Migliaia di persone nella carovana migrante verso gli Stati Uniti: forzate le frontiere
Migliaia di persone ancora in marcia verso gli stati uniti. Forzato il confine messicano, il governo guatemalteco dichiara di voler garantire rimpatri sicuri ma la carovana non si ferma.
Continua la marcia partita più di una settimana fa da San Pedro Sulas, in Honduras.
Nella giornata di ieri migliaia di persone hanno raggiunto il confine messicano. Partiti in 160, i migranti honduregni sono diventati circa 3mila da quanto raccontato dai media locali, numeri probabilmente ridimensionati per scoraggiare la popolazione sudamericana ad unirsi alla carovana. Si sono aggiunti infatti durante la marcia cittadini guatemaltechi e dello stato di El Salvador.
La carovana, prima di forzare il confine con il Messico, si è riunita in un parco della città di confine di Ciudad Hidalgo formando una immensa assemblea che per alzata di mano ha votato la prosecuzione della marcia.
Sono seguiti scontri con la polizia messicana in antisommossa che nonostante i lanci di gas lacrimogeni non è riuscita a impedire che i migranti, aiutandosi con un lancio di pietre, abbattessero le reti poste a difesa del confine. “Siamo honduregni, non siamo trafficanti, siamo migranti” gridavano i partecipanti alla carovana mentre passavo il confine.
Alcuni migranti hanno deciso di staccarsi dal grosso della carovana e di entrare in Messico attraversando il fiume Suchiate.
Dopo una riunione fra governo messicano, guatemalteco e honduregno vengono promessi rimpatri sicuri per i partecipanti alla carovana e aiuti verso l’Honduras: i migranti però non si fidano e continuano il cammino verso gli Stati Uniti. Si diffonde invece la preoccupazione per coloro che hanno accettato il rimpatrio e sono saliti sui pullman poiché di loro non si hanno notizie.
Donald Trump intanto promette di mobilitare l’esercito nel caso in cui il Messico non riesca a rispedire indietro i migranti. Già lo scorso martedì il presidente aveva minacciato di togliere gli aiuti allo stato dell’Honduras se la carovana non fosse stata bloccata.
Martedì è stato arrestato al confine col Guatemala un ex deputato in Honduras ritenuto responsabile della carovana, rispedito poi nel proprio paese.
In tutti i paesi attraversati la carovana ha invece ricevuto solidarietà e sostegno dalla popolazione. Acqua e cibo sono stati forniti dai solidali.
A Tegucigalpa, la capitale dell’Honduras, due giorni fa centinaia di persone hanno marciato a sostegno della carovana. Circa 1.500 manifestanti, secondo le stime della stampa locale, hanno raggiunto l’ambasciata americana, dove hanno bruciato una bandiera statunitense contro le dichiarazioni di Trump.
Pioggia e caldo. I migranti attraversano città e foreste camminando più di otto ore al giorno. Fuggono da un paese in cui la popolazione è in condizioni disperate e vive in estrema povertà, sotto un governo compromesso e sovrapposto alle bande criminali che controllano il narcotraffico. Questa non è la prima carovana che cerca di raggiungere gli Stati Uniti e sono più di 500mila le persone che ogni anno attraversano il confine meridionale del Messico per raggiungere gli USA.
“Si, si può! Si lo abbiamo fatto!” è il grido che accompagna la marcia in queste ore.
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