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Urbanistica: cosa hanno in comune Milano e Torino?

Fa notizia in questi giorni (finalmente!) come una giunta sedicente di sinistra abbia stravolto la città di Milano, ma in realtà non molto diversa è la situazione di quell’altra metropoli del nord che è Torino.

di Fabio Balocco, da Volere la Luna

L’urbanistica di Milano e Torino ha un denominatore comune: la deregulation, il disinteresse per il bene pubblico e i conseguenti favori ai privati. Certo, a Torino non ci sono i palazzi costruiti nei cortili o i grattacieli fatti passare per ristrutturazioni: c’è altro. Vediamo qualcosa di questo altro: l’alienazione di beni comuni.

L’esempio più eclatante è la fabbrica di automobili Diatto, poi diventata Snia Viscosa, e successivamente acquisita al patrimonio del Comune, sita in Borgo San Paolo. Fabbrica tutelata in quanto progettata dall’architetto Fenoglio e chiaro esempio di stile liberty. Tutelata fino a quando il Comune (giunta Chiamparino) non decide di liberarsene cedendola al Fondo Città di Torino-Fondo Comune di Investimento Immobiliare Speculativo, in cui il Comune ha una parte minoritaria e i privati (Prelios e Intesa San Paolo) maggioritaria. Ma l’aspetto più singolare è che il passaggio determina anche un cambiamento di valutazione nella Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, che toglie il vincolo all’immobile. Il risultato è che la fabbrica viene venduta e abbattuta, il terreno risanato dai veleni, e al suo posto sorge uno studentato, il Taurasia Living Torino, realizzato da Patrizia SE, un fondo di investimento tedesco: 582 mini appartamenti per un investimento di 70 milioni di euro.

Andiamo avanti e spostiamoci al Ponte Mosca, quartiere Aurora, dove vi era un’ampia area verde di proprietà comunale. Secondo il Piano Regolatore Generale del Comune in data 1995, l’area era destinata a “interesse pubblico”. Erano previsti un parco, un’area di attrezzature sportive, un’area edificata per servizi di interesse della collettività. Non se ne fece nulla e nel 2011 la giunta Appendino lo inserì tra i beni pubblici da alienare. Ne 2019 lo acquista una compagnia olandese, The Student Hotel, per farci uno studentato (un altro) ma questa volta di lusso (il luogo è vicino al Campus Luigi Einaudi): circa 500 camere, piscina e quant’altro per un investimento di 65 milioni di euro. Cemento al posto del verde: si chiama “riqualificazione”.

Spostiamoci in pieno centro, a fianco del Tribunale, nell’area verde denominata “Giardino artiglieri di montagna”. Qui la storia non costituisce solo un favore ai privati, ma anche un salasso per le casse pubbliche. Infatti, sul retro dei giardini il buon Chiamparino voleva che sorgesse la più grande biblioteca d’Europa e per il solo progetto pagò all’architetto Mario Bellini la modica cifra di 16,5 milioni di euro. Peccato che poi decise che non se ne facesse nulla, creando un buco nelle casse comunali che si sommò a quelli derivanti dalle Olimpiadi del 2006 e della scommessa sui derivati. Che fare se non pensare di vendere quell’area e quella appunto dei giardini? Ci pensa il suo successore Fassino che, tramite gara pubblica, nel 2013 la cede alla Amteco&Maiora, longa manus di quella Esselunga che subentrò nel 2015. Oggi il supermercato non c’è ancora, anche grazie alle rimostranze dei cittadini e del comitato EsseNon. Restiamo in centro: corso Principe Eugenio, dove sorge un’ampia area di proprietà pubblica, ma già di proprietà dell’Opera Pia Buon Pastore. L’area è in parte occupata da un grande edificio e una latistante area verde, rinaturalizzatasi. Anche qui viene indetta un’asta per il valore di 1.220.000 euro per la costituzione di un diritto di superficie novantanovennale sull’immobile, senza tenere conto che l’intera area avrebbe dovuto mantenere caratteristiche di pubblica utilità. L’asta viene vinta dall’unico partecipante Cogefa spa una grande impresa attiva anche nel campo dell’alta velocità ferroviaria. Tra parentesi, oggi l’impresa non può operare perché oggetto di interdittiva antimafia (https://www.giornalelavoce.it/news/attualita/591788/il-tar-affonda-cogefa-confermata-linterdittiva-antimafia.html).

Spostiamoci nella precollina della città, dove insiste uno dei residui motovelodromi italiani. Sarebbe sufficiente intervenire per renderlo accessibile alla cittadinanza, magari tramite una joint-venture con un’impresa attiva in campo sportivo/ciclistico. Ma no, si preferisce (giunta Appendino) affidarne la gestione a privati. È il 2021 e l’impresa è la Padel M2 che nulla ha a che fare con il ciclismo. L’intera struttura viene data in concessione per 60 anni, per 350.000 euro, cioè circa 500 euro al mese… Il motovelodromo viene svuotato e stravolto: un campo da calcio a otto convertibile in una struttura da rugby, campi da beach volley, piscine, piste da bici (ma guarda un po’…), campi di atletica, bar, punti ristoro e spazi espositivi. E ovviamente campi di padel. E la cittadinanza privata di un luogo iconico e pubblico.

A Torino per dare tutto questo in mani private non c’è o almeno non è emerso fino ad ora nessun tipo di corruzione, anche se l’Assessore all’Urbanistica, Mazzoleni, è indagato a Milano per lottizzazione abusiva e abuso edilizio (a Milano, non è la prima volta che la procura lo fa finire sotto indagine). E anche se Piero Fassino fu visto incontrarsi più volte col patron di Esselunga, Bernardo Caprotti, e la Esselunga fu sponsor del suo libro Quale futuro per il Partito Democratico? (già, bella domanda). Ma resta il fatto che la città si è inchinata ogni volta che i privati hanno chiesto di edificare, valorizzare, rigenerare. Ne sono la prova le circa 600 varianti urbanistiche approvate in Consiglio dal 1996 al 2024 (su 3815 dell’intera città metropolitana: http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/sit-cartografico/politiche-trasformaz-territ/varianti/varianti). È chiaro che il PRGC dello studio Gregotti e associati, datato al1995, è stato completamente stravolto.

E per carità cristiana qui non parliamo del nuovo ospedale che dovrebbe essere calato nel Parco della Pellerina, quando ben si poteva (magari accedendo a fondi UE) risanare l’enorme area Teksid latistante. E sempre per carità non parliamo della cittadella dello sport che si sta realizzando in un altro parco, quello del Meisino, privando anche qui la cittadinanza di una porzione di area a parco. E infine non parliamo della Cavallerizza Reale, che vedrà sorgere al proprio interno un hotel a cinque stelle con 130 stanze “arredi eleganti e servizi esclusivi per clienti di fascia alta”.

La conclusione è che la mano pubblica ha abdicato al proprio ruolo regolatorio dell’urbanistica e dell’edilizia e altresì di tutela dei beni comuni. I responsabili qui a Torino rispondono ai nomi di: Castellani, Chiamparino, Fassino, Appendino, Lo Russo. Le formazioni le conoscete.

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