Torture al carcere di Biella. Lo Stato protegge i suoi apparati.
È di questi giorni la notizia che un agente della polizia penitenziaria di Biella sia stato arrestato e altri 27 sospesi dal servizio per ordine della Procura della provincia piemontese, per il reato di tortura sui detenuti nella casa circondariale di via dei Tigli.
Questa notizia, non stupisce ma sicuramente indigna profondamente, nelle carte della procura e dai resoconti dei giornali locali emergono violenze e vessazioni contro i detenuti, in particolare alcuni detenuti pare siano stati legati con corde e seviziati dagli agenti. Addirittura alcuni sembra, dando credito alle dichiarazioni degli stessi detenuti, siano stati obbligati a comprare droga dando in cambio la fede nuziale. Violenze continuate non solo sotto le telecamente nei corridoi e nelle rotonde, ma anche dentro le celle.
Stupisce come in un caso così grave, la magistratura dimostri sempre come il suo agire sia retto dal principio “due pesi due misure” quando si tratta di giudicare gli apparati dello stato. Infatti di fronte a torture e pestaggi viene effettuato un arresto ai domiciliari e sospensioni dal servizio, che non ci stupirà se dureranno qualche giorno o poco più. In questo paese è normale mettere in galera le persone per reati bagatellari o dettati dal bisogno di sostentarsi di fronte alla miseria e invece trattare con i guanti assassini e torturatori in divisa.
Il carcere di Biella non è nuovo a questo tipo di “scandali”, che sono frequenti e ricorrenti e probabilmente hanno indotto la procura a mettere qualche toppa di fronte ad una situazione ingestibile anche dal punto di vista dello stesso Stato.
Infatti nei mesi scorsi, la direttrice Tullia Ardito, il comandante della penitenziaria Trinchero e la dottoressa Zaldera erano finiti indagati perché accusati di utilizzare i tamponi per il covid destinati ai detenuti per i loro interessi privati. Anche lì furono indagati decine di agenti e sanitari e la direttrice venne traferita al carcere di Marassi a Genova.Ancora, qualche mese fa, diversi agenti sono stati indagati perché sospettati di gestire il traffico di droga all’interno del carcere biellese e che smerciassero cellulari e tablet ai detenuti.
Il carcere di Biella è una struttura costruita con l’idea di punire i detenuti, e i secondini che ci lavorano sembrano aver pensato di dover aggiungere il loro carico di angherie e ingiustizie, come se non bastassero le “normali” condizioni di fatiscenza del carcere.
Non ci stupisce neanche che il fascista biellese e sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro, non si sia accorto di niente durante la sua recente visita dentro il carcere. Anzi le sue uniche preoccupazioni, stando alle dichiarazioni dei giornali, pare si siano rivolte ad aumentare il personale e a trovare un nuovo direttore. Sarà che il sottosegretario Delmastro non è nuovo a questo tipo di “opacità” quando si tratta di parlare delle torture in carcere, viste le sue dichiarazioni di sostegno ai secondini torituratori e assassini di Modena e Santa Maria Capua a Vetere.
Da noto squadrista locale, il buon Delmastro, non sembra aver cambiato la sua natura nonostante il salto parlamentare e come federale della Meloni, e ne è la dimostrazione plastica la sua ultima formidabile performance con il suo caro amico Donizzelli. Chi abita a Biella, conosce bene questo tipo di fascisti in doppio petto, e difficilmente si sarà stupito del ruolo miserando giocato dal “principe del Foro” biellese, nella vicenda Cospito. Per alcuni fascisti “di strada” ripuliti per la politica di palazzo, il 41 bis non è abbastanza per torturare i detenuti; pare sia meglio per loro rincarar la dose.
Già negli anni passati il carcere di Biella era obiettivo di campagne di protesta di comitati come la rete Sprigioniamo i Diritti Biella. Inoltre, i percorsi di lotta anticarceraria portarono ad un grande corteo sfociato in scontri sotto il carcere all’inizio degli anni 2000. Diverse negli anni sono state le campagne sia dei detenuti all’interno del carcere, che dei militanti fuori. Fra tutti va ricordato l’impegno della militante comunista da poco scomparsa Giuseppina Bianchi, sempre in prima fila nella difesa dei diritti dei detenuti e delle detenute.
È importante restituire l’immagine della parte sana di Biella che non si rassegna alle ingiustizie che vengono portate avanti nel carcere locale, perché solo la lotta può fermare queste situazioni inumane.
La situazione nelle carceri piemontesi è in costante peggioramento e il carcere di Biella è solo l’ultimo in cui vengono documentate torture dopo Torino e Ivrea.
Vogliamo verità e giustizia per i detenuti e le detenute del carcere di Biella!
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