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Mondiali: anche un “nero” può essere “civile”

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Dopo l’esordio del Senegal ai mondiali è diventato virale il video dei suoi tifosi che puliscono il settore dello stadio che li aveva ospitati per assistere alla partita. Il video è circolato in rete ed è stato condiviso da molte pagine e gruppi di appassionati di calcio, ma non solo. Addirittura le immagini hanno scatenato un effetto imitazione, tanto è vero che nelle ore successive sono saltati fuori altri video che riprendono tifosi giapponesi e tifosi uruguaiani fare lo stesso al termine delle sfide in cui erano impegnate le proprie nazionali.

Ora non crediamo certo ci sia un solo modo di assistere al calcio e viversi lo stadio. Non è contro l’iniziativa in se che ci scagliamo, ma ci interessa mettere a critica i meccanismi che, forse, l’hanno prodotta, ma soprattutto i meccanismi comunicativi che ha poi attivato. La viralità dei video, soprattutto nel caso dei senegalesi, e i commenti che ne sono seguiti, crediamo meritino un commento netto.

Il video è rimbalzato soprattutto in tantissime pagine e gruppi che hanno in qualche modo un immaginario di “sinistra”, ma addirittura a condividerlo sono state alcune pagine che si rifanno esplicitamente all’immaginario e al mondo ultras e che raccolgono le immagini del tifo e delle curve. Tralasciando che per quest’ultime il più delle volte si ospitano immagini in cui i seggiolini volano in aria e non certo ripuliti, a colpire sono i commenti correlati a queste immagini. La parola usata quasi come un mantra è stata “civiltà”. “Esempio di civiltà”, “lezione di civiltà” e così via.

Commenti che ci sembra facciano cadere la maschera e mettano a nudo tutta la cultura coloniale di una certa “sinistra” e di quanti ad essa, in qualche modo, fanno riferimento. Per dirla in maniera brutale, dietro questi commenti c’è tutta la logica per cui i “neri” devono per forza di cose dimostrare con azioni, dai “bianchi” ritenute civili, di adattarsi alle regole di buoni occidentali, in quanto inevitabilmente superiori.

Qualcosa che, a guardarla in profondità, si rivela del tutto speculare al pensiero di Salvini. E del resto quante volte ci siamo soffermati ad analizzare quanto, in parte, il pensiero incarnato dal leader leghista sia anche il naturale frutto di un certo “buonismo civista di sinistra”?!

Ma c’è di più. Per questa logica e per questa scuola di pensiero i “neri” sono buoni quando abbassano la testa. Quando possono essere messi a valore. Basta guardare la pratica schifosa del volontariato come presunta forma di integrazione. I migranti, per dimostrare di essere integrati, devono pulire in maniera gratuita le strade e i marciapiedi.

Insomma, fin quando puliscono la merda dei bianchi e stanno li buoni vanno bene. Ma guai ad alzare la testa e ribellarsi. Guai decidere di non voler più subire o scendere in strada perché ti sparano addosso. A quel punto una fioriera torna ad essere più importante di una vita “nera”. Firenze docet. Se accade, tornano ad essere i “neri” barbari e incivili che sono sempre stati.

 

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