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Assemblea regionale a Mazzé “Noi siamo sicuri che dire no alla guerra deve significare il ricomporre le lotte: le lotte ambientali con le lotte operaie, con le lotte di tipo sociale”

Pubblichiamo alcuni materiali a caldo in merito all’Assemblea Regionale di Confluenza dal titolo “IL DESTINO DELL’AGRICOLTURA E DEL SUOLO IN PIEMONTE: TRA AGRI-FOTOVOLTAICO E NUCLEARE”, inaugurata dai saluti del Sindaco di Mazzé Marco Formia che ha accolto l’iniziativa al Palaeventi.

Innanzitutto, la trascrizione dell’intervento di Nicoletta Dosio che, nell’ultimo dibattito su “Guerra e Ambientalismo”, ha riportato la centralità dell’opposizione alla guerra, al riarmo, al genocidio in Palestina come elementi fondamentali per costruire lotte capaci di difendere i territori e di costituire una forza in grado di incidere nella foschia del presente.

A seguire i video dei tre momenti di dibattito che hanno avuto l’obiettivo di inquadrare la transizione energetica e i suoi impatti sui territori a partire da due temi centrali oggi, il consumo di suolo legato agli impianti agrivoltaici e il ritorno del nucleare, per concludere con un focus sulla guerra e il riarmo generale.

Segnaliamo anche un articolo che racconta lo svolgimento della giornata pubblicato dal giornale La Voce

Buona lettura e buona visione!


