa “catastrofe” e indica il momento in cui il neonato stato di Israele ha portato avanti lo sfollamento forzato del popolo palestinese. Le violenze quotidiane sioniste si stavano perpetuando già da molto prima del ’48, ma a partire dall’evento della Nakba 700.000 palestinesi sono stati colpiti da esproprio di terre e crimini. Le notizie di questi ultimi 7 mesi hanno dimostrato a tutt* quanto la violenza del colonialismo di insediamento si stia perpetuando tutt’oggi: si è arrivati ad una nuova fase della catastrofe con più 40.000 persone uccise, gran parte del territorio della Striscia occupato e distrutto e 1,7 milioni di persone sfollate a Rafah senza via di fuga. I sogni e i desideri della popolazione della Palestina non sono stati, però, distrutti e la nostra occupazione si fa portavoce della resistenza. Per questo domani ci troveremo per una fiaccolata, ricordando e continuando a lottare. Ci vediamo alle 21 a Palazzo Nuovo occupato per partire in corteo.

Comunicato sulla fiaccolata :

Questa sera nella ricorrenza della Nakba siamo scesə in piazza da Palazzo Nuovo occupato e abbiamo attraversato il centro con un corteo che si è ripreso le strade con rabbia e determinazione! Abbiamo ribadito in tutta Torino che vogliamo una Palestina libera e che lotteremo in solidarietà al popolo palestinese in ogni luogo dove le grida riusciranno ad arrivare. Il corteo ha rinominato le principali piazze con i nomi dellə martirə della resistenza palestinese e ha sanzionato il rettorato per denunciare la complicitá di UniTo nel genocidio in corso. Oggi abbiamo deciso di rompere il silenzio unendo le nostre voci di protesta a quelle di manifestanti di tutto il mondo, al fianco della lotta palestinese. Mentre il rettore prima propone un incontro e poi decide di non discutere con l’occupazione, la volontà dellə studenti è chiara: continuare l’intifada studentesca e portare avanti le proprie rivendicazioni e la propria posizione. Ci vediamo domani alle 8.00 a Palazzo Nuovo per raggiungere il rettorato: se Geuna non si presenta saremo noi a cercarlo! TORINO LO SA DA CHE PARTE STARE!

Alcuni scatti dal corteo di questa sera che si è ripreso il centro cittadino con rabbia e determinazione, rinominando le principali piazze con i nomi dellə martirə palestinesi! È stato sanzionato il rettorato, complice di genocidio e le statue sono state riempite con le bandiere della Palestina.

A seguito della manifestazione si è tenuta un’assemblea per decidere come rispondere al rifiuto del rettore di Unito di incontrare gli studenti.

Voci dalle occupazioni e aggiornamenti sulle acampade nel mondo, un approfondimento sulla situazione della guerra nella Striscia di Gaza a cura dell’info del giovedì di Radio Blackout in diretta da Palazzo Nuovo occupato.

Giovedì 16 maggio è partito un corteo per occupare il rettorato e interrompere il Consiglio di Amministrazione a seguito delle dichiarazioni del rettore di UNito.

Dopo poche ore arriva l’annuncio..

Unito: la richiesta ufficiale di un incontro decisionale sulla rescissione degli accordi che abbiamo ottenuto oggi grazie alla mobilitazione in rettorato CI VEDIAMO MARTEDÌ PER PARTECIPARE A QUESTO MOMENTO COME COMUNITÀ UNIVERSITARIA! L’intifada studentesca continua!!

Venerdì 17 maggio, delle delegazioni di studenti dalle sedi delle università occupate in questi giorni scendono in strada con un corteo che punti ad unire i poli in cui sono state montate le tende, per muoversi assieme in città, mostrarsi solidali l’un l’altr3 e rendere esplicito che le diverse mobilitazioni, ognuna con le sue particolarità e contesto, sono accomunate dalla rivendicazione di una Palestina libera! Le rivendicazioni sono chiare: non vogliamo più essere complici di un sistema legato alla guerra, vogliamo la rescissione degli accordi con lo Stato di Israele e le sue istituzioni, vogliamo la trasparenza assoluta sugli accordi che le università stringono, vogliamo poter plasmare lo spazio che ci appartiene.

Al Politecnico di Torino questa mattina il Rettore Corgnati ha dato indicazioni di chiedere il tesserino universitario per entrare: hanno impedito l’accesso a giornalistx e studenti senza smart card. Aspettiamo il corteo per fare assemblea tutt3 insieme: rimarremo unit3 nella solidarietà al popolo palestinese!

Il corteo parte da Palazzo Nuovo per raggiungere il Politecnico..

Manifestazione cittadina di sabato 18 maggio a Torino: 5 mila persone in piazza.

Prima della partenza è stata srotolata una lunghissima lista per commemorare i martiri e le martiri palestinesi aggiornato all’aprile 2024.

L’elenco dei/delle martiri aggiornato all’aprile 2024. Questa lista infinita avrà termine solo quando terminerà la nostra complicità nel legittimare ogni azione israeliana dal 1948 fino ad oggi

“Questo elenco per quanto angosciante nella sua lunghezza include solo la metà delle persone uccise da ottobre ad oggi.

Questi sono i nomi di alcune delle troppe persone uccise da israele: i martiri e le martiri della resistenza palestinese. Questi sono 20 mila 391 nomi.
Guardiamo alle loro vite e all’esempio che queste rappresentano per rafforzare la nostra lotta e non dimenticarle.
Prendiamoci questo tempo per connetterci a loro e sentire la loro forza dentro di noi.
I martiri non muoiono mai. Vivono sempre nelle nostre lotte, nella nostra resistenza quotidiana, in ogni singolo atto di ribellione al sistema.

Chiediamo a tutte e tutti di unirci in un minuto di silenzio in memoria di tutte le persone palestinesi uccise dal regime israeliano sionista in questo genocidio.“

MARTEDÌ 21 MAGGIO TUTT IN RETTORATO!

