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Chi combatte lo stato islamico? #Singal. Reportage dal Kurdistan_Seconda parte

Continua da : Chi combatte lo stato islamico? Parte prima

 

Seguiranno, nei prossimi giorni, ulteriori ricostruzioni di ciò che è avvenuto e di ciò che sta avvenendo a Singal.

 

Avvertenza. I luoghi dell’intervista e gli stessi intervistati saranno mantenuti anonimi per tutelarne la sicurezza. Nessuna delle fotografie pubblicate in questa pagina ritrae i luoghi visitati o le persone intervistate.

 

Quanti erano gli effettivi del Pkk e delle Ypg e quale era il loro equipaggiamento?

Erano tra i 100 e i 120 soldati tra Pkk e Ypg, avevano anche una decina di automobili, guidate da delle ragazze. Erano principalmente equipaggiati con Kalashnikov. Sui veicoli avevano dei fucili mitragliatori. Non possedevano armi pesanti.

Dal momento che avete visto con i vostri occhi l’attacco che Singal ha subito dallo stato islamico, quali erano le forze di questa organizzazione? Quante e quale tipo di armi, quanti effettivi, ecc.?

Erano molto ben messi, dal punto di vista militare. Avevano un armamento importante che derivava loro dalla precedente conquista di Mosul. Quello però che mi preme anzitutto sottolineare, è che i villaggi arabi circostanti Singal li hanno aiutati. Una persone per famiglia si è unita ai convogli dell’Isis e ha mostrato loro la strada per raggiungere la nostra città. Anche i curdi musulmani di Singal non ci hanno aiutato. Alcuni di loro, addirittura, hanno aiutato l’Isis contro di noi. Il maggior supporto logistico, in particolare come guide, è arrivato però all’Is dai villaggi arabi circostanti.

In quale occasione, di preciso, hai potuto vedere direttamente le forze dello stato islamico?

È stato quando i Peshmerga ci hanno sbarrato la strada per le montagne, durante il nostro primo tentativo di fuga.Siamo stati costretti a tornare verso il centro abitato, nel mio caso verso il mio villaggio, e da circa due chilometri di distanza, dall’alto, ho visto le forze dell’Isis e le dinamiche dell’attacco.

Qual è stato il tuo percorso successivo, come profugo? Quali strade hai fatto, quali paesi hai attraversato?

Per prima cosa, Pkk e Ypg, insieme, ci hanno condotto in Rojava; da lì di nuovo nel Kurdistan iracheno, a Zakho. Una volta a Zakho, siamo stati avvicinati da persone che ci offrivano uno sconfinamento in Turchia dietro pagamento. Era gente “di mafia”, diciamo. Non appena il Pkk lo ha saputo, ha allontanato queste persone da noi ed ha impedito ogni ulteriore contatto. Ci hanno proposto, allora, di passare la frontiera con loro, ciò che presupponeva, in primo luogo, di seguirli sui monti Qandil, sempre nel Kurdistan iracheno. Siamo così arrivati, in quella regione montuosa, in un paesino chiamato Roboski.

Il Pkk, allora, ha organizzato direttamente dall’Iraq il nostro arrivo nel Kurdistan turco. Ha fatto in modo che fosse pronta per noi un’accoglienza a Batman, a Diyarbakir. Ci hanno condotto su delle auto da Roboski a Batman o Diyarbakir, dove abbiamo trovato dei campi profughi provvisori già pronti ad accoglierci.

Quante persone erano con te, durante il tentativo di fuga impedito dai Peshmerga? Quante persone vivevano nel tuo villaggio?

Credo che circa 8.500 famiglie vivessero, più o meno, nel mio villaggio, che in effetti come vedete era un sobborgo, una piccola cittadina. Tutta la popolazione del villaggio, quando ha visto l’ingresso nelle strade dell’Isis, ha tentato di scappare e si è messa in viaggio verso le montagne, in auto ove possibile, altrimenti a piedi. Non tutti ce l’hanno fatta perché alcuni si trovavano ad abitare sulle strade attraverso cui l’Isis ha fatto ingresso, quindi sono stati presi in trappola. Conosco personalmente almeno dieci persone che sono state uccise durante questo attacco. So che circa 150 persone del mio villaggio sono state prese prigioniere dall’Is in quell’occasione. So anche che il mio villaggio non è la parte di Singal che ha sofferto maggiormente. Ad altre zone e quartieri, o sobborghi, è andata molto peggio.

