InfoAut
Immagine di copertina per il post

Anche Marx bloccherebbe le strade. Piccola nota sul 9 dicembre

Il quartiere è uno dei luoghi, puro e semplice, dove ancora si pensa di potersi fidare di qualcuno; e il luogo di condensazione delle relazioni sociali del quartiere è proprio il piccolo commercio: bar, panetterie, centri commerciali, negozi. No, le sedi dei partiti democratici o microcomunisti no. Sorry. Molto spesso, neanche i centri sociali che, se non chiedono la tessera, operano sovente una silenziosa, e perciò ancora più odiosa, selezione all’ingresso sulla base dei codici culturali e del look. È così che i commercianti e i mercatari, più che aver totalizzato l’egemonia politica sulla protesta, hanno messo più o meno consapevolmente a disposizione (con esiti andati ben al di là delle loro intenzioni, almeno nelle aree metropolitane del nord) le potenzialità del loro ruolo sociale, facendo scorrere per settimane, assieme alle merci, anche il passaparola sul #9D. Qui si situa il primo problema: quando diversi strati sociali condividono la sofferenza o la rabbia, bisogna stare molto attenti a snobbare l’inizio, perché se è frequente, nella storia, che uno strato sociale si accodi all’altro (e non sempre è chi sta più in basso a iniziare) ben più difficile è che chi ha fatto lo snob o il moralista all’inizio venga accolto a braccia aperte quando dovesse accodarsi in seconda istanza.

Qui, in ogni caso, è stato proprio l’inizio ad aver colpito positivamente: mai vista, da quando sono nato, una protesta che a Torino o a Milano parta dalle periferie e ci resti; e non ricordo, neanche in centro, una ribellione in cui chi veste le marche da discoteca, e perciò è alieno da gran parte dei discorsi considerati ovvi da chi non ci va, non segue (o non rifiuta) gli inviti all’azione diretta, ma li studia con lucidità (agenzia delle entrate, equitalia, comune, regione) e li mette in pratica. Ecco allora che la sinistra organizzata e/o di movimento, moribonda d’invidia per l’estensione e l’efficacia dei blocchi e delle proteste, si affatica non soltanto a giustificare la propria assenza, ma a condannare senza appello chi è in strada con un’arroganza culturale impressionante, sulla base dei suoi “ovvi” ragionamenti e schemi culturali. Rosica e reagisce insultando, come già è accaduto con il movimento cinque stelle dopo le elezioni. Dalla parte degli umili, come no, ma guai a essere umili. Naturalmente alla presunzione e all’ignoranza più becere fanno pendent i ragionamenti di chi ad essi vorrebbe fornire giustificazione politica degna, anzi udite udite “di classe”, a partire dalle certezze che la strategia rivoluzionaria può trovare nei classici della teoria materialista.

E cosa ci dice la teoria materialista? Ci dice, leggo in rete, che alla protesta non bisogna partecipare, perché noi stiamo con chi vende la propria forza lavoro, non con chi la compra. Fine della storia? Neanche per sogno. Come quasi sempre accade con le verità o categorie ovvie, siano esse o meno di sinistra, basta un attimo e si rivelano sospette, poiché molto spesso e molto a lungo in esse si scopre essersi rannicchiato il degno compare dell’ovvio, ossia il nulla. Secondo la versione più dignitosa e sofisticata di questo ovvio, gli autonomi torinesi che si compiacciono per blocchi stradali e sassaiole nulla comprendono dell’interesse propriamente di classe che contribuiscono a difendere con i loro atti da adolescenti, poiché esso è quello fantomatico della “piccola borghesia”: categoria concettualmente e da sempre molto oscura, non dissimile nelle venature pseudo-scientifiche e para-psicologiche da quella di “sottoproletariato”, e in questi giorni identificata, da quel che è dato intuire, con le famigerate partite Iva. Se non fosse che, ahinoi, il possesso di un pezzo di carta, per di più concesso da un ente propriamente giuridico quale lo stato, non è rilevante ai sensi della collocazione di classe; e non perché il mondo sia cambiato da quando ciò, invece, accadeva, ma proprio perché il criterio di una distinzione di classe non è mai stato questo.