Abbiamo superato la settimana di occupazione e blocco della didattica nella sede Unito di Palazzo Nuovo. In questi giorni abbiamo avuto modo di interloquire con la dirigenza universitaria che, fino a questo momento, non sembra averci preso sul serio. Il Rettore Geuna ha organizzato una riunione di Senato per martedì che non risponde ai crismi che abbiamo sottoposto alla commissione del CDA di Unito per aprire una trattativa di dialogo effettiva ed efficace. Non ci sarà dunque una seduta congiunta tra Senato e CDA ma soprattutto non sarà garantita la partecipazione studentesca in forma attiva, bensì ci si potrà collegare ai lavori della riunione solo per poter ascoltare, e nemmeno tutto perché per la discussione sugli accordi secretati si staccherà il collegamento. Nonostante la chiusura al dialogo da parte del Rettore, martedì vogliamo raggiungere il Senato e presentare il documento prodotto dagli studenti e dalle studentesse dell’Intifada Studentesca di Unito per discutere concretamente sulla possibilità di rescissione degli accordi e delle collaborazioni con le università israeliane. Noi siamo preparate e puntuali rispetto alle argomentazioni che ci portano ad avanzare questa rivendicazione e dunque non ci sottraiamo al confronto, non ci sembra di poter dire lo stesso sui vertici dell’Ateneo torinese. Martedì daremo battaglia! Fuori Israele dalle nostre università! Fuori la guerra e le armi dalle nostre università!

Intanto al Politecnico il rettore fa una stretta nei confronti dell’occupazione. L’acampada risponde con un comunicato per ribadire le proprie posizioni e rispedire al mittente le accuse.

Siamo gli studenti del politecnico, che si trovano da una settimana intera in occupazione. Siamo in occupazione in questa sede, come anche in quella di palazzo nuovo, di fisica e in quelle di tutta Italia, per chiedere la fine di ogni complicità dei nostri atenei con il genocidio in Palestina e con la filiera bellica; complicità che si manifesta con accordi intrattenuti da anni con aziende della guerra e con lo stato illegittimo e genocida di Israele. Come studenti del PoliTO abbiamo aderito alla mobilitazione globale in atto, che si pone al fianco del popolo e della resistenza palestinese, decidendo di occupare la sala Emma Strada e l’Aula magna, che abbiamo rinominato dedicandola a Sufian Tayeh, rettore dell’Università di Gaza ucciso dalle bombe sioniste. Un’occupazione è un momento politico e di partecipazione attiva e costruttiva in cui gli studenti e il corpo accademico tutto si attivano per pensare e mettere in pratica un nuovo modello di formazione; questo avviene attraverso momenti assembleari e decisioni collettive. Una manifestazione di questo tipo si pone l’obiettivo di ottenere l’ascolto dovutoci dalle istituzioni che rappresentano le università, quali il Rettore e la Ministra Bernini, come dovrebbe accadere in qualunque democrazia partecipativa. Nel contesto di questa libera e necessaria espressione di dissenso, il Rettore Corgnati ha deciso di attuare una repressione sia mediatica che strumentale, con il fine di delegittimare e criminalizzare un movimento studentesco più che mai lecito e coeso, e dividere la comunità studentesca muovendo accuse fasulle e violente. Forti della consapevolezza che la nostra è una lotta giusta, oltre che necessaria, in linea con la fase storica che stiamo vivendo, procediamo di seguito a rispondere alle accuse infondate del rettore: Gli studenti che manifestano da giorni sono in maggioranza del Politecnico. Gli studenti di altri poli universitari della città hanno giustamente partecipato alla protesta per il semplice fatto che la complicità del Politecnico riguarda la comunità studentesca e la cittadinanza nella loro interezza. Questo in quanto, essendo polo di eccellenza e specializzato in ingegneria e materie tecniche, PoliTO si ritrova ad essere l’Ateneo più profondamente legato alla filiera bellica nel territorio Piemontese, con accordi stipulati con NATO, Marina e Aeronautica Militare e ogni azienda bellica del territorio: Leonardo SPA, Avio Aero, Thales Alenia, Collins Aerospace, etc. ; nonchè con poli Israeliani anch’essi inseriti nella macchina da guerra sionista. Infine PoliTO è una componente fondamentale nel progetto della Cittadella dell’Aereospazio di Torino, in cui si riuniranno tutti i maggiori commercianti d’armi sotto l’ala della NATO, qui presente con un acceleratore di imprese. Risulta evidente quindi come la complicità del Politecnico riguardi la comunità accademica torinese tutta. Inoltre l’occupazione in corso al Politecnico avviene in parallelo ed in sinergia con le altre due occupazioni cittadine: la sede di Palazzo Nuovo e quella di Fisica. E non solo, in tutta Italia, da Palermo a Padova, ed in tutto il mondo, dagli Stati Uniti, all’Australia, passando per Parigi e Berlino, osserviamo un risveglio collettivo degli studenti che davanti alla complicità dei loro governi e delle loro università, costruiscono Acampade in ogni polo. In luce di ciò, rispediamo al mittente le accuse del Rettore di “infiltrazioni esterne”, in quanto rappresentano semplicemente un tentativo di creazione di un nemico interno con il fine di dividere la comunità studentesca del Politecnico. Gli unici estranei nelle università sono gli ingenti schieramenti di polizia e di sicurezza privata che Corgnati continua a chiamare contro i suoi stessi studenti. Riguardo alle accuse di violenza: questa protesta è sempre stata pacifica, e le accuse pretestuose del rettore riguardo ai fatti di ieri cadono con facilità.