Nicoletta Dosio – Confluenza – Mazzé 12/07/2025

Grazie, sono contenta di essere qui con voi, è l’ennesimo incontro che facciamo sui temi che sono all’ordine del giorno, ma che sono i temi di sempre. Parlare di guerra è vero. Il dramma è che ci si abitui a questa parola, ci si abitui a questo clima, vedendolo ormai come la normalità.
E contro questo c’è una sola risposta possibile e cioè sicuramente la controinformazione, ma anche poi l’impegno per agire concretamente contro la guerra.
Agire concretamente contro la guerra vuol dire sabotare la guerra. E sabotare la guerra vuol dire andare a metterla in discussione là dove sono i punti cardine della guerra stessa.
Intanto la questione della costruzione delle armi, la questione del trasporto delle armi, la questione degli strumenti e delle vie che servono per trasportarle queste armi.
E qui veniamo, partirei proprio da questo tema e cioè dal tema del trasporto degli armamenti, del trasporto delle truppe e questo tocca direttamente quella che è la nostra lotta, la lotta contro il TAV.
Quest’opera che ci è stata imposta e annunciata a fine anni 80 e che abbiamo visto pre-annunciata e poi concretamente messa in campo con la devastazione cantieristica non solo della nostra valle, ma anche di altre parti del nostro paese, questa lotta è più che mai una lotta contro la guerra. Il progetto TAV in Valle di Susa, quando l’hanno ventilato, perché bisogna dire che non ancora un colpo di zappa è stato dato per la realizzazione vera e propria dell’infrastruttura del TAV, che devasterebbe la valle, ma non solo.
Però la valle è già devastata in tanti modi. Intanto con la cantierizzazione. Ci sono ormai cinque cantieri che devastano il territorio, mettono in discussione l’economia della valle, rendono più difficile la possibilità di muoversi in valle e soprattutto hanno militarizzato la valle. Il sentirsi sotto assedio, in valle e quindi il sentire la guerra soffiare sul nostro collo non è solo da oggi. Con l’inizio della prima cantierizzazione vera e propria, ma anche precedentemente, in fondo, eh a partire sicuramente dagli anni 90, noi abbiamo visto la militarizzazione della nostra valle e soprattutto la criminalizzazione delle lotte.
È partita molto presto questa situazione; è partita da fine anni 80 e dai primi anni 90. Compagni già negli anni 90 sono stati uccisi proprio dalla repressione. Voglio ricordare che ieri era l’anniversario della morte, dell’uccisione, di Baleno in carcere. Sole e Baleno sono state le prime vittime di questa repressione.
E la cosa è andata avanti con le denunce nei confronti dei compagni, con l’applicazione concreta fuori dalle regole di quella che era la repressione. Noi in valle, a partire sicuramente dal 2010, quando fu impiantato concretamente il primo periodo dei sondaggi e poi il primo cantiere a Chiomonte, noi fin da allora abbiamo visto agire i tribunali contro di noi, le denunce, i fogli di via, poi il carcere, poi gli arresti domiciliari, poi le multe stratosferiche rispetto a cui le persone davvero si sentono a mani alzate contro qualcosa ed insopportabile.
Le multe stratosferiche che mettono in discussione anche quel poco che possiedi e quindi fanno quasi più paura della repressione attiva con i domiciliari o cose di questo genere.
E quindi da allora noi abbiamo visto applicata nei nostri confronti, e via via nei confronti di tutti coloro che lottavano, quello che noi consideriamo il diritto penale del nemico, applicato concretamente, al di là delle regole, quella che poi è diventata legge con l’attuale decreto sicurezza trasformato in legge.
Già allora, al di là di ogni regola, ma concretamente applicata, noi abbiamo visto mettere in campo tutto quello che lo Stato ha utilizzato per cercare di fermare la lotta.
Immediatamente (ndr: il movimento) ha compreso che questa lotta non era solo una lotta territoriale contro un treno, anche se è partita così, no? contro il treno, perché quel treno voleva dire intanto il taglio di quelli che erano i servizi ferroviari di tutti. A partire dagli anni 90 col famoso piano Necci e la trasformazione delle Ferrovie dello Stato in Spa, hanno cominciato a tagliare quelli che chiamavano i “rami secchi”, che erano invece il trasporto ferroviario utile ai territori. Hanno cominciato a chiudere le stazioni, a privatizzare anche quello che era il rapporto di lavoro dei ferrovieri, che prima era un rapporto di lavoro statale e poi è diventato un rapporto di lavoro privato con tutto quello che la cosa comporta.
Quindi era una lotta per rivendicare quello che era un servizio pubblico, ma anche per rivendicare il diritto alla salute, perché fin da subito abbiamo visto che quest’opera, che avrebbe dovuto andare a scavare una montagna che contiene uranio e amianto, era un grande pericolo per la salute di tutti.
E poi la devastazione anche naturale; il TAV per noi era una lotta in difesa della natura, dell’ambiente, ma anche una lotta in difesa di una società diversa; la lotta in difesa anche di un lavoro che non fosse quello del “produci consuma crepa”, che fosse un lavoro di qualità, quel lavoro di qualità che nella nostra valle ha cominciato ad emigrare fin dai tempi dell’autostrada, quando cominciarono ad andarsene.
Tempi dell’autostrada, parlo di fine anni 70, quando cominciarono ad andarsene quelli che erano i lavori qualificati e furono sostituiti proprio dalle grandi male opere di carattere ambientale.
Tutto questo ha fatto sicuramente crescere la nostra valle, ha ridato un senso di collettività. È vero, bisogna creare, non si può essere la voce che grida nel deserto, bisogna creare lotte comuni, creare la consapevolezza nelle persone.
Quindi l’aspetto della controinformazione è l’altra grande faccia della medaglia che noi abbiamo usato fin da subito contro questo treno, che non era solo un treno, ma era davvero un modello di trasporto a funzionare ad un modello di sviluppo che allora dicevano serviva alla globalizzazione delle merci.