 

Altre testimonianze dirette

 

Esistono ricercatori indipendenti e associazioni di avvocati che, di concerto con il movimento curdo (ad es. in collaborazione con le municipalità curde del Bakur, Kurdistan settentrionale, che hanno di recente dichiarato l’autogoverno nei confronti della Turchia), da oltre un anno stanno cercando di far luce sugli eventi di Singal. Abbiamo avuto accesso a diverse di queste testimonianze, che non possiamo riportare qui in forma di intervista. Riferiremo tuttavia qui, prima di riportare un’altra testimonianza completa, alcuni fatti di cui siamo venuti a conoscenza.

Durante l’ingresso dei veicoli degli uomini dell’Is nel centro abitato di Singal, non appena è stato chiaro che i Peshmerga stavano abbandonando la città e di fatto la stavano cedendo all’invasore, la popolazione ha tentato disperatamente di fuggire, se possibile in auto. Lungo la strada principale, che conduce dalla città alle periferie verso la zona montuosa, si è formato un ingorgo che ha impedito il deflusso delle auto. L’ingorgo era causato, secondo una testimonianza, in gran parte dai veicoli dei Peshmerga che, essendosi mossi per primi verso le uscite dalla città, bloccavano dietro di sé le automobili dei civili, dietro a cui immediatamente si trovavano i mezzi dello stato islamico. Da questi ultimi scendevano uomini armati che uccidevano chiunque rivolgesse loro la parola, tentasse di abbandonare le auto o fare manovra per fuggire. Tutti gli altri venivano fatti prigionieri.

Testimonianze di questo eccidio giungono da chi è riuscito a sfuggire in questa situazione concitata per aver abbandonato la carreggiata in direzione dei campi aperti che, nell’area periferica della città, costeggiano la strada, trovandosi  a una distanza maggiore dai veicoli dell’Is, avendo avuto maggiore prontezza o un’automobile maggiormente idonea (ad es. fuoristrada, suv, ecc.). Si è trattato in questo caso, quindi, di un blocco stradale involontario da parte dei Peshmerga in fuga, che pure non hanno fatto nulla, secondo un’altra testimonianza diretta a noi consegnata, per aiutare o difendere i civili terrorizzati e uccisi uno ad uno.

L’Is ha attaccato anche i villaggi alle pendici delle montagne, dove gli sfollati si erano rifugiati nelle ore successive. Asingal26Sardest, uno di questi villaggi, militanti delle Ypg hanno respinto l’attacco dell’Is bloccando la strada e impegnando i miliziani in scontri a fuoco. Successivamente il villaggio è rimasto isolato per sette giorni, in cui gli sfollati non hanno avuto cibo, fino al lancio di viveri da parte di un velivolo statunitense. Nel villaggio montano di Serpedin, secondo una testimonianza cui abbiamo avuto accesso, oltre cento sfollati da Singal sono stati difesi da un attacco dell’Is da soli tre militanti delle Ypg-Ypj, due donne e un uomo che hanno impegnato i miliziani in scontri a fuoco per trenta minuti fino a che un aereo iracheno non ha bombardato i miliziani dell’Is e li ha messi in fuga.

singal27L’itinerario seguito da molti profughi scortati dal Pkk-Hpg e dalle Ypg-Ypj coincide. Sono stati condotti prima al sicuro in Rojava, poi dal Rojava di nuovo in Iraq, sui monti Qandil (sul confine con l’Iran, dove il Pkk ha i suoi principali accampamenti), in particolare utilizzando il villaggio di Roboski come luogo di permanenza temporanea. Successivamente, da Roboski i profughi sono stati condotti oltre il confine turco, in città curde del Bakur dove, previ precedenti contatti, erano già stati allestiti campi per la loro accoglienza. Secondo le testimonianze, durante questi lunghissimi e difficili spostamenti, effettuati in gran parte a piedi, ci sono state molte persone, soprattutto malate o anziane, che hanno perso la vita. Testimoni riferiscono di donne anziane che, sicure di non poter completare il tratto di cammino tra i monti Sinjar e il Rojava, si sono suicidate gettandosi dalla montagna lungo il tragitto.

Diversi profughi Yazidi raccontano di parenti che si sono uniti al Pkk o alle Ypg, sui monti dell’Iraq o in Rojava. Una testimone ha anche affermato che tornerebbe a Singal soltanto nel caso che la città fosse governata dalle Ypg.

 

Un altro protagonista degli eventi racconta

 

Che cosa è successo nell’agosto del 2014?