Ieri, molti studenti dell’Acampada di corso Duca degli Abruzzi sono confluiti nella manifestazione cittadina per la Palestina, assieme ai colleghi provenienti dagli altri poli occupati. Una volta tornati, gli studenti (sottolineiamo nuovamente: in larga maggioranza iscritti al PoliTO) si sono trovati i cancelli sbarrati per ordine del Rettore. Nel momento in cui il dialogo con gli agenti presenti non ha portato soluzioni, abbiamo reputato opportuno riunirci comunque con il resto dell’occupazione all’interno della struttura pubblica del Politecnico. Durante questo momento, l’ingresso usato era stato lasciato aperto e gli studenti l’hanno semplicemente utilizzato; successivamente nel tentativo di chiusura della porta, avvenuta per autotutela degli occupanti e degli spazi, a causa di una non conoscenza del meccanismo, è stata utilizzata una modalità errata di chiusura che, aggiunta al tentativo di entrata di terzi avvenuto nella notte, ha causato un malfunzionamento. Questa situazione, ora strumentalizzata per additarci come violenti, è stata creata in primis dalla scelta del Rettore di impedire l’ingresso agli studenti che avevano partecipato al corteo, nonostante la questura avesse predisposto il permesso. Per di più da giorni tutti gli studenti che vogliono entrare in sede sono soggetti a un’identificazione all’ingresso, parte del processo di militarizzazione del Politecnico mirato all’intimidazione. Questa militarizzazione e tentativo di divisione degli studenti è avvenuta anche venerdì attraverso il blocco delle lezioni. Questa non è stata una decisione presa da noi occupanti, ma da Corgnati stesso. Per quella giornata, noi abbiamo invece tenuto un dibattito con diversi professori del Politecnico; è chiaro dunque che chi chiude gli spazi è il rettore, mentre chi crea dialogo e rivitalizza aule inutilizzate sono gli studenti. Siamo lieti però di apprendere dal comunicato del rettore che sia stata finalmente riconosciuta la nostra come un’effettiva occupazione, nonostante Corgnati, che da mesi si dichiara aperto al dialogo, non abbia mai accettato di incontrarci: né al Senato straordinario che era stato convocato proprio sotto nostra richiesta, né nel momento dell’inizio dell’occupazione, nè quando gli stessi rappresentanti eletti degli studenti hanno portato a Lui questa esigenza. Il Rettore vuole dipingerci come una minoranza violenta e divisa. La realtà è che studenti, dottorandi, ricercatori, professori e personale tecnico sono uniti in questa mobilitazione, ed ogni tentativo di infangarci è dovuto al fatto che non vi è l’intenzione di considerare le nostre rivendicazioni. Bloccare gli accordi con l’entità sionista e la filiera bellica è ormai una richiesta globale e totalmente legittima, e il rifiuto del Rettore di accoglierla è mosso da semplici interessi economici e di profitto, per non parlare del peso politico che avrebbe una posizione del Politecnico al riguardo nel momento in cui, anche il nostro stesso Governo continua a schierarsi con Israele. Corgnati parla di democrazie occidentali, e abbiamo visto benissimo cosa ciò abbia significato in questi mesi: governi che inviano armamenti che vengono usati contro una popolazione intera e che si schierano a favore di un genocidio, ignorando manifestazioni oceaniche e globali che chiedono una Palestina libera, e Rettori che chiamano polizia a reprimere i propri studenti. Corgnati riesce a parlare di violenza riferendosi a “porte forzate” e “effrazioni”, mentre non riesce a riconoscere quella stessa violenza che lui in primis legittima: i 40 mila martiri in Palestina, le case, le università e gli ospedali bombardati. Ed è su questo che vogliamo riportare l’attenzione. Siamo stanchi di ribattere alle sue continue infondate accuse: pretendiamo che invece si pronunci sull’effettiva ragione che muove una mobilitazione globale. Vogliamo fatti concreti che contribuiscano alla fine di questo genocidio e non ci rendano complici di esso, e questo è possibile solamente tramite l’interruzione degli accordi sopracitati.

Pretendiamo che venga riconosciuto il vero punto di queste mobilitazioni: una Palestina libera. Ed infine sì, è vero Magnifico Rettore: siamo una minoranza rumorosa, ma aumentiamo ogni giorno, siamo organizzati, siamo determinati, siamo uniti con tutta Torino, e continueremo a farci sentire finchè non vinceremo.

Viene anche lanciata un’iniziativa di contestazione per i prossimi giorni.

Nelle giornate del 21 e 22 Maggio dall’altra parte della strada della sede del Politecnico in Corso Duca si terrà il PoliTo Career Days. Questo evento viene presentato come “due intere giornate dedicate alla tua carriera e all’incontro con manager di employer di ogni tipo” con la possibilità di “incontrare di persona numerose aziende, dialogando con i recruiter e consegnando personalmente il tuo curriculum vitae”.
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Coerentemente con un modello universitario basato sul carrierismo, gli studenti vengono proiettati verso la loro carriera lavorativa, dimenticando l’importanza di una formazione libera da interessi bellici e di profitto.
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Inoltre, le aziende presenti in questo evento sono le stesse imprese belliche che, sfruttando la scusa del “dual use”, riescono ad avere uno spazio vergognosamente importante all’interno del nostro ateneo, con accordi di collaborazione e ricerca le cui tecnologie vengono impiegate dall’entità sionista per compiere il genocidio in Palestina. Con questa presenza vediamo benissimo l’attivazione del Politecnico di Torino nello sviluppare tecnologie belliche, e la contemporanea trasmissione del messaggio che gli studenti non hanno altra scelta, se non quella di contribuirvi.
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Dall’Intifada Studentesca del PoliTo, in occupazione da una settimana, vogliamo ribadire che questi legami di complicità tra i nostri atenei, la filiera della guerra e Israele sono inaccettabili, soprattutto in grandi eventi del genere. Per questo, come studenti del Politecnico, faremo una carovana di boicottaggio, così da trasmettere la nostra opposizione alla presenza di simili aziende belliche all’interno di PoliTO.
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Faremo ciò informando la comunità studentesca tutta, tramite la contestazione degli accordi di ogni stand, della posizione di complicità in cui ci pongono tali accordi e compartecipazioni.
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Vi invitiamo dunque a partecipare a questa carovana, che partirà alle 14:00 dall’atrio della sede di Corso Duca degli Abruzzi, per dimostrare ancora una volta che gli studenti sono dalla parte del popolo e della resistenza palestinese!