Dovremo rivelarlo infatti, prima o poi, ai “marxisti ortodossi”: tale discrimine si situa sulla terra dei rapporti di produzione, non nel cielo dell’universo giuridico. Sono questi rapporti che dobbiamo analizzare nella loro complessità e soprattutto nel loro carattere dinamico, se siamo interessati a un conflitto sociale che percorra i lineamenti di classe della società capitalista odierna, e dunque possa metterne in crisi il modello nefasto di cooperazione sociale. Certo, per molti è difficile togliersi dalla testa (l’orribile, peraltro) quadro di Pellizza da Volpedo, dove i proletari sono letteralmente un esercito di piccoli Gesù Cristo che lavorano e abitano nello stesso luogo e per lo stesso padrone, accomunati, oltre che dalle condizioni sociali, da un unico, rassicurante, statuto giuridico. Non è così: l’evoluzione storica dell’oppressione di classe è sempre stata caratterizzata da un rapporto reso dinamico non soltanto, né principalmente, dai piani del capitale, ma soprattutto dalla (questa, sì, ovvia) volontà di liberazione di chi ad esso deve sottostare. Questa voglia di liberazione non assume né ha mai assunto le forme previste o auspicate da qualcuno, tantomeno dalla sinistra, anche perché la sinistra ha complottato a lungo, e in largo, contro questa liberazione.

Accade allora a moltissimi, nel 2013, di aprire o aver aperto una partita Iva per tentare di non stare più sotto padrone, con un gesto (del tutto “ovvio” per i proletari che vanno in discoteca, e anche per quelli che vanno nei centri sociali) di rifiuto del lavoro salariato, per quanto venato, ironia della sorte, da un’ingenuità ideologica analoga a quella dei custodi “non apocrifi” dell’ermeneutica marxista, là dove alberga l’illusione del carattere davvero autonomo della propria “nuova” attività lavorativa. Il capitale iniziale di molte partite Iva odierne non deriva, tra l’altro, da un plusvalore ricavato sul lavoro altrui, bensì proprio dal risparmio sui propri stessi salari pregressi di operaio o affine e dalla rischiosissima scommessa sullo strozzinaggio bancario (o malavitoso), che rende due volte dipendente il lavoratore: dai vertici della produzione/distribuzione materiale e da quelli, legali o illegali, della finanza. Anche se non sempre, quindi, il rapporto materiale, non quello formale, di dipendenza dal capitale produttivo o della grande distribuzione è totale e, se il rapporto formale di indipendenza, garantito dai timbri distribuiti dalle istituzioni regolative del flusso capitalistico, ha ancora, per i nemici “di sinistra” di chi blocca le strade, un valore feticistico troppo elevato, possono provare a pensare ai contratti co.co.pro. o co.co co. che tutti teniamo o abbiamo tenuto in mano tante volte: ci hanno forse reso dei piccolo-borghesi?

Eresia: paragonare le partite Iva agli iperprecari dello sfruttamento selvaggio. (Eresia propugnata da uno che è sempre stato co.co.pro., tra l’altro, mai partita Iva). Eppure, se sul piano giuridico la condizione è pressoché identica (salvo che la partita Iva versa il primo anno il 60% dell’utile, spesso tutt’altro che elevato, in tasse) le differenze si situeranno di caso in caso nel ruolo specifico che il lavoratore ha nell’immenso ingranaggio dell’organizzazione della produzione e della distribuzione dei beni (siano essi tangibili o intangibili, dell’indotto di fabbrica o del terziario) e sulla differenziata distribuzione del possesso monetario. Del resto i nemici “di sinistra” dei blocchi stradali ben sapranno che il possesso monetario, ossia la ricchezza e la povertà, nulla hanno a che fare (neppure loro!) con il discrimine che separa le classi sociali. Ognuno è libero di scegliersi la contraddizione “determinante” o “fondamentale” della società capitalista che più preferisce, ma va tenuto in conto che in una prospettiva materialista non sono la durata del mutuo o il numero delle rate per l’auto a determinare l’appartenenza a una classe, bensì la necessità di vendere i propri sforzi lavorativi a una forza esterna.

