
La collina da tutelare: passeggiata No Gronda Est
Riportiamo un breve resoconto della quarta edizione molto partecipata di “La collina da tutelare“, svoltasi domenica 25 maggio tra le colline intorno ad Airali nel chierese, alla quale Confluenza ha partecipato realizzando un’intervista a Carlo Massucco, storico rappresentante del comitato chierese che si oppone da decenni alla costruzione della tangenziale est, oggi denominata “Gronda” (per aggiornamenti : Terre di nessuno).
Un progetto che fa propria la vecchia concezione di uno sviluppo ancorato al cemento, al trasporto su gomma, alla devastazione dei territori, alla mancanza di rispetto della biosfera e di chi la abita.

Alle 9.30 di mattina un centinaio di persone si sono radunate presso la chiesetta di Airali, punto di partenza della camminata tra le colline interessate dal progetto che ne cambierebbe drasticamente la natura, già antropizzata e colpita dai cambiamenti climatici.
Riportiamo di seguito le spiegazioni fornite durante la prima e l’ultima tappa dell’escursione, utili a immergersi nel territorio e a comprendere ciò che comporterebbe il progetto della gronda est.

Prima tappa – Frenare l’antropizzazione delle colline
Durante la prima tappa sono state sottolineate le prove tangibili del cambiamento climatico già in atto in questo territorio. Ciliegi, albicocchi e peschi stanno morendo sempre di più perchè attaccate da un fungo, la monilia, che in primavera inizia a entrare dai rami giovani e dalle foglie, aggravando ogni anno le condizioni della pianta. Il fungo, sopravvivendo agli inverni ormai sempre più caldi, non abbassa la sua carica infettante e attacca la pianta in maniera ancora più aggressiva provocandone la morte.

I ciliegi da frutto sono particolarmente sensibili e per difenderli è necessario ricorrere a trattamenti a base di fungicidi, il che ci fa comprendere quanto tutte le ciliegie che acquistiamo siano pesantemente trattate.
In questa prima tappa iniziamo a scorgere già il luogo dove dovrebbe passare la gronda est, che devasterebbe questa valle già compromessa dai cambiamenti climatici in atto. Un altro esempio a sostegno di questa tesi è il campo di orzo presso il quale abbiamo sostato, dove fino a 5 anni era presente una vigna: segno tangibile di un altro cambiamento del paesaggio.

La zona collinare infatti era tipicamente una zona di vigneti, ma la vigna è diventata una cultura impegnativa che richiede molti trattamenti per sopravvivere. Anche le viti sono soggette a una malattia, la flavescenza: un virus trasmesso da un insetto che ne provoca la morte e per il quale non si è ancora trovato un limitatore. La vigna viene quindi sostituita con un’altra coltura intensiva: i campi di orzo, che sono diffusissimi. La natura del territorio è già molto compromessa dalle attività umane e il progetto della Gronda non andrebbe che a peggiorare drasticamente la situazione.
Ultima tappa – Mettere a critica con i fatti un progetto devastante
Tante persone sostengono che dopo trent’anni di annunci e iniziative il progetto della Gronda non andrà mai in porto. Il Comitato attivo da 30 anni continua comunque a vigilare affinchè questi rimangano delle promesse vuote e il progetto venga cassato definitivamente. La terza tappa prevede una piccola pausa a “metà dell’opera”, da qui si vede la parte centrale della tratta che percorrerebbe la Gronda, la quale partirebbe da San Raffaele Cimena nel gassinese per congiungersi in questo punto bucando due volte la collina.

Nel territorio di Gassino verrebbero create due gallerie che sfocerebbero tra Montaldo e Pavarolo con una serie di implicazioni ancora non conosciute relative al corridoio che la farà congiungere alle autostrade a Chieri. La chiamano Gronda e non più tangenziale est, perchè alla verifica di quanto sarebbe necessario per il passaggio di auto a pagamento, nessuno si sarebbe preso in carico il tronco di tangenziale. Secondo uno studio di Meta la Gronda permetterebbe il passaggio di un numero di veicoli giornalieri che va dai 25 ai 40 mila, il 90% di questi sarà traffico pesante. Il comitato continua a dire di no al progetto sulla base di fatti reali, non di idee e opinioni, e lo studio Meta offre ulteriori appigli indicando che tramite l’opera si scaricherebbe la tangenziale nord di Torino del 2,5 / 3% di traffico: pochissimo! Verrebbe nei fatti scaricata solo una parte di camion che pagherebbe di meno percorrendo questo tragitto, distruggendo però questo territorio già compromesso.

Qui non crescono papaveri a causa del massiccio uso di pesticidi e altre sostanze. Oltre all’inquinamento che causerebbe il passaggio di migliaia di veicoli, nella parte della collina gassinese si andrebbero anche a compromettere le falde acquifere. Secondo un calcolo del comitato, da quando si parla (30 anni fa) di tangenziale est, per studi di fattibilità si è già speso un milione di euro. Quest’ultima fase prevede 100.000 euro per lo studio di Meta (la cui consegna era prevista per febbraio ma non è ancora avvenuta) mentre la Regione ha già sborsato 750.000 euro per il progetto reale; sommando tutte queste cifre per un’opera del genere inserita nel piano di mobilità della Città Metropolitana, si potrebbe realizzare una mobilità alternativa. Con 1 milione di euro il territorio gassinese e quello chierese potrebbero risolvere i problemi di mobilità ristrutturando la ferrovia e creando forme di mobilità alternativa.
Tutte queste criticità e incongruenze vengono ribadite e dettagliate nella ricca intervista qui sotto riportata.
Dalla tipologia di traffico presa in considerazione per giustificare il progetto, al sacrificio di comuni che sperimenterebbero un aumento di passaggio di veicoli a fronte di discutibili vantaggi complessivi dell’opera. Dalla mancanza di un ragionamento che tenga conto dell’attuale riconoscimento MAB (uomo e biosfera) Unesco e relativi fondi in scadenza nel 2026 (e pertanto a rischio di rinnovo per la ingente antropizzazione dell’area e il conseguente disequilibrio arrecato alla biosfera), alla mancanza di una pianificazione legata al trasporto pubblico e alla mobilità dolce.
Un progetto che nella sostanza si basa sul privilegio del transito rispetto alle esigenze dei residenti del territorio.

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