Comunicati delle occupazioni a seguito del caso montato dai giornali dopo la preghiera del venerdì all’interno di Palazzo Nuovo officiata da Brahim Baya.

Come Intifada studentesca torinese prendiamo parola nel merito dei numerosi articoli sensazionalistici pubblicati rispetto alla preghiera del venerdì svolta la settimana scorsa all’interno dell’occupazione ancora in corso a Palazzo Nuovo.

Pensiamo sia completamente pretestuosa l’enfasi posta su questo evento, volta a mostrare gli e le occupanti come una minoranza estremista per destare paura e allarmismo nella comunità accademica giocando sull’islamofobia profondamente innestata nelle mentalità occidentali. L’università dovrebbe essere quel luogo nel quale si elabora un sapere nemico del qualunquismo e della superficialità proprie del linguaggio giornalistico e mediatico, che lavorano unicamente per vendere una copia in più e sobillare le masse verso un opinionismo da salotto che poco ha a che fare con una concretezza dell’agire per trasformare l’esistente. Il Rettore Stefano Geuna, in seguito a settimane di silenzio e latitanza, ricompare sulle pubbliche frequenze solamente a seguito della preghiera del venerdì, strumentalizzando ancora una volta la religione e la cultura musulmana che viene descritta e definita come intrinsecamente violenta. Esattamente come la propaganda Occidentale ed eurocentrica che ha da sempre definito l’Altro come barbaro e incivile, anche il nostro Rettore prende parola per avallare una retorica estremamente razzista. Il misero silenzio del Rettore che ormai da mesi non ascolta le rivendicazioni delle studentesse e degli studenti, un silenzio che in questi giorni di occupazione si è esasperato con la cancellazione di ogni incontro prefissato, nascondendosi da un confronto e da una reale presa di posizione. “Proprio questo blocco, purtroppo, è causa di ripetuti episodi che finiscono per ledere l’immaginae pubblica del nostro Ateneo: le parole di violenza pronunciate dell’imam Brahim Baya durante una predica sono solo l’ultimo episodio che ha attirato l’attenzione dei media nazionali. Parole per le quali UniTo ha espresso profondo rammarico e ferma condanna.” Sono queste le vergognose parole del Rettore che trasmette mezzo email istituzionale a tutti gli studenti, tutte e studentesse e al corpo docenti di Unito. Parole che alimentano una discriminazione razzista e islamofoba tra gli studenti e le studentesse. Il Rettore forse non è consapevole della composizione della città di Torino, compresa quella dell’università che governa, e di tutto il territorio italiano all’interno del quale vive una diversità culturale e religiosa che non può essere né condannata né strumentalizzata. La comunità musulmana di Torino ha da subito espresso la sua solidarietà al popolo palestinese, in prima linea nelle manifestazioni, supportando la libertà di tutti i popoli oppressi e sottolineando in ogni occasione pubblica che non tratta di una questione religiosa, che siamo tutte/i fratelli e sorelle e che lottiamo per l’umanità. La comunità musulmana che sta partecipando all’occupazione di Palazzo nuovo, venerdì scorso ha semplicemente deciso di condurre la consueta preghiera del venerdì in maniera collettiva, dentro uno spazio che appartiene a chiunque lo voglia vivere e questo momento di preghiera è stato condotto da Brahim Baya, che agli ignoranti che parlano chiariamo che non si tratta nemmeno di un Imam, che oggi è stato oggetto di una diffida richiesta dal Rettore del Politecnico che ha fatto sì che arrivasse un ingente dispiegamento di digos a prelevarlo e allontanarlo dall’ateneo. La stereotipa visione che definisce le persone non bianche come incivili, barbari, terroristi, nemici della democrazia europea, è la cartina tornasole delle politiche di governo nazionali e internazionali volte a razzializzare e discriminare una componente viva e attiva di questo paese che è da secoli che vive gli effetti del colonialismo bianco in tutto il mondo.

A dispetto di quanto dichiara Geuna, pensiamo che sia lui a ledere l’immagine dell’Ateneo, attraverso la sua condotta antidemocratica, facendo saltare il Senato e rifugiandosi a vita privata piuttosto che confrontarsi con gli e le studenti che stanno cercando il dialogo da ormai 2 settimane; Geuna non riesce a condannare il genocidio israeliano ma per la conduzione di una preghiera ci impiega 12 ore ad esporsi. Continua a sproloquiare sostenendo esserci una delegazione che starebbe lavorando con fatica per mediare con l’occupazione ma noi qui non abbiamo notizie di alcun colloquio ufficiale, che invece stiamo richiedendo dal 13 maggio. Rispediamo al mittente ogni tentativo di farci apparire ciò che non siamo, la verità è qui sotto gli occhi di chi ha voglia di guardare, Palazzo Nuovo è un’esperienza di lotta e boicottaggio aperta e vivace per tutti/e coloro che hanno a cuore la causa palestinese e di tutti i popoli oppressi, è una rottura con la violenza di un esistente che ci sta indirizzando progressivamente verso un orizzonte di guerra e distruzione sempre più tangibile e disumano. E’ dentro questa rottura che stiamo costruendo la nostra alternativa, partendo dal potere del sapere e dalla natura rivoluzionaria della gioventù, che oggi più che mai non ha nulla da perdere e tutto da conquistare. INTIFADA STUDENTESCA FINO ALLA VITTORIA!

LAICITA’ TRA REALTA’ E STRUMENTALIZZAZIONE

Da giorni l’occupazione del Politecnico riceve strumentalizzazioni, provocazioni e manipolazioni, tanto mediatiche quanto politiche.