Noi in realtà la ferrovia internazionale ce l’abbiamo in valle, una ferrovia che funzionava benissimo per passeggeri e merci e in tutti questi anni abbiamo visto che le merci non c’erano più, non venivano più trasportate attraverso ferrovia. E l’autostrada che nei periodi clou in cui avevano chiuso il traforo del Monte Bianco vide transitare anche 7.000 Tir al al giorno con un inquinamento pazzesco della valle e quindi il trasporto su ferrovia, che doveva essere il motivo che continuavano a mettere avanti per poter costruire quest’alta velocità ferroviaria, non aveva senso per noi.
Adesso comincia ad avere molto più senso invece il nuovo motivo che viene presentato, quello del trasporto militare. E allora abbiamo anche capito il famoso “corridoio di traffico” . Questi corridoi di traffico cominciarono ad essere messi in campo proprio nel momento in cui nacque la cosiddetta Unione Europea, l’Europa di Maastricht. I corridoi di traffico, quelli che si chiamano “tentative”, prima per passeggeri, poi per merci, [sono] adesso esplicitamente [giustificati] per il trasporto delle armi
E la nostra linea, il corridoio in cui eravamo inseriti, in cui doveva essere inserita la Valle di Susa, indovinate un po’ come si chiamava? Corridoio Lisbona-Kiev.
Allora: Lisbona non c’è più, adesso il corridoio si chiama Mediterraneo, Spagna- Kiev.
Ci chiedevamo perché Kiev, cosa c’entrava. Adesso è chiarissimo che cosa significava quel Kiev ed era l’avanzamento della guerra da ovest verso est e parallelamente da nord verso sud.
Il nostro paese è attraversato, vorrebbe essere attraversato, non solo da questo corridoio che è chiamato corridoio Mediterraneo, ma c’è l’altro corridoio che dovrebbe partire dalla Normandia ed arrivare a Genova, al porto di Genova. E allora si capisce il senso tremendo del famoso terzo valico.
E poi c’è il corridoio scandinavo mediterraneo e in questo, che parte appunto dalla Scandinavia e dovrebbe attraversare il mare attraverso la Danimarca, arrivare in Germania. E dove va a finire? Va a finire nel al Brennero e quindi il traforo del Brennero e quindi i lavori che dovrebbero essere fatti su Bologna e poi via il famoso ponte sullo stretto di Messina.
Il tutto è in un disegno chiarissimo.
Poi c’è l’altro corridoio, quello che dovrebbe toccare i porti di Venezia. di Ravenna, di Rimini e via di Ancona e via dicendo.
Quindi sono corridoi di un sistema di armamenti, di una guerra che si preannuncia più che mai, attraverso cui il capitale cerca di sanare i suoi guasti a spese della devastazione del mondo.
Ed è anche particolarmente significativo come quel concetto di globalizzazione contro cui noi ci scontravamo e ci scontrammo a partire da Genova 2001, adesso torna ad essere declinato invece in senso nazionale. I nazionalismi sono l’altra faccia di una globalizzazione, di un capitale che, vedendo ormai la propria crisi globale cerca di recuperare attraverso la guerra nazionale, attraverso il nazionalismo.
E a questo proposito l’esempio che io sento più che mai vicino è proprio quello della Prima Guerra Mondiale. Era la stessa identica cosa. Allora la lotta era, pensate a Rosa Luxemburg, a Karl Liebknecht, agli anni di carcere che si fecero, alla lotta all’interno della stessa socialdemocrazia tra quelli che poi diventarono i social nazionalisti e quelli che invece avevano una visione molto più ampia e socialmente grande e internazionalista di che cosa doveva essere la lotta di classe.
E tutto questo ritorna ai nostri giorni arricchita da altre tematiche, sicuramente la difesa della vita umana, ma anche la difesa dell’ambiente, perché il capitale ha questa visione che non è più quella dello sfruttamento, non è mai stata quella dello sfruttamento ad anello chiuso, ma è quella della spirale, e quindi si allarga si allarga lo sfruttamento, lo sfruttamento dell’essere umano, lo sfruttamento dell’ambiente, l’uso delle armi, l’uso della sopraffazione degli esseri umani, il genocidio.
Gaza è un genocidio che ha un colore chiaramente economicamente capitalistico. Questa guerra, questa povera, questa gente, questi compagni, queste donne, questi uomini, questi bambini muoiono per gli stessi motivi per cui in tutte le guerre sono morti gli ultimi per fare i soldi ai primi.
E tutto questo non può che farci prendere posizione più che mai netta contro la guerra.
La nostra valle ha una tradizione antimilitarista che non nasce solo da adesso.
Per questo il movimento No TAV non ha avuto alcun problema, anzi si è sentito coinvolto e si sente coinvolto in una lotta contro la guerra
; e sa benissimo la differenza che c’è tra guerra e rivoluzione, che sono due cose completamente diverse, e quindi non dobbiamo confondere i termini. La rivoluzione è fondamentale per cambiarlo questo sistema, una rivoluzione che parta sicuramente da una rivoluzione culturale ma che abbia la capacità di ribaltare la situazione, di ridare voce agli ultimi e di togliere il potere a quei pochi grandi che stanno più che mai diventando i padroni del mondo.
E questo lo possiamo fare soltanto sicuramente mettendo in collegamento le lotte.
Che cosa significa una valle militarizzata? L’abbiamo provato e abbiamo anche provato che cosa significhi vivere in una valle dove esistono le famose opere di interesse strategico.
Anche lì ci chiedevamo com’è che un cantiere di una linea ferroviaria deve diventare un’opera di interesse strategico e quindi viene controllata non solo dai carabinieri e via dicendo, ma dai militari. La nostra valle è stata militarizzata anche in quel senso. Il cantiere di Chiomonte è stato militarizzato. Noi l’abbiamo visto all’interno del cantiere di Chiomonte, al di là dei new jersey erano sovrastati dalla concertina di fabbricazione israeliana. A questo proposito, un compagno palestinese che era venuto a trovarci ha riconosciuto quello che in grande, in molto, in una dimensione molto maggiore la Palestina vive ormai da anni, giorno dopo giorno. Ha riconosciuto proprio il materiale, no? Quella concertina che è quella che abbiamo anche subito e che abbiamo anche visto noi nella nostra valle.