Un testo sicuramente di sinistra quale Il capitale di Marx si imbatte molto presto sul paradosso dell’assoluta (aritmetica!) gradualità della potenziale disponibilità monetaria di un salariato (oggi alcuni operai specializzati hanno stabilità economica maggiore di alcune partite Iva), che rende impossibile tracciare un confine netto oltre il quale il salariato che risparmia e accumula denaro potrebbe, in termini astratti, diventare o essere considerato un capitalista. Paradosso rivelatore del rigore con cui Marx separa la distinzione di classe, basata sui rapporti effettivi dentro al ciclo produttivo, dalle differenze di reddito (per non parlare di quelle di status giuridico, che prendere in considerazione è semplicemente ridicolo). Basta seguire Marx, allora, e capiremo cos’abbiamo di fronte? Tutt’altro: il rivoluzionario ottocentesco, di fronte al paradosso citato, cedette pigramente le armi, rimandando la sua soluzione a un’improbabile rovesciamento dialettico della quantità in qualità, retaggio della variamente screditata cassetta degli attrezzi del suo poco raccomandabile referente metafisico, Hegel.

A Marx, che rivoluzionò l’intero modo di guardare lo sviluppo capitalista e di considerare a fondo le sue sorprendenti e sottili ambivalenze (e passò metà della sua vita sulla strada, al fianco dei non meno caotici e contraddittori moti popolari del suo tempo, pieni zeppi di bandiere nazionali), questa piccola pigrizia può essere più che perdonata; lo stesso non vale per noi, che, a occhio, non abbiamo accumulato gli stessi meriti. Nessuno è obbligato a essere un materialista: si può scegliere il primato dell’idea, per carità, ma allora non sarà utile denunciare la destra da casa, visto che questo significherebbe avere la destra in testa. Forse basta soltanto darsi una calmata. Smettiamo di agitare santini e figure sacre al solo scopo di scongiurare il fantasma (non quello del comunismo, per carità, che anzi per molti deve proprio restare tale, ma quello intimo, interiore e persino inconscio del proprio attaccamento puramente affettivo a una serie limitata di castranti certezze); smettiamo anzi di preoccuparci del fatto che qualcuno faccia dei blocchi stradali, e iniziamo a preoccuparci se noi stessi non li abbiamo ancora fatti. Abbandoniamo, infine, l’antico pregiudizio secondo cui il regno della libertà sarebbe un’ideologia alla quale il mondo dovrebbe conformarsi, anziché qualcosa che soltanto i movimenti reali potranno contribuire a configurare; e se è ben vero che i movimenti sono strani e non seguono le analisi di Marx, ed hanno anzi le idee poco chiare, poco cambia: tanto non sono gli unici, a quanto pare.

 

quieteotempesta.blogspot.it

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Approfondimentidi redazioneTag correlati:

9dicembreforconitorino

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il cambiamento climatico è una questione di classe/1

Alla fine, il cambiamento climatico ha un impatto su tutti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il coltello alla gola – Inflazione e lotta di classe

Con l’obiettivo di provare a fare un po’ di chiarezza abbiamo tradotto questo ottimo articolo del 2022 di Phil A. Neel, geografo comunista ed autore del libro “Hinterland. America’s New Landscape of Class and Conflict”, una delle opere che più lucidamente ha analizzato il contesto in cui è maturato il trumpismo, di cui purtroppo tutt’ora manca una traduzione in italiano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Controsaperi decoloniali: un approfondimento dall’università

n questo momento storico ci sembra inoltre cruciale portare in università un punto di vista decoloniale che possa esprimere con chiarezza e senza peli sulla lingua le questioni sociali e politiche che ci preme affrontare. Sempre più corsi di laurea propongono lezioni sul colonialismo, le migrazioni e la razza, ma non vogliamo limitarci ad un’analisi accademica: abbiamo bisogno dello sguardo militante di chi tocca questi temi con mano.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Stati Uniti: soggetti e strategie di lotta nel mondo del lavoro

L’ultimo mezzo secolo di neoliberismo ha deindustrializzato gli Stati Uniti e polverizzato il movimento operaio.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’intelligenza artificiale. Problemi e prospettive

L’Ai attuale è una grande operazione ideologica e di marketing, confezionata per aumentare il controllo delle persone e restringere il margine di libertà digitale” (1) Intervista a Stefano Borroni Barale, da Collegamenti di Classe L’Intelligenza artificiale (Ai) è un tema oggi talmente di moda che persino il papa ha ritenuto indispensabile dire la sua sull’argomento. […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

L’enigma Wagenknecht

Dopo le elezioni regionali del Brandeburgo, il partito di Sahra Wagenknecht (BSW) ha confermato di essere una presenza consolidata nel panorama politico tedesco. di Giovanni Iozzoli, da Carmilla Il profilo stesso di questa aggregazione non autorizza la sua collocazione nel campo delle performance elettorali effimere o occasionali: le radici sociali sono solide e si collocano […]

