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Trump rilancia la corsa sfrenata al riarmo

Senza dubbio l’annuncio di stanziare 54 miliardi di dollari in più nel solo 2017 rispetto a quanto elargito dalla Casa Bianca al Pentagono nell’ anno precedente informa della volontà degli States, qualora ce ne fosse stato bisogno, di avere un atteggiamento ancor più muscolare negli angoli del globo dove detiene interessi economici e conseguenti truppe di insediamento e/o controllo.

A ridere meno del Presidente sono gli stessi cittadini americani che lo hanno votato, spinti dall’ irresistibile vocazione securitaria nazionalista insita nel programma conservatore.
Se da un lato, è vero che un ulteriore riarmo si colloca in una fase di stallo all’interno dello scacchiere geopolitico transnazionale dettata da una Cina attenta alla salvaguardia dei suoi investimenti, dall’altro non si può eludere la connotazione guerresca e autoritaria di un presidente accecato da una sete di conquista anche e soprattutto sul piano militare che può essere foriera di nuove tensioni nelle aree di maggiore contesa globali.

Per il beneplacito degli affari dell’ industria bellica, Trump è pronto a mettere a repentaglio anche la sicurezza interna tanto invocata dai suoi stessi elettori: sarà capace di reggere la scena, continuando da un lato la politica di segregazione dei deboli e degli emarginati all’interno dei confini tanto come quella intraprendente e militarista nei confronti delle altre potenze?
Per ora è dato il fatto che a una politica di smantellamento delle risorse destinate al welfare state corrisponde il rafforzamento di quelle indirizzate agli armamenti prodotti da multinazionali, ammantate dalla retorica del “bene supremo della nazione”

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