Confermato l’arresto dell’antifascista russo Alexei Gaskarov
Il 19 giugno i giudici del tribunale di Mosca hanno confermato la sentenza del tribunale di Basmanny, adducendo delle motivazioni assurde, come il fatto che Gaskarov possa mettere in atto complotti, fare pressione sui due testimoni dell’accusa o uscire dal paese in quanto possiede il passaporto per viaggiare all’estero. La difesa ha dimostrato che durante le misure cautelari precedenti ai fatti descritti, Alexei non ha mai tentato la fuga, anzi, ha lavorato regolarmente e ha anche presentato la denuncia per i pestaggi del 6 maggio: tutte queste argomentazioni non sono state prese in considerazione. Inoltre, gli avvocati hanno denunciato il fatto che nel carcere detentivo ad Alexei al posto della soluzione per le lenti, hanno dato un liquido che gli ha causato la perdita della vista per due giorni.
Nel 2010 Gaskarov era stato arrestato e detenuto in via preventiva con accuse di aver organizzato e partecipato al raid negli uffici del Comune di Khimki. L’azione fa parte del quadro di proteste contro la distruzione del bosco di Khimki, al posto del quale il governo vuole costruire un’autostrada. Dopo tre mesi in carcere senza una chiara accusa, Alexei Gaskarov è stato rilasciato. In seguito alla sua assoluzione, Gaskarov è stato preso di mira dal Dipartimento E (anti-estremismo) della Polizia, il quale tenta di far pressione e intimidire l’attivista. Il suo caso è solo uno dei tanti nella Russia di Putin, dove ogni movimento sociale o forma di opposizione va distrutta anche con i mezzi più brutali, ma la domanda da farsi è: quanto può durare questa strategia miope del governo?
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