Allora, dentro questo cantiere noi abbiamo visto i militari in partenza o in arrivo dall’Afghanistan; e abbiamo visto gli strumenti di quella guerra, i lince famosi che circolavano all’interno del cantiere e abbiamo scoperto che per questi militari essere presenti al cantiere di Chiomonte significava partecipare ad una campagna di guerra, addirittura abbiamo fatto il gagliardetto per quella campagna di guerra che veniva combattuta all’interno del nostro stesso paese ai danni del popolo della Valle di Susa che era diventato “il nemico”.
E quindi è una situazione rispetto alla quale noi non ci meravigliamo e contro cui continuiamo a combattere. Il movimento su questo è cresciuto sicuramente ed è riuscito a mettere insieme tante realtà che magari erano molto diverse tra di loro, perché la lotta vera e senza mediazioni ha anche questo grande risultato e questo grande pregio di riuscire a creare una resistenza reale fatta dalle persone, legata anche a concetti, a sentimenti che sono non sono quelli del dovere e della semplice solidarietà, ma sono anche quelli della fratellanza, sono anche quelli dell’affetto reciproco, sono anche quelli del senso di responsabilità reciproca, nei confronti delle persone e della natura che ci circonda.
E quindi ecco perché sicuramente il popolo della valle, ma non solo, è in piedi anche contro la guerra e si attiva contro la guerra dalla parte del popolo palestinese, da parte di quegli ultimi del mondo che cercano la possibilità di vivere in questo nostro mondo e che vengo vengono cacciati.
L’assurdo è che la nostra valle, che dovrebbe essere devastata per far passare merci e armamenti, poi non può far passare le persone e quindi su questo noi abbiamo anche acquisito una sensibilità concreta, perché le parole sono belle e sono importanti, ma poi sono i fatti che contano: offrire asilo e accompagnamento dei migranti nel loro viaggio attraverso la valle.
Prima ho visto, si parlava di nucleare. Bene. Anche questo ci ha toccati da vicino perché in valle, su quella ferrovia che per qualcuno non esiste, a partire dal 2011 sono transitati i treni che portavano le scorie nucleari verso la Normandia. Treni che passavano, tra l’altro, senza aver comunicato niente, neanche ai comuni, mentre ci sono delle regole precise. Allora, rispetto a questi treni, noi eravamo riusciti a conoscere il loro passaggio tramite i compagni di Vercelli da cui questi treni partivano e abbiamo deciso di andare lungo la ferrovia non tanto per fermare quei treni, ma per denunciare il fatto che passava il veleno, passava il nucleare nella nostra valle all’insaputa della popolazione, all’insaputa degli stessi sindaci che non erano stati avvertiti.
Bene, io ricordo proprio nel 2011, era un febbraio, abbiamo avuto questa notizia ed eravamo in pochi perché ci siamo attivati alle 2:00 di notte ed andammo in una delle stazioni, a Condove. Eravamo una trentina di persone e ci siamo messi comunque sui binari. Naturalmente arrivarono carabinieri, polizia, eccetera, eccetera; per identificare le persone hanno messo addirittura in piedi, perché portare tutti quanti a Torino in Questura evidentemente era troppo scomodo per loro, una sala fotografica locale e quindi sono arrivati, hanno identificato, fotografato e denunciato tutti quanti quelli che erano presenti.
Dopo questo altre volte siamo scesi sui binari proprio per segnalare la presenza di questi treni di morte. L’altra volta ad Avigliana, dove eravamo diverse centinaia di persone e anche lì contro di noi si alzò la repressione
Come sempre parliamo di repressione, ma parliamo anche di qualcosa di positivo sempre rispetto al nucleare. Noi in valle vincemmo una battaglia contro il mega elettrodotto Grandil Moncenisio Piossasco che doveva essere costruito a cielo aperto con dei tralici che portavano elettricità a 380.000 volt. Contro questo progetto riuscimmo a mettere in piedi il primo comitato popolare, perché le amministrazioni erano un po’ sorde, poi si svegliarono pure loro. Fu il primo comitato popolare in collegamento anche con la parte francese che lottava (adesso questi compagni sono gli stessi che lottano contro il TAV, quindi “Vivre a Maurienne”). Con questi gruppi e riuscimmo a mettere in piedi una lotta reale che riuscì a fermare quell’obbrobrio, quella devastazione dei nostri versanti. Era non solo una lotta contro il mega elettrodotto ma, fin da subito, una lotta contro il nucleare. E difatti quando raccogliamo le firme le raccogliemmo anche contro il nucleare.
Quindi la consapevolezza di come le lotte debbano e non solo possano unirsi per poter vincere è nel DNA della nostra valle e sicuramente è una cosa che ha dato vita, ha dato forza e continua a dare forza a questa nostra lotta contro il TAV.
Noi siamo sicuri che dire no alla guerra deve significare il ricomporre le lotte: le lotte ambientali con le lotte operaie, con le lotte di tipo sociale. Ognuno deve rendersi conto che [questo ricomporre] è essenziale: non solo tutti sono utili nelle lotte, ma tutti sono indispensabili.
E la nostra gioia e la nostra speranza è di vedere che accanto a noi che ormai siamo alla fine della nostra vita, ci sono però i giovani. Giovani per i quali il futuro è più che mai incerto e siamo sicuri che queste lotte dovranno andare avanti, non solo per garantire un futuro a chi verrà dopo di noi ed un presente meno drammatico, ma anche come risarcimento a tante lotte passate che sono finite nel dimenticatoio perché loro, se lo vorremo, se non faremo finta di niente, se non piegheremo la testa davanti a quelli che sembrano invincibili, perché noi ci sentiamo invece sconfitti, se tutto questo succederà, forse riusciremo a vincere e questo mondo riusciremo a renderlo migliore o perlomeno vivibile per noi, per gli altri popoli, per gli alberi, anche per gli animali, perché la vita è una sola.
Lo diceva Rosa Luxemburg che un verme che muore è solo un verme, ma per lui la sua morte è la fine del mondo e quindi anche per loro dobbiamo lottare perché fanno parte della nostra vita.

