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Viaggio nei cantieri del Tav tra mito e realtà. Il sistema “grandi opere” per espropriare, devastare e speculare

Sono passati 30 anni da quando, a inizi anni ’90, nasceva il movimento No Tav in Val di Susa (TO). Parallelamente alla sua storia, emergeva quello che sarebbe diventato il modus operandi di gestione manageriale dei beni comuni, della spesa pubblica, del territorio e della politica in Italia: le “grandi opere”.

Un quantitativo ingente di finanziamenti pubblici è finito negli anni nelle tasche di aziende private (e non) al fine di costruire e gestire beni, infrastrutture e opere considerate “strategiche” per il nostro Paese, come i Treni Alta Velocità. Ma a che punto sono, oggi, i cantieri delle tratte Tav?

Tra mito e realtà. I principali cantieri riguardano il “corridoio 5“, la lunga tratta di trasporto merci e persone che idealmente dovrebbe collegare Lisbona a Kiev, attraversando in Italia la Val di Susa e passando per gran parte della pianura Padana. Idealmente, perchè la maggioranza dei Paesi europei coinvolti non ha nemmeno preso in considerazione la realizzazione della tratta di competenza. All’interno di questo maxi-piano è compreso il tratto di Tav in fase di realizzazione tra Brescia-Verona.

Ulteriori cantieri in fase attuativa o progettuale riguardano il territorio compreso tra Piemonte e Liguria, con il perforamento degli Appennini settentrionali presso il Passo dei Giovi, la Galleria del Brennero, il potenziamento presso il Porto di Trieste, il collegamento Rho-Malpensa, il raddoppio ferroviario Genova-Ventimiglia, il passante di Firenze, l’Alta Velocità Roma-Pescara e poi Pescara-Bari, la tratta Napoli-Bari, l’AV Salerno-Reggio Calabria e, non da ultimo, il Ponte sullo Stretto.

E’ in questo contesto che va compreso l’inasprimento delle pene per chi manifesta contro le “grandi opere”, con un capitolo ad hoc inserito all’interno del DDL Sicurezza.

Val di Susa, Torino. Progetti su larga scala come il Tav sono stati spesso terreno fertile per speculazioni e mafie. Proprio a dicembre 2024 la storica scritta “Tav = Mafia“, apparsa 13 anni fa sul Monte Musinè della Val di Susa e modificata poi in “Tav = Mafie”, è stata cancellata. Un alone di mistero sui mandanti e sugli autori della rimozione è aleggiato per giorni, fin quando la scritta è ricomparsa: “rieccola la storica scritta che accoglie e saluta chi entra ed esce dalla valle ricordando cosa c’è dietro al Tav in Valsusa”, fa sapere il movimento valsusino.

In Val di Susa è evidente lo stato di stagnazione della “grande e inutile opera”. Da quando il progetto Torino-Lione ha iniziato a entrare nelle stanze del Parlamento, sono passati 18 governi. Un numero incalcolabile invece i miliardi di euro di finanziamenti pubblici buttati in studi, progetti, monitoraggi, carotaggi, analisi, senza che venisse mai costruito un centimetro di ferrovia in 30 anni di storia.

In primis grazie alla popolare, vasta, opposizione a questa “grande opera” che avrebbe devastato il territorio e trasformato il tessuto sociale. In secondo luogo perchè ad oggi la speculazione predomina il progetto. E mentre i costi aumentano e le tasche delle aziende coinvolte si ingrossano, la Francia allunga i tempi e l’Unione Europea riduce i finanziamenti.

Una panoramica dei cantieri aperti (e militarizzati) in Val di Susa con Guido Fissore, storico attivista No Tav e valsusino. Ascolta o scarica.

Lonato, Brescia. Un altro progetto mastodontico, composto da 17 km di gallerie e decine di cantieri, è la tratta Tav Brescia-Verona. Qui il progetto non solo è in fase attuativa, con la cantierizzazione di mezza autostrada a4, ma ha già vissuto una serie di gravi problemi realizzativi.

Ultimo su tutti l’enorme voragine (in foto) creatasi a seguito del crollo del terreno sopra i lavori della galleria, all’altezza di Campagna di Lonato (BS). Già in passato nella zona si erano registrate problematiche simili. Ora, dopo mesi di rilievi geologi e studi di esperti, il cantiere Tav è stato paradossalmente circondato da altri tre cantieri, che dovrebbero intervenire per consolidare il terreno.

Il movimento No Tav Brescia-Verona dell’epoca aveva sollevato criticità rispetto al progetto, inserito in un contesto di forte fragilità ambientale e idrogeologica, quali le colline moreniche del Garda.

L’intervista a Sergio Salodini, abitante di Lonato e del Tavolo Ambiente Garda. Ascolta o scarica.

Terzo Valico dei Giovi, Genova. Presso il Passo dei Giovi è in fase di realizzazione da diversi anni il cosiddetto Terzo Valico, il collegamento tra Genova e Milano per mezzo del traforo degli Appennini settentrionali.

Il lavori della ferrovia Genova-Tortona sono ripresi ufficialmente nell’autunno 2012, dopo uno stop di 15 anni da quanto partirono i primi cantieri tra il 1996-97, per una spesa complessiva pari a 10 miliardi di euro (un costo 8 volte superiore rispetto a quello previsto inizialmente) divisi in 6 lotti costruttivi. I lavori a fine anni ’90 si fermarono per truffa aggravata ai danni dello Stato. L’attivazione della linea è stata più volte posticipata ed ora è prevista per il 2027.

Mario Bavastro, circolo Legambiente Val Lemme, che si occupa di questo tema dal 1995, quando vennero presentati i primi progetti Tav Terzo Valico. Ascolta o scarica

da Radio Onda d’Urto

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pubblicato il in Crisi Climaticadi redazioneTag correlati:

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