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Capire, camminare, costruire. Lettera di Giorgio dal carcere, ora ai domiciliari

Di seguito pubblichiamo l’ultima lettera che ha inviato Giorgio dal carcere che approfondisce le condizioni di vita dei detenuti e le mobilitazioni che ci sono state negli ultimi mesi.

La lettera è del 6 novembre, nel frattempo Giorgio da un paio di giorni è stato trasferito ai domiciliari con tutte le restrizioni dopo oltre 8 mesi di detenzione cautelare in carcere. Buona lettura!

Da diversi mesi non scrivo lettere. Il tempo scorre rapidamente nel tran tran carcerario, ma un giorno di tranquillità non c’è mai. La sezione dove sono, la quinta, è un via vai incessante di prigionieri e di avvenimenti.

Episodi di tutti i tipi: litigi per futili motivi di convivenza in spazi ristretti, episodi incresciosi, incomprensioni tra etnie diverse. Oggi nella quinta sezione sono presenti 18 italiani, 4 albanesi, 5 senegalesi, 10 arabi, 2 georgiani, 2 slavi, 2 romeni.

Fare una riunione ogni quindici giorni per mantenere comportamenti corretti tra di noi, codici di relazione adeguati al contesto, isolare o qualche volta allontanare, con le buone se possibile chi non si attiene alle decisioni prese o non è gradito per essersi “macchiato” di reati odiosi. Non ci sono solo rose qui, ma anche tante spine.

Costruire una rete di prigionieri che abbia fiducia nell’agire collettivo non è facile. Individuare soggetti di riferimento per costruire livelli di autorganizzazione per risolvere da soli i problemi, grandi e piccoli che siano, richiede tempi lunghi e tortuosi. Tra i prigionieri “attivi” ci sono differenze tra chi “impegnato” lo fa per altruismo e vocazione antistituzionale e chi è “interessato” a guadagnare punti, nella speranza, per nulla scontata, che ciò porti a benefici nelle relazioni dei vari educatori o nella concertazione tra custodi e custoditi.

Continua inesorabile lo stillicidio di suicidi nelle carceri: ad oggi sono 75. Solo a Torino ben 3 negli ultimi mesi. In un carcere metropolitano come le “Vallette” si addensano così gravi contraddizioni, patologie e dipendenze, che producono dentro la macchina opprimente della sorveglianza malattie, psicosi, depressioni ed in alcuni casi morte.

Domenica 24 luglio al Blocco C si era impiccato un 38enne pakistano, Nuamad Khan, con patologie psichiatriche. La notte di ferragosto Alessandro Gaffoglio, 24 anni, al suo primo arresto, si è soffocato con un sacchetto di nylon al Blocco A in una sezione di medio o basso rischio psichiatrico. Era stato portato lì dopo aver cercato di togliersi la vita al Blocco B, alla decima sezione Nuovi Giunti, dove le prime quattro celle sono per i “detenuti problematici”, celle prive di tutto con il blindo chiuso, isolati e senza possibilità di andare all’aria. Quella volta il segretario della UIL Polizia Penitenziaria ci aveva deliziato, miserabile sciacallo, con queste righe in un comunicato stampa: “… Questo suicidio è ascrivibile, in parte, al fallimento del modello detentivo che con la falsa denominazione di sorveglianza dinamica viene attuata con celle aperte con ristretti (Ndr – Noi) per lo più in ozio e sottoposti a vigilanza irrisoria…”

Venerdì 28 ottobre dopo l’apertura delle celle, verso le 8, due prigionieri della quinta e settima sezione, che fanno parte del gruppo di sostegno interno al Blocco B (gruppo volontario ed autogestito che si occupa di organizzare attività sportive e di assistenza) sono saliti al terzo piano “Nuovi Giunti” per invitare chi vuole ad andare in palestra. Mentre passavano di cella in cella dopo aver aperto un blindo socchiuso si sono accorti che un giovane del Gambia, Tecca Gimbe, penzolava con un cappio al collo appeso alla plafoniera del neon e si era “lasciato andare” dal letto a castello. Era chiuso in cella da solo. Sono accorsi agenti ed infermieri ma non c’è stato nulla da fare nonostante il massaggio cardiaco attuato.

Al pomeriggio ascoltando la trasmissione “Aria” su Radio Blackout abbiamo saputo del presidio organizzato per domenica 30 nel pratone esterno. Sabato all’aria abbiamo chiacchierato per capire cosa fare, si è deciso di fare la battitura alle 17:30 – 18 di domenica. Alla quinta sezione si è preparato uno striscione con un lenzuolo tagliato in sei riquadri, con la colla fatta con acqua, farina, zucchero e dentrificio (mah…), con le lettere ricavate con i sacchi neri della spazzatura a formare la scritta “Basta Morti!!!”. Appenderlo è stata un’impresa lunga e macchinosa, oltre le sbarre c’è una griglia che occupa tutta la superfice dei finestroni.

A fine agosto abbiamo saputo dello sciopero a staffetta in corso al padiglione femminile, così insieme ai prigionieri più “impegnati” con cui vado all’aria (quattro sezioni su dodici del Blocco B), alcuni che si ricordano delle lotte degli anni 70/80, altri più rappresentativi delle varie etnie, abbiamo organizzato lo sciopero del carrello. Ogni giorno a rotazione, una sezione su otto, rifiutava a colazione, pranzo e cena il carrello. Non abbiamo coinvolto il terzo piano dove ci sono i Nuovi Giunti, perchè essendo appena arrivati non hanno le possibilità per rifiutare il carrello. Lo sciopero è riuscito bene in tutte le sezioni, con un buon livello di autogestione, garantendo che gli “indigenti” (coloro che non possono fare la spesa) usufruissero dei pasti collettivi.

La Cassa Antirepressiva a settembre ci ha spedito una petizione da far girare e firmare. Le richieste andavano dall’abolizione dell’ergastolo ostativo, del 41 bis e della recidiva infraquinquennale ex art.99, fino al ripristino del 75 giorni di liberazione anticipata, ai colloqui intimi ed alla concessione permanente delle dieci telefonate mensili. I prigionieri più “impegnati” si sono dati da fare per la circolazione tra tutte le dodici sezioni del blocco con il risultato finale di 250 firme. Non male…

A fine luglio è arrivata dal carcere di Sulmona la nuova comandante della Polizia Penitenziaria per occupare il posto rimasto vacante dopo che il precedente comandante era stato implicato nel processo per torture sui detenuti. La sua nomina è stata salutata come molto positiva dalla solita cordata dei sindacatini della Polizia Penitenziaria che fanno lobby sperando nella costituzione di gruppi di intervento rapidi di agenti addestrati, anche col taser, contro alcuni gesti di insofferenza ingigantiti ad arte. Adesso stiamo riflettendo sulla necessità di mobilitarci nel mese di dicembre, cercando di coinvolgere anche gli altri blocchi del carcere.

Un grazie da tutto il Blocco B per i presidi.

Un saluto per tutti i compagni e le compagne dell’Associazione a Resistere che dell’autonomia e del contropotere fa la propria via maestra.

Un saluto a tutto il movimento No Tav, a coloro che fanno vivere i Mulini in Clarea, al presidio di San Didero e un invito a non spaventarsi per quanto avvenuto al presidio di Venaus.

Ringrazio tutti coloro che mi spediscono cartoline, lettere, giornali e libri vari.

Un abbraccio prigioniero,

Torino 6 novembre 2022

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