Ringraziamo Daniele per la trascrizione

Video integrali

1) PRIMA SESSIONE FER E AREE IDONEE

Con introduzione di Daniele Gamba, attivista del Circolo Tavo Burat e Pronatura di Biella su FER e Aree Idonee e intervento di Andrea Maggi, agricoltore di Carisio


2) SECONDA SESSIONE CER E NUCLEARE 

Con introduzione di Angelo Tartaglia, professore emerito di Fisica presso il Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino su CER e nucleare e intervento di Giampiero Godio, referente dell’Osservatorio dei Cittadini sul nucleare del Vercellese e dell’Alessandrino, già tecnico dell’CNEN di Saluggia, ex presidente di Legambiente Piemonte ed esponente di Pro Natura, sulla storia del nucleare nel territorio piemontese.


3) DIBATTITO SU AMBIENTALISMO E GUERRA

Con interventi di Extinction Rebellion e Nicoletta Dosio, Movimento No Tav

Confluenza è proprio questo: un progetto di rete che intende unire le lotte e le istanze grazie a momenti di incontro, di scambio e prospettiva nell’ottica di rafforzare le possibilità per un’attivazione comune. 

Per questi motivi si è rilanciato verso il Festival Alta Felicità a Venaus che si terrà a fine luglio e, nello specifico, alla domenica 27 luglio quando si terranno rispettivamente un dibattito organizzato da Confluenza dal titolo “La transizione ecologica va in guerra: il ritorno del falso mito del nucleare” alle ore 10 e un’assemblea nazionale contro guerra e riarmo e per la fine del genocidio in Palestina dal titolo “Guerra alla guerra alle ore 12.30. Molti altri appuntamenti verranno comunicati verso e oltre l’autunno tramite la rubrica di Confluenza sul sito Infoaut.org/confluenza e sul canale telegram di Confluenza. 

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