Dapprima si è tentato di costruire una presunta illegittimità a manifestare nel Politecnico. L’artificiosa distinzione tra “infiltrati esterni” e studenti interni non solo non ha funzionato, ma nel corso dell’occupazione abbiamo ricevuto solidarietà e appoggio da tutte le componenti del Politecnico: studenti, docenti, ricercatori/trici, dottorandi/e e dipendenti dei servizi.

Successivamente il Rettore ha sospeso la didattica regolare, spostandola a distanza ed incolpando gli/le studenti occupanti di impedire lo svolgimento delle attività curriculari: mai falsità piu’ grande fu detta, dal momento in cui nessuna lezione o locale dedicato ad essa è stato bloccato o occupato.

Dopo aver spostato la didattica a distanza e aver lasciato vuota l’università, il Rettore ha provato a non fare entrare studenti occupanti iscritti/e a PoliTo, sbarrando i cancelli e criminalizzando l’ingresso da una porta laterale, distrattamente lasciata aperta.

In tutto ciò il Rettore non è stato in grado di dire nulla, nemmeno rispondere al primo punto delle nostre rivendicazioni, ovvero la condanna verso il genocidio in Palestina.

Insieme al Rettore, anche le maggiori testate giornalistiche e la ministra dell’Università Bernini hanno deciso di alimentare la strumentalizzazione della mobilitazione, concentrandosi sul dito e non sulla luna.

Questa mattina, su ordine di Corgnati e Bernini, abbiamo appreso che la Questura di Torino ha vietato tramite diffida, la realizzazione di un’iniziativa di carattere confessionale proposta all’interno dell’occupazione del Politecnico.

Come se non bastasse il Rettore ha diffuso una mail istituzionale a studenti e docenti in cui dava notizia della cosa, il tutto con toni allarmisti e stigmatizzanti.

In poche ore il Politecnico è stato preso d’assalto da giornalisti/e e da dichiarazioni roboanti, per lo più erronee, sulla natura e l’entità dell’iniziativa.

La repressione politica e l’aggressione mediatica che si è attivata dal momento in cui abbiamo occupato, contribuisce al clima di islamofobia diffuso in Italia. Questa strategia che diffonde odio, mira ad eliminare le voci che non accettano la normalizzazione del genocidio palestinese.

L’obiettivo di questi attacchi è quello di delegittimare la mobilitazione in solidarietà alla Palestina, distogliendo l’attenzione dalla ragione profonda della nostra causa: la fine del genocidio a Gaza e la libertà del popolo palestinese.

All’occupazione del Politecnico le decisioni vengono prese in forma assembleare, praticando un esercizio di democrazia in cui ognuno/a può esprimersi e avere potere decisionale dell’assemblea stessa. Ieri sera è stata discussa la proposta di offrire l’Aula Magna come spazio per fare una preghiera condivisa con una parte degli/delle studenti musulmani/e del Politecnico, senza renderla un rito ufficiale, in quanto il nostro focus rimane sempre la solidarietà al popolo palestinese e la critica all’università come terreno fertile per accordi bellici. Tramite un confronto tra diverse opinioni, l’assemblea è giunta alla conclusione di accogliere la richiesta e offrire uno spazio.

Stamattina, a fronte delle strumentalizzazioni e degli attacchi citati, è stata espressa preoccupazione per le conseguenze che tali dinamiche avrebbero avuto sulla comunità musulmana stessa del Politecnico. Anche in ottica di tutela degli/le studenti musulmani/e presenti in assemblea, è stato deciso collettivamente di annullare il momento. Ribadiamo però che l’interconfessionalità, senza imposizione né coinvolgimento di autorità religiose, va di pari passo con la laicità, concetto che senza dubbio condividiamo.

E’ proprio questa questione che ha portato ad interrogarci. Negli articoli, come nelle dichiarazioni del Rettore, si parla molto del termine “laicità”. Siamo partiti/e dal fatto che anche noi crediamo profondamente nella libertà del sapere e della ricerca e nell’importanza che siano libere da influenze.

Ci siamo chiesti/e se questa libertà esista effettivamente e in quali forme si esprima. Abbiamo parlato con molti/e studenti, alcuni/e contrariati (ai/alle quali danno voce tutte le testate giornalistiche), altri/e, meno rappresentati/e dalla stampa mainstream, che esprimevano gioia e gratitudine per questa occupazione. Erano contenti che l’occupazione avesse portato all’interno dell’università delle voci critiche che hanno saputo mettere in discussione istituzioni che la “maggioranza silenziosa” dà per scontate.

Collettivamente in questi giorni siamo arrivati/e ad analizzare la presenza all’interno dei nostri corsi universitari dell’industria aerospaziale. Un’industria che facilmente diviene bellica attraverso il meccanismo/escamotage del dualuse.

Al Politecnico, tra il quarto e il quinto anno, rappresentanti di aziende belliche per l’80% della produzione (come Leonardo che ha uno dei più alti export di armi in Europa), tengono ore di lezione. La questione della laicità, di fronte a una commistione così profonda con Leonardo, diventa un tema decisivo.

Ed è proprio il silenzio che cala su questa commistione tra sapere e scienza e produzione bellica, a far sembrare la laicità sbandierata a gran voce dal Rettore e da Bernini, un ulteriore modo strumentale per delegittimarci.

Crediamo nella libertà del sapere, ed è proprio per questo che ci battiamo. Il momento di preghiera comunitaria (senza alcun imam) che ci era stato proposto, è molto meno pericoloso, ed attenta molto meno alla libertà del sapere e della ricerca se confrontato alla presenza delle aziende belliche nei nostri corsi.

