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Conflitti, terre inesplorate

Abbiamo sostenuto con enorme spirito di servizio l’assemblea del 9 novembre alla Sapienza e condiviso positivamente i tavoli di approfondimento su abitare e reddito del 10 novembre nell’occupazione abitativa di viale delle Province. I più di quaranta interventi che si sono susseguiti nell’aula 1 di Lettere affollata ci hanno confermato la necessità di uno spazio pubblico di movimento dove potersi raccontare e incontrarsi. Su questo aspetto bisogna soffermarsi un poco e capire se stiamo anche ascoltandoci oltre che produrre narrazioni sicuramente importanti. In questo i territori e le lotte sono fondamentali.

L’intreccio che si è prodotto tra mondo del lavoro, del non lavoro, della precarietà, degli studenti e dei migranti ha dello straordinario. Il passaggio simbolico nella piazza di San Giovanni, teatro degli scontri e delle divisioni del 15 ottobre 2011, va colto nella sua interezza e rilanciato con forza. La giornata di riappropriazione del 12 ottobre, lo sciopero del sindacalismo conflittuale del 18 e la potente manifestazione del #19O si sono sollevate insieme verso l’assedio ai ministeri e l’acampada di Porta Pia, liberando nuove e importanti energie.

La due giorni di Roma doveva raccontare cos’è accaduto nei territori dopo quelle giornate straordinarie e felici. Numerose occupazioni, resistenze agli sfratti e agli sgomberi, mobilitazioni studentesche, picchetti e scioperi, manifestazioni e blocchi stradali, assemblee affollate, crescita dell’attivismo diffuso. Questo è quello che abbiamo sentito, cogliendo si un po’ di competizione tra aree, ma sicuramente piena di vitalità e di voglia di fare.
Forse la regia della due giorni non è stata impeccabile e scontiamo limiti visibili a tutti e tutte. I numerosi interventi e la voglia di parlare, che non abbiamo mai perimetrato né temporalmente né politicamente, hanno lasciato qualche scontentezza e qualche mugugno. Ma ci sta anche questo quando l’obiettivo non è già preconfezionato e va costruito insieme. Possiamo dire che sicuramente è stato faticoso gestire con modalità includenti i dibattiti e garantire ospitalità a tanti e tante. Questo modo di stare insieme ci ripaga dell’impegno che ci abbiamo messo.
Il protagonismo delle lotte ci consegna un calendario fitto di mobilitazioni e spariglia ogni tentativo di ingabbiare la potenza prodotta nel mese di ottobre dentro ambiti già definiti.

I temi dell’irrapresentabilità, della distanza da ipotesi di governo della crisi, dell’indipendenza dei movimenti e delle pratiche di conflitto, della necessità di essere organizzati, sono tutti sul tavolo, compresa la modalità di confronto e vertenza con chi ci vuole convincere che questo modello di sviluppo è emendabile, migliorabile, governabile.

L’autonomia espressa dalla rete “Abitare nella crisi” nel promuovere la manifestazione e l’intreccio produttivo che ha trasformato la mobilitazione e ne ha prodotto l’eccedenza, interrogano ogni parziale soggetto più o meno organizzato. La costruzione del 12, del 18 e del 19 ottobre si è mossa dentro maglie che si stanno consolidando nei territori e che usano linguaggi e pratiche simili, che assumono le differenze come valore, che non hanno ipotesi di mediazione rispetto alle condizioni poste alla controparte. Anzi che le condizioni le dettiamo noi e laddove subiamo impedimenti le nostre pratiche non simulano il conflitto ma lo agiscono, come è accaduto il 31 ottobre a via del Tritone a Roma in occasione della Conferenza unificata sulla casa. Condizioni che abbiamo portato sul tavolo del ministro Lupi, perché non siamo apprendisti stregoni o esaltati avventuristi, perché sappiamo cogliere la necessità del risultato nel consolidamento dei percorsi. Risultato che non c’è stato e dal quale ripartiamo.

Dopo la due giorni di Roma siamo di nuovo in movimento e questo si coglie dentro le effervescenze territoriali, nella costruzione delle prossime mobilitazioni. Si coglie nel dibattito che si è aperto e che impegna i soggetti in carne ed ossa a misurarsi con limiti, aspettative, desideri e condizioni materiali. Però c’è vita adesso in Italia, ci si parla, si compete, si disquisisce, si lotta. Questo è il merito della coraggiosa scelta nata a Porto Fluviale, coltivata in val di Susa, ponderata nelle sedi del sindacalismo di base, condivisa sull’Amiata e a Niscemi. Questo abbiamo tra le mani e questo dobbiamo curare, una terra inesplorata che ci consegna una composizione sociale meticcia e complessa, arrabbiata e delusa, scontenta e sospettosa, che non crede più al voto e che non ha governi amici. La sfida per le reti e le strutture organizzate, compreso il sindacalismo che si è mobilitato il 18 ottobre, sta dentro questa capacità di farsi apripista, di tagliare le reti che vogliono contenere la richiesta di nuova sovranità sui territori, di riappropriarci del reddito e dei diritti che ci hanno tolto.

Per noi lo striscione d’apertura della manifestazione del 19 ottobre non è un’evocazione. Una sola grande opera casa e reddito per tutti, è l’obiettivo. Pratichiamolo!

A partire dal summit italo-francese del 20 novembre, verso il vertice europeo sulla disoccupazione giovanile che si terrà a Roma nella primavera (probabilmente aprile) del 2014.

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