Torino #SenzaCasaNonSOStare, occupata l’anagrafe verso il 18 Marzo
Oggi, venerdì 3 marzo, abbiamo deciso di intraprendere una nuova ed importantissima lotta come famiglie dello Spazio Popolare Neruda: ottenere la residenza nel posto in cui abitiamo, l’occupazione di Corso Cirié 7.
Avere la residenza nel luogo in cui si vive può sembrare un diritto scontato, ma non averla rende di fatto inaccessibile una grande quantità di altri diritti assolutamente essenziali, dall’avere il medico di base, all’iscrizione dei nostri figli nelle scuole del quartiere, l’affidamento ai servizi sociali, l’ottenimento del permesso di soggiorno e anche la compilazione dell’ISEE.
A Torino, nella nostra città, ci sono migliaia di persone che vivono all’interno di stabili o case occupate, a causa dell’impossibilità di pagare affitti sempre più alti in una situazione di crisi economica che colpisce fette sempre più grosse di popolazione, in un contesto in cui gli aiuti sociali sono ormai inesistenti e l’unico modo che le istituzioni hanno di rispondere al problema è con l’ordine pubblico, senza assumersene la responsabilità politica. Gli sfratti nella nostra città sono quasi 4000 e le case popolari vengono date solo al 10% di chi fa richieste valide.
Oltre a una situazione di precarietà esistenziale, quello che accomuna tutti e tutte noi occupanti è proprio non avere la residenza. O meglio, non avere la residenza nella propria casa. Ci troviamo spesso nella situazione di non poter ricevere una lettera, non poter farci prescrivere gli antibiotici per la febbre, andare dagli assistenti sociali e non poter essere assistiti. Però d’altra parte tutte le volte che andiamo all’anagrafe e al comune ci viene proposta la residenza in casa comunale. Si tratta di una residenza fittizia, utile solo alle istituzioni a togliersi la responsabilità di dover dare risposte a chi chiede diritti.
Ciò che ci impedisce di avere la residenza sono sostanzialmente due cose: l’articolo 5 del Piano Casa Renzi-Lupi e la cancellazione degli indirizzi dei posti occupati nei database dell’anagrafe di Torino, dovuta ad accordi interni al comune.
Oggi siamo andati proprio all’anagrafe a chiedere che gli indirizzi dei posti occupati vengano reinseriti nei database, e a chiedere conto di queste scelte a chi ne è responsabile. Fin da subito la risposta è stata chiamare per l’ennesima volta la forza pubblica, ma non ci siamo fatti intimidire e abbiamo preteso di parlare con un dirigente o un rappresentante del comune. Solo dopo un po’ dagli uffici è sceso Ferrari, presentatosi come dirigente dell’anagrafe, che non solo non ha voluto dare spiegazioni sulla cancellazione degli indirizzi, ma non ha nemmeno voluto esporsi sulla questione della residenza se non in via del tutto personale, giustificandosi dicendo che è un mero esecutore della legge. Una legge che noi riteniamo ingiusta se continua a vietare a moltissime donne, uomini e bambini innumerevoli diritti fondamentali. Insoddisfatti dalle misere risposte del dirigente e dell’atteggiamento attendista della nuova giunta, ci siamo spostati in corteo verso l’assessorato alle politiche pubbliche in via Giulio che abbiamo trovato sbarrato e militarizzato.
La risposta militare alle nostre richieste messa in atto dalle istituzioni non ci intimidisce ne spaventa, forti del fatto che siamo determinati a prenderci quello che ci spetta. Quello che inoltre ci ha dato forza è stata la solidarietà delle persone che abbiamo incontrato durante la mattinata.
Quindi continueremo a portare avanti questa campagna fino a quando sarà necessario. Un prossimo passo sarà sicuramente scendere in piazza il 18 marzo al corteo contro i padroni della città: banche, istituzioni, speculatori e palazzinari.
Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.