Il regime di verità nel quale siamo inserite non è più quello religioso, per questo riconosciamo così facilmente quando qualcosa non è “laico”. Dovremmo fare un passo ulteriore, più sottile, e riconoscere che il regime di verità che regola il nostro sistema di valori è quello del positivismo scientifico e della dittatura del mercato liberista, al di sopra di ogni posizionamento etico. Ed è proprio questo l’attacco più profondo al quale siamo sottoposti/e fin nelle nostre ore di lezione, e dal quale ci dobbiamo difendere affinando i nostri strumenti di analisi critica. Come racconta David Foster Wallace, è molto più difficile analizzare e parlare di ciò in cui siamo immersi, piuttosto che di ciò che guardiamo con distanza:

«Ci sono due pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: “Salve,ragazzi.Com’èl’acqua?”I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa “Checavoloèl’acqua?”»

Assemblea del Politecnico Occupato – Polito For Palestine

Voci dalle occupazioni da Radio Onda d’Urto

La mobilitazione vede coinvolti gli atenei di Venezia, Pisa, Siena, Bergamo, Bologna, Roma, Palermo, Trento, Padova, Napoli, Milano e Torino. In queste ultime due città mobilitati sia il Politecnico sia la Statale.

Mercoledì 15 maggio, previste tende anche a Cosenza, Bari, Firenze, Macerata, Catania e Genova e Brescia.

Da Palermo la corrispondenza di martedì 14 maggio con Marco di Intifada Studentesca Palermo, Emma studentessa di medicina e Mohamed studente con origini palestinesi

L’aggiornamento anche da Pisa con Alessandra degli studenti e studentesse per la Palestina

Partita una nuova acampada all’Università di Catania mercoledì 15 maggio.

da Studentx per la Palestina Pisa.

INTIFADA STUDENTESCA A PISA: INIZIA L’ACCAMPATA!

In data 13 Maggio 2024 è iniziata l’accampata ai giardini di Antichistica, Storia e
Filosofia, organizzata dallə studentə per la Palestina.

Da mesi, ormai, nella città di Pisa lə studentə lottano a sostegno della popolazione palestinese, sottoposta al genocidio israeliano e a decenni di apartheid, e per la fine delle complicità delle nostre istituzioni con quanto sta avvenendo. Oggi, le proteste studentesche hanno assunto una scala e un rilievo globali, come hanno mostrato gli accampamenti nei campus americani.
Rinnoviamo l’invito alla cittadinanza solidale e a tutta la comunità accademica e
studentesca di passare all’accampamento, per parlare, fornire supporto politico e/o materiale, utilizzare insieme a noi ogni spazio della società per parlare e agire in
solidarietà alla Palestina e allə studentə che si stanno mobilitando contro il genocidio attualmente in corso.

Chiamiamo per questa mattina una conferenza stampa alle ore 12 presso i giardini della biblioteca di Antichistica.

A Pisa la relatrice ONU per la Palestina bandita da Israele per le sue dichiarazioni riguardo al genocidio in atto, Francesca Albanese, incontra gli studenti e le studentesse all’acampada.

MERCOLEDì 22 MAGGIO ORE 10 L’ACCAMPATA TORNA IN PIAZZA!
MOBILITAZIONE STUDENTESCA, RITROVO ALL’ACCAMPATA AI GIARDINI DI ANTICHISTICA

Dopo otto giorni di accampata, mobilitazioni e formazioni nel giardino occupato di antichistica, ancora l’Ateneo e il suo Rettore non hanno dato nessun tipo di risposta concreta e soddisfacente alle nostre richieste, se non vuoti comunicati di circostanza di giudizio sulle lotte di noi studentə. La voce dellə studentə si è alzata forte e chiara in questi mesi e in queste settimane in tutta Italia e nel mondo: basta complicità, basta accordi con Israele, basta accordi con l’industria bellica, ecocida e distruttrice della vita delle persone, ovunque.

Noi studentə contiamo e vogliamo contare in quest’Università, i cui vertici non ci rappresentano in alcun modo: vogliamo risposte e soluzioni concrete di fronte a un genocidio reale e a tutta una serie di crimini di guerra reali commessi da Israele, vogliamo che si dimostri una solidarietà effettiva e un impegno deciso per il popolo palestinese.

In queste ore sta scattando il mandato di cattura internazionale per Netanyahu, accusato di crimini di guerra insieme ad esponenti del suo governo. Difendere i legami con Università che sostengono ideologicamente, culturalmente, tecnologicamente l’IDF e le politiche genocidiarie di Israele, che da decenni sorgono spesso su territorio occupati illegalmente ed espropriati all palestinesi, ci sembra insostenibile, ipocrita e di una gravità inaudita.

Fra pochi giorni, inoltre, si riunirà in assemblea la CRUI, in cui tutti i rettori delle diverse Università italiane si riuniranno per discuterne le sorti a livello nazionale: è il momento che le posizioni dellə studentə siano ascoltate e pesino su decisioni che coinvolgono le nostre vite e, soprattutto, quelle di milioni di palestinesi sotto le bombe nella prigione a cielo aperto di Gaza.

Per questo, mercoledì 22 maggio alle 10.00 ci ritroviamo all’accampata per tornare in piazza, mobilitarci e portare forte il nostro grido all’Ateneo e ai suoi vertici: pretendiamo risposte concrete e risultati da un Rettore che millanta la pace mentre sostiene la guerra!

dall’acampada di Bologna si leva un appello al rettore dal Rettorato Occupato.

