
Taranto: il sindaco si dimette di fronte alla rabbia dei cittadini per il dossier Ilva
Il sindaco di Taranto Piero Bitetti si è dimesso in seguito alla contestazione da parte dei cittadini sul suo ruolo nel dossier Ilva.
Le dimissioni sono arrivate dopo un incontro molto teso in comune con alcuni rappresentanti dei comitati sul piano per l’ex ILVA, l’acciaieria della città di cui si discute da anni per il suo enorme impatto industriale, ambientale e sociale. E’ probabile che quella di Bitetti sia una mossa per raccogliere un po’ di solidarietà e gettare fango sui comitati. Ma è altrettanto evidente che le contraddizioni delle istituzioni sulla vicenda Ilva stiano diventando sempre più insostenibili.
Di seguito riprendiamo un comunicato di Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti che spiega lo stato dell’arte della vicenda ed il contesto in cui è maturata la contestazione:
Fra le dichiarazioni variabili, come l’equilibrio mai raggiunto con il suo PD, il Governatore di Puglia una cosa rispondente a verità l’ha detta:
Mai nessun partito o sindacato, ammesso alla contrattazione, gli ha chiesto la chiusura della fabbrica.
Questo a riprova di una totale mancanza di interesse a tutelare la classe lavoratrice, in termini di sicurezza e salute ma prima di tutto in termini di rispetto per un pensiero diverso che pure, soprattutto dal 2012 in poi, ha preso piede dentro e fuori dallo stabilimento.
Al profondo disagio del ricatto occupazionale, politici tutti e sindacati, hanno preferito accentuare il solco fra operai e cittadinǝ, invece di cogliere l’opportunità offerta dalle grandi mobilitazioni collettive post sequestro e accorciare le distanze fra “il lavoratore che persevera in un lavoro che uccide” e una cittadinanza che diventa consapevole del danno subito.
Alimentare la guerra fra poveri ha prodotto la confusione che regna ancora oggi circa le condizioni reali dello stabilimento e le posizioni operaie.
Le ultime assemblee hanno sancito ulteriormente fra i tesserati la convinzione che tutto è deciso, nell’indifferenza totale alle opinioni espresse e alle mani alzate, in una pseudo votazione.
Operai e cittadinǝ restano utili soggetti da strumentalizzare per mantenere produttivi gli impianti del tesseramento e quindi del potere, ancora più utili se disumanizzati in quanto poco eruditi o, addirittura, inclini ad emettere suoni animaleschi per esprimersi.
Condividendone ogni parola, riportiamo le riflessioni di un operaio di Acciaierie d’Italia, indirizzate ai sindacati durante l’ultima assemblea in fabbrica:
“Partiamo da un presupposto…Se il governo o chi per lui, ha deciso “finalmente” di decarbonizzare questo stabilimento è perché si sta ammettendo che la produzione a carbone è impattante sia per la nostra salute che per quella dei cittadini che vivono vicino allo stabilimento. Però allo stesso tempo, finché non avverrà questa fantomatica riconversione, potremo continuare a produrre 6 milioni di tonnellate, col carbone, che come detto è stato ritenuto impattante sia e soprattutto per noi lavoratori che per i cittadini. Quindi, per non so quanti anni, hanno deciso che possiamo ammalarci per la siderurgia italiana.
Almeno ci facessero un monumento, come si fa per i caduti in guerra. Invece niente, ci tocca abbassare la testa di fronte ai manifesti che ogni mattina vediamo fuori alle portinerie.
Da cittadino potrei parlarvi dei reparti oncologici sempre pieni, delle giornate di tramontana che oltre a portare aria fresca portano polveri e fumi nocivi sulla città.
Ma a chi parlo? Se non siamo capaci di pretendere la nostra salute dentro la fabbrica, come possiamo pretendere quella di chi questa fabbrica la subisce senza nemmeno lavorarci.
Detto questo ora vorrei capire come si intende proseguire. Negli ultimi 13 anni, dopo le “svariate lotte” si è passati da un organico di 10500 persone ad un organico di 5/6mila persone. Ma fondamentalmente cosa “abbiamo” salvato? La produzione a valle dello stabilimento di Taranto è stata azzerata! Dopo la morte dei tubifici, è toccato ai laminatoi ormai ridotti ad un letamaio di merde di colombi. Gli scioperi che sono stati indetti periodicamente a cosa sono serviti? A garantire quel minimo di produzione a caldo per servire i signori di Genova che ancora oggi producono i prodotti finiti.
In poche parole, noi facciamo il lavoro sporco e a Genova fanno quello pulito.
Tutto questo avveniva e avviene ancora nel più totale silenzio di questi signori seduti qui che da anni hanno fatto si che l’area a freddo di Taranto venisse definitivamente distrutta. E ricordiamoci che gli scioperi e i vari blocchi sono stati sempre fatti principalmente dagli operatori delle aree a freddo, dato che quelli dell’area a caldo non si potevano fermare e sappiamo bene il perché.
Si parla di continuità produttiva necessaria per la produzione. Ma quale produzione?
Quella a freddo di Genova? È questa la siderurgia italiana salvata grazie a Taranto?
Queste parole pronunciate durante un congresso della CISL dal ministro Urso, sono state accolte da un lungo applauso. Ma in quel congresso c’era un tarantino, c’era un nostro operaio? Ve lo dico io, no! Da sempre decidono sulla nostra pelle. Noi diamo il CULO e l’Italia GODE!
Ora, e poi concludo, alcune domande:
-Quanti investimenti sono previsti per l’area a freddo di Taranto, dato che si intende produrre 6 milioni di tonnellate di caldo,siano essi a carbone o coi forni elettrici? Genova non può lavorare più di 2 milioni di freddo;
-Se non ci sono investimenti per l’area a freddo di Taranto, chi lavorerà questo caldo?
-Posso anche pensare che non torneremo mai a produrre 6 milioni di caldo, e me lo auguro, e che quindi questa è solo una strategia per APPIOPPARCI una nave rigassificatrice che a tutto servirá tranne che per i forni elettrici?
Quando deciderete di lottare realmente per i lavoratori di Taranto?
Quando riuscirete a non farvi pisciare in testa dalle segreterie nazionali?
Quando riuscirete a portare avanti una vera causa COLLETTIVA?
Perché sulle cause individuali nessuno può discutere il vostro operato. A far spostare di reparto chi ne ha bisogno siete bravissimi. A far avere un avanzamento siete bravissimi. Ma sulle cause collettive signori miei, sulla vertenza salute/lavoro siete stati un completo fallimento e prova ne è che dopo 13 anni siamo qui a dirci sempre le stesse cose a differenza che oggi siamo la metà.
Ora mi raccomando, riproponete un altro referendum, e voi mi raccomando, votate di nuovo per il 93% SI, cosí saremo “noi” di nuovo la causa di 3000 esuberi…sperando sempre che non tocchi a noi essere un esubero o un malato di tumore
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