Altri incentivi al fossile. Al via il capacity market
Il Mise entro il 3 luglio varerà un decreto che dovrebbe regolare le remunerazioni ai grandi impianti termoelettrici che si rendono disponibili a fornire energia in caso di problemi di approvvigionamento, il cosiddetto capacity market.
In passato le fonti rinnovabili presentavano una problematica piuttosto significativa e cioè che dipendendo da fattori ambientali e metereologici non sempre permettevano l’emissione dello stesso quantitativo di energia, una variabilità che poteva anche provocare blackout in momenti di picco. In questo senso il capacity market servirebbe per rispondere a questi picchi, tenendo in stand by o a produzione normale le centrali termoelettriche in periodi di bassa richiesta o alta produzione delle rinnovabili e attivandole durante invece i periodi di una richiesta maggiore.
Peccato che ormai le energie rinnovabili hanno raggiunto una capacità di stabilità sufficiente anche grazie alle possibilità di accumulo e stoccaggio dell’energia. Inoltre secondo questo decreto le centrali termo-elettriche avrebbero così accesso a ben due remunerazioni, di fatti gli stessi impianti hanno al contempo la possibilità di accedere oltre al capacity market anche al mercato dell’energia a prezzo calmierato.
Altro che decarbonizzazione, in Italia si incentiverà attraverso questo meccanismo l’apertura di nuovi impianti termo-elettrici a discapito delle energie rinnovabili (che pure presentano i loro limiti ambientali). Non solo, il capacity market è anche in contrasto con le nuove norme Ue che lo considerano una extrema ratio.
Tra le altre insidie che nasconde questo decreto c’è anche il fatto che le remunerazioni per gli impianti “peseranno” sulle bollette dei consumatori per un costo complessivo tra i 900 milioni e 1,4 miliardi l’anno per 15 anni. Uno sproposito senza senso.
Perché dunque andare avanti con un progetto del genere? L’unica risposta plausibile e che ci sono i soliti interessi dell’industria del fossile in ballo e che l’accondiscendenza della politica bipartisan è totale al di là di greenwashing vari e balbettii.
Al Mise di Di Maio probabilmente almeno una delle cinque stelle si è fulminata.
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