COMUNICATO SU OGGI, 21 MAGGIO, DAL RETTORATO DELL’UNIVERSITÀ DI BOLOGNA OCCUPATO

Il 5 maggio abbiamo portato le prime tende in Piazza Scaravilli, davanti al Rettorato dell’Università di Bologna. Durante la prima settimana di acampada, le tende sono diventate quasi un centinaio. Forti di questa mobilitazione, evidentemente sentita da tutta la comunità studentesca, abbiamo deciso di portare avanti l’acampada fino al 21 maggio, giorno del Senato accademico. In una fase quale quella presente, la chiamata alla solidarietà delle studentesse di Birzeit, in Palestina, ha incontrato la risposta della città e di personalità importanti del mondo accademico e della cultura in generale. Dopo anni di campagne di boicottaggio accademico e dopo l’intensificazione di questa nostra lotta negli ultimi mesi, abbiamo presentato una mozione composta da 17 richieste. Siamo state audite come delegazione esterna: un passo avanti nel confronto con la governance d’ateneo, che tuttavia non è bastato per ottenere i risultati sperati. Il Rettore ha impedito la discussione e la votazione punto per punto (cosa che avevamo richiestao esplicitamente anche nella mozione, ritenendo importante l’attenzione su tutti i singoli accordi critici con Isr4ele) e chiesto ai senatori di votare direttamente i suoi emendamenti. Nessuno si è opposto: questo rende ancora più palese l’ipocrisia delle istituzioni che millantano un assetto democratico. Nello specifico della mozione, oggi sono stati approvati tre dei nostri punti, di cui il primo in modo parziale: abbiamo chiesto che l’Universitá condannasse la distruzione delle università palestinesi e abbiamo ottenuto una vaga condanna della distruzione di tutte le università, nonché l’impegno a creare strumenti di solidarietà con gli accademic* e l* student* nella Striscia di Gaza.

dalla Statale di Milano occupata.

dal Coordinamento dei Collettivi della Sapienza di Roma occupata.

IL PRESIDIO CONTINUA, UNITEVI! MARTEDÌ 14 ORE 14.00 CONTRO-SENATO

In tutta Italia e in tutto il mondo è chiaro: ora è il momento di alzare la voce. La follia genocida sionista non accenna a fermarsi, le operazioni di pulizia etnica sono iniziate a Rafah e ripartite in tutta la striscia. È nostro dovere mandare un segnale forte e interrompere le connessioni con lo stato d’apartheid israeliano nelle università.

Da una settimana siamo in presidio permanente per continuare a ribadire, assieme a tutta la comunità studentesca, le nostre richieste: lo stop agli accordi con la filiera bellica e le università sul suolo occupato e una presa di posizione della nostra università sul genocidio in corso. Non siamo solə in questo processo: nelle università di tutto mondo si alza dalle tende il grido Palestina libera!

La Sapienza continua tuttavia a erigere un muro di silenzio e a reprimere con la forza ogni dissenso. Martedì ci sarà l’ennesimo Senato Accademico in cui l’ateneo non prenderà in considerazione le rivendicazioni dellз studentз e continuerà a esimersi dalle proprie responsabilità. Non lasceremo che la rettrice continui a ignorarci, per questo la invitiamo al nostro contro-senato affinché si esponga davanti a tutta la comunità studentesca.

Ci vediamo martedì 14 alle ore 14.00 al pratone. Intifada fino alla vittoria!

In tantissime e tantissimi in corteo alla Sapienza per il contro senato e per denunciare l’atteggiamento della rettrice Antonella Polimeni in merito al dual use della ricerca, ai rapporti con la Leonardo e la fondazione Med’Or. Il corteo di diverse centinaia di studenti ha sanzionato il rettorato e ha concluso la giornata con una partecipatissima assemblea.

Qui la diretta di Radio Onda Rossa sulla mobilitazione

Mentre si riunisce il senato accademico dell’Università La Sapienza si alza la protesta studentesca per continuare a chiedere l’interruzione delle collaborazioni con Israele e con la produzione di armi.

Giovedì 16 maggio Mattarella ha fatto visita alla Sapienza.. di seguito la lettera aperta degli studenti e delle studentesse romane in lotta.

DOMANI ORE 16.30 PRESIDIO AL PRATONE PER LA PRESENZA DI MATTARELLA IN UNIVERSITÀ

Domani sarà presente in università il presidente Mattarella.

Di fronte all’indifferenza delle istituzioni, gli abbiamo scritto una lettera aperta per interpellarlo in quanto garante della democrazia, che, all’interno dell’università, ci è negata.

Di seguito il testo della lettera:

Egregio Presidente Mattarella,

Siamo giovani cittadine, le studentesse e gli studenti della Sapienza, da otto mesi in mobilitazione e da undici giorni in presidio permanente all’interno della nostra Università. Durante questo lungo percorso abbiamo lottato contro il genocidio in Palestina e ci siamo interrogate sulla complicità delle nostre Università nel massacro che continua ad acuirsi proprio in questi giorni. Dall’inizio della mobilitazione, come le nostre compagne e compagni delle altre università italiane e mondiali, abbiamo chiesto ai rettori e alle rettrici uno spazio di dialogo e di prendere provvedimenti sui legami che i nostri atenei intrattengono con l’industria bellica e con le Università israeliane schierate in prima linea nel sostegno delle operazioni in Palestina. Le uniche risposte che abbiamo ottenuto sono state silenzi, fughe e manganelli in maniera indiscriminata: un muro di gomma che è in contraddizione con l’approccio critico che è la condizione necessaria per la libertà della ricerca. Abbiamo constatato che le Università italiane sono sempre meno attente alla pluralità che dovrebbe caratterizzare i luoghi di formazione e sempre più subalterne al potere economico. Siamo i e le giovani tanto interpellate a costruire il futuro di questo paese, ma sembra che la nostra voce sia ascoltata solo se è allineata al potere costituito, anche davanti ad un genocidio.