Un mese prima che arrivassero da noi, [le truppe dell’Is, NdR] erano a Mosul, a 120 km da Singal. Sapevamo che sarebbero venuti fino a Singal: sai, per la questione religiosa. Lo sapevamo già dal nome: stato islamico. Quando sono arrivati a Baaj, una cittadina a sud di Singal, siamo andati dai Peshmerga e dal governo iracheno dicendo “sappiamo che arriveranno e non abbiamo armi, come faremo quando ci attaccheranno?”. Loro ci hanno detto: “siamo qui, non preoccupatevi, a cosa vi servono le armi?”. Poco dopo la mezzanotte, però, una sera, sono arrivati e il governo è scappato prima di noi. Poi sapete cosa è successo: hanno ucciso, hanno stuprato, hanno sgozzato.

Io solo in quel momento sono riuscito a scappare perché quindici giorni prima siamo provati a salire verso le montagne ma c’erano i check-point dei Peshmerga che non ci hanno permesso di allontanarci. Siamo dovuti tornare indietro. Solo quando l’Isis è arrivata e ha iniziato a uccidere i bambini e le donne siamo riusciti a scappare, perché il governo [l’autorità autonoma del Kurdistan Iracheno, NdR] non c’era più. Io sono di Tir Ezir, un villaggio a sud di Singal che è vicino alle montagne. Ma per esempio a Kojo, li hanno uccisi tutti, tutto il villaggio, perché erano troppo lontani dalle montagne e non sono potuti scappare a piedi. Hanno ucciso tutti gli uomini e si sono presi donne e bambini, che sono ancora lì. Alcuni sono riusciti a scappare ma migliaia di altri sono ancora prigionieri.

Come siete riusciti a fuggire dalle montagne?

Dopo una settimana che eravamo sulle montagne sono arrivati Pkk e le Ypg che hanno aperto una strada verso il confine siriano. Eravamo senza cibo, non abbiamo avuto aiuti dall’Iraq o dall’Europa. Anche per questo centinaia di persone sono morte, ne ho viste tante. Noi eravamo riusciti a tenere alcune armi, e le avevamo distribuite una per famiglia. Quando il Pkk è arrivato e ci ha aperto la strada gli abbiamo dato le nostri armi, e alcuni di noi sono rimasti con loro a combattere sui monti. All’inizio circa tremila Yazidi, in tutto, sono rimasti; ora sono più di 5.000 gli Yazidi armati sulle montagne di Singal assieme al Pkk.

Quanti erano quelli del Pkk e delle Ypg, quando sono arrivati?

Non saprei direi, un centinaio credo. O forse cinquanta quando sono arrivati.

Abbiamo raccolto testimonianze secondo cui i primissimi erano due o tre, o comunque meno di una decina, che sono venuti in città per avvisarvi dell’arrivo dell’Is.

Quelli che dici tu sono arrivati prima dell’attacco, solo tre o quattro per dire che erano disponibili per combattere contro Daesh. Credo che i Peshmerga alla fine abbiano arrestato questi primi militanti del Pkk che sono arrivati all’inizio.

I Peshmerga hanno combattuto contro l’Is?

Questo lo posso dire senza dubbio, non hanno mai combattuto.

Sei dell’idea che abbiano “venduto” Singal?

Non saprei dire se ci hanno venduti, so solo che sono scappati. Comunque quando siamo arrivati sulle montagne è il Pkk che ci ha salvati. Se chiedi a chiunque nei campi ti diranno la stessa cosa: nessuno dall’Europa, nessuno del governo iracheno o dei Peshmerga ci ha aiuto, solo loro. Sono arrivati sulle montagne di Singal e hanno aperto quella pista.

Erano soltanto uomini, o anche donne?

Uomini e donne.

Dove siete andati, una volta in salvo?

Siamo arrivati al confine siriano, poi in Rojava. Alcuni di noi sono rimasti in Rojava, altri sono tornati nel Kurdistan iracheno, altri sono arrivati qui in Turchia.

Hai potuto vedere la vita sociale che c’era in Rojava?

No, non veramente. Posso dire, però, che ci hanno accolti bene. Il Pkk ci ha salvati e questo, credimi, non ce lo scorderemo mai. Io però non sto con nessun partito, né quando ero in Iraq né ora, è una cosa che non mi piace. È per questo che andrò in Europa.

Qual è la situazione, per quanto nei sai, degli Yazidi che sono tornati nel Kurdistan iracheno?

Sai, la situazione è difficile. Non dimenticheremo mai questo genocidio. Nessuno se lo scorderà, tra coloro che vengono da Singal. È difficile, perché se anche Singal fosse liberata sarebbe difficile tornare. Io non vorrei andare in Europa, ma come faccio a tornare? A Mosul, poco lontano dalla nostra città, sono tutti dell’Isis. Ci hanno uccisi. Come posso andare a Singal? Tutto attorno a noi, il Kurdistan iracheno: loro sono scappati. Come faccio a vivere tra di loro? Non sono dei nostri, non è un governo di Singal.

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