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Le “eroiche” gesta oltre confine dei fascisti di Casapound

Partiamo da un presupposto che serve a chiarire tutta la vicenda: il 23 maggio a Gorizia si è svolto un corteo di neofascisti di Casapound in ricordo dei cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale. I fascisti del terzo millennio insomma volevano ricordare a modo loro uno dei più grandi massacri della storia, urlando a gran voce “dalle trincee un esempio per rinascere”.

Nonostante i pullman venuti da tutta italia, i loro numeri erano abbastanza esigui rispetto al grosso corteo degli antifascisti italiani e sloveni che ha sfilato nel centro cittadino relegando Iannone &co. in una piazza della periferia goriziana.

A corteo finito 14 camerati hanno deciso di fare una azione che desse lustro al loro indomito coraggio, ovvero passare il confine e dirigersi sul versante sloveno del monte Cocusso per rimuovere le pietre bianche che componevano la scritta “Tito”. Tale scritta, una delle tante nella zona, è stata creata il 25 aprile scorso, nella ricorrenza dei 70 anni dalla liberazione dal nazifascismo in ricordo della feroce resistenza che i partitigiani titini opposero alle truppe tedesche.

Mentre i fascisti di Casapound, tra cui alcuni minorenni, erano intenti a rimuovere le pietre, un abitante del luogo si è messo in mezzo, ricevendo numerose botte e sassate. I fascisti, orgogliosi della loro grande azione militare, non si sono accorti che nel mentre sopraggiungeva un cacciatore dai boschi li intorno. Un cacciatore ovviamente dotato di fucile calibro 12 che non ha esitato a puntare contro gli ardimentosi fascisti del nuovo millennio. Costoro, fedeli alla loro storia di vigliaccheria, hanno provato a darsela a gambe, ma in 7 sono stati catturati dal cacciatore e consegnati ad un vicino posto di polizia che, dopo averli identificati, li ha rilasciati poiché la scritta non è un monumento nazionale e deturparla non costituisce reato. Le scritte inneggianti al Maresciallo Tito vengono infatti costruite dalle comunità locali e gli abitanti della zona le custodiscono come patrimonio storico e, a giudicare da questa vicenda, lo fanno anche molto bene.

Insomma, i neofascisti vanno a Gorizia a comemmorare la prima guerra mondiale e si ritrovano a commemorare la seconda. Come recita la canzone “festa grande d’aprile”, “quando un repubblichino omaggia un germano, alza la mano destra è il saluto romano, ma poi quando incontra i partigiani per salutare alza entrambe le mani”. Ci piace immaginarceli così questi sette camerati, in fila indiana con le mani ben alzate che camminano davanti ad un fucile puntato sulle loro schiene, attraversando il paesino a testa bassa tra gli sguardi di scherno della gente.

La scritta verrà presto ripristinata, Tito si sarà fatto una grassa risata ovunque si trovi e i neofascisti sono tornati a casa con le pive nel sacco…

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