Come garante della nostra democrazia e della costituzione che ripudia la guerra, la sua presenza in ateneo ci interpella; ci chiediamo come sia possibile che in questi spazi che dovrebbero costruire le basi della democrazia non ci sia spazio per le voci di dissenso, che sono trasversali e molto condivise, come dimostrano anche le chiamate all’azione di intere facoltà deliberate in assemblee ufficiali e pubbliche. La libertà di ricerca non può contrastare con la libertà di esistere dei popoli, e noi non vogliamo in nessun modo che la nostra ricerca e il nostro sapere siano applicati alla guerra e agli armamenti. La nostra generazione si trova davanti un futuro precario e incerto, costellato da guerra e catastrofi climatiche. Proprio per questo ci mobilitiamo e alziamo la voce, ma le istituzioni non solo sono sorde alle nostre rivendicazioni e paure, addirittura attivamente le contrastano e cercano di invisibilizzarle. Riteniamo quindi che in questo clima di censura e repressione la sua visita a porte chiuse non faccia altro che rafforzare e legittimare il modus operandi adottato dalla governance dell’università, che ricordiamo non essere in linea con i principi di pace e democrazia promossi dalla costituzione di cui Lei è garante. In conclusione, crediamo che in questo momento storico, e date le attuali circostanze ovvero il presidio fisso delle Tende contro il genocidio a Gaza, la sua visita alla Sapienza non possa svolgersi nella torre d’avorio del rettorato alla quale, come è stato più volte dimostrato, l’accesso agli studenti e alle studentesse è blindato. La invitiamo pertanto a raggiungerci al presidio delle tende, per avere finalmente quel confronto con le istituzioni che chiediamo da tanto tempo ormai.

Ecco com’è andato l’incontro..

All’uscita del capo dello Stato dalla città universitaria ci sono state tensioni tra la polizia in tenuta antisommossa che blindava l’incontro e gli studenti e le studentesse a cui è stato nuovamente impedito di raggiungere chi dovrebbe ascoltare le richieste delle acampade studentesche.

Di seguito il comunicato sulla giornata.

MATTARELLA EVITA CONFRONTO, POLIZIA CACCIATA DALL’UNIVERISTÀ

Oggi in Sapienza si teneva la giornata del laureato, con la partecipazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Noi studentə in mobilitazione da mesi, dopo il suo rifiuto a un confronto con la protesta studentesca che sta scuotendo il mondo, abbiamo voluto contestare e disturbare la sua presenza nella nostra università. Non pensiamo si possa festeggiare la laurea dellə student3 meritevoli mentre le nostre collegh3 gazaw3 si laureano nelle tende dopo che i loro atenei sono stati rasi al suolo. Crediamo che la massima carica dello Stato non debba prestarsi in processi geopolitici,: alla dichiarazione del presidente di due giorni fa, in occasione dello Yom haAtzmaut in cui Mattarella dichiara la comunanza fra il popolo italiano e israeliano, rispondiamo chiaramente che l’unica comunanza che sentiamo è con la resistenza del popolo palestinese. Oggi come student3, crediamo che la giustizia sia impiegare ogni mezzo per ottenere la fine delle oppressioni, quelle che voi chiamate guerre. Per fermare il genocidio di Israele e l’escalation bellica che Israele sta portando, è necessario mettere in campo ogni strategia: sanzioni, boicottaggi, pressioni internazionali. Il ruolo che invece l’Italia assume nello scenario è quello di piena complicità nel genocidio e pieno supporto all’operato sionista. O ci si impegna per fermare il genocidio, con ogni mezzo, o si è complici. E no presidente, non basta chiedere il cessate il fuoco per avere la coscienza pulita. Non esiste la libertà tanto citata finché vive l’oppressione.

Per restare in tema di oppressione e repressione, oggi abbiamo visto l’ennesimo intervento della celere all’università. Questo dimostra l’incapacità della Rettrice nella gestione dell’ordine pubblico, che ancora una volta preferisce il manganello al dialogo con le student3. Le student3 però, dopo mesi di mobilitazione e repressione, hanno ripreso controllo dell’Università, cacciando le forze dell’ordine, la DIGOS e le camionette. Ancora una volta manganellate e tentativi di arresto non hanno scalfito la voglia delle student3 di fare la loro parte per la liberazione della Palestina. Se non cambierà, sarà Intifada pure qua.

Comunicato dei Giovani Palestinesi italiani a seguito delle dichiarazioni di Piantedosi e della Ministra Bernini sulle occupazioni delle università.

Il coordinamento dei collettivi della Sapienza, i movimenti per la Palestina e le organizzazioni che stanno mobilitandosi a Roma lanciano una chiamata nazionale delle acampade studentesche!

1 – 2 giugno: manifestazione nazionale e assemblea studentesca

In questi mesi la mobilitazione studentesca in supporto alla resistenza palestinese si è radicata su scala nazionale con le stesse parole d’ordine e le stesse pratiche di lotta.
In più di 20 atenei del Paese l3 student3 si sono accampate, a partire dai primi di maggio, sull’onda della mobilitazione globale.

La necessità di aggiungere al lavoro territoriale, portato avanti finora, un discorso nazionale sul rapporto tra le università italiane e chi porta avanti il genocidio in Palestina, andando oltre lo scontro con lə singolə rettorə, si somma all’esigenza di un momento organizzativo che riesca a rilanciare il movimento studentesco nella prossima stagione di lotta per la Palestina.

Crediamo fermamente che riuscire a far convergere la lotta universitaria in un momento di azione e organizzazione di tutti gli atenei sia fondamentale per rilanciare la mobilitazione e non farla scemare.

Per questo cogliamo e trasmettiamo l’invito a tutte le Univeristà per strutturare insieme:

-il 1 giugno una mobilitazione delle acampade di tutta italia che sappia portare le rivendicazioni delle università ai loro interlocutori.

-il 2 e il 3 giugno e un’assemblea studentesca a Roma per costruire un piano di discussione, di mappatura e di pratiche sugli accordi che rendono le nostre università complici del genocidio in palestina e delle guerre. Vogliamo che questo sia l’inizio di un percorso!

Costruiamo insieme la mobilitazione e l’assemblea in una call organizzativa, a breve info !

Rilanciamo inoltre un invito per tutte le Università di raggiungerci in Sapienza per un acampada nazionale già dal 30 maggio.

Articolo in aggiornamento..

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