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Ribellarsi per la Palestina è possibile e necessario più di prima: una riflessione dal casello di Roma Ovest su sabato 5 ottobre e DDL 1660

Con questo articolo vogliamo proporre una riflessione sulla giornata di mobilitazione per la Palestina di sabato 5 ottobre a partire dall’esperienza di lotta e conflitto che abbiamo avuto come studentə e giovani di Pisa partitə con il pullman di Studentə per la Palestina, per arrivare a Roma.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Il trattore torna al campo.. e adesso?

I primi mesi del 2024 sono stati segnati in molti paesi d’Europa dall’esplosione del cosiddetto “movimento dei trattori”.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Militarizzazione, guerra contro il popolo e imprese criminali in Messico

Nessuno con un minimo di sensibilità umana può rimanere indifferente alla violenza esorbitante che viviamo in Messico, sono circa 30.000 le persone uccise solamente nel 2023, mentre nel maggio di questo 2024 ne sono state assassinate 2.657.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Abbecedario dei Soulèvements de la Terre – Composizione

Pubblichiamo di seguito un estratto del libro “Abbecedario dei Soulèvements de la Terre. Comporre la resistenza per un mondo comune” in uscita per Orthotes Editrice, curato nella versione italiana da Claudia Terra e Giovanni Fava.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Inizia l’Intifada degli studenti medi

Inizia l’intifada degli studenti medi, oggi ci siamo presi la città! Si preannunciava una grande giornata di lotta e così è stato.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Occupata la Leonardo spa dall’Intifada Studentesca a Torino

Ieri come Intifada studentesca abbiamo occupato la sede della Leonardo Spa! In 50 siamo entratə all’interno dello stabilimento mentre altre 50 persone bloccavano l’ingresso.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Al fianco di chi lotta per un futuro collettivo: MATTIA E UMBERTO VI VOGLIAMO LIBERI!

Quando si lotta per il futuro collettivo si mette in conto la possibilità di dover rinunciare al proprio destino individuale. da Centro Sociale Askatasuna È ciò che accade quando la scelta di portare avanti un orizzonte di liberazione per tutti e tutte viene anteposto a velleità o interessi dei singoli. E accade anche che, in […]

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Camminata dal parco della Pellerina all’area della ex ThyssenKrupp/Ilva: uno specchio distorto

Diamo spazio a questo dettagliato articolo che racconta la passeggiata al parco della Pellerina di qualche tempo fa, scritto e pubblicato da Un altro piano per Torino.

Immagine di copertina per il post
Intersezionalità

Torino, la mobilitazione contro gli antiabortisti continua: presidio al consiglio regionale

In queste settimane a Torino sono migliaia le persone che si mobilitano per chiedere la chiusura immediata della cosiddetta “stanza dell’ascolto”

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Piazze per la Palestina: una speranza che può esistere, un punto segnato alla controparte

Il 5 ottobre a Roma è stata una giornata importante, la conferma di una speranza che può esistere, un punto segnato sulla controparte.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Fenomeni di frammentazione degli habitat ed effetto margine al Parco del Meisino

La conoscenza dal basso che sta contribuendo a rafforzare la lotta per la salvaguardia del parco del Meisino è un tesoro inestimabile, che ci ricorda come la scienza non sia neutrale, ma qualcosa da poter utilizzare per amplificare le battaglie a difesa del vivente che portiamo avanti.

Immagine di copertina per il post
Formazione

Torino: sequestrata l’aula occupata dall’Intifada studentesca al Politecnico

Dopo 4 mesi di occupazione l’aula occupata “Shereen Abu Akleh” è stata sequestrata.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Lettera dalle detenute del carcere di Torino

Le detenute del carcere di Torino hanno iniziato uno sciopero della fame a staffetta. A comunicarlo è Nicoletta Dosio che ha ricevuto la lettera.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Mobilitazione popolare a Torino per difendere uno dei più grandi parchi della città. Sabato il corteo “Salviamo il Meisino”

Sono giorni di lotta popolare al Parco del Meisino, polmone verde a nord est di Torino, a seguito dell’avvio dei primi lavori per la costruzione di una “cittadella” dello sport nel cuore della riserva naturale sull’ansa del fiume Po.