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Cosa aspetta ai curdi di Siria?

 

Mentre  gli eventi in Siria continuano a dominare i titoli dei notiziari di  tutto il mondo, l’influenza della significativa minoranza curda in Siria  ha aggiunto una nuova piega ad un conflitto sempre più sanguinoso. I  curdi hanno guadagnato il controllo delle maggiori città curde lungo il  confine turco-siriano, incluse Afrin e Ayn al Arab (Kobanê) nel nord  della Siria, e Ras al Ayn (Serêkaniyê) nel nord-est siriano, nel luglio  2012. Le maggiori aree curde non costituiscono un insediamento  territorialmente continuo, e aree popolate da Arabi ed altri gruppi  etnici dividono i loro principali centri. In maniera molto simile alle  altre aree nelle mani dei ribelli in Siria, i curdi portano avanti  l’amministrazione delle aree che controllano, includendovi  l’insegnamento in lingua curda. Alle  Unità di Protezione del Popolo (YPG nell’acronimo Curdo) è stata  affidata la difesa delle comunità nelle zone controllate dai curdi. L’influenza  dei curdi negli scorsi anni sottolinea la loro crescente importanza per  l’opposizione siriana. Ad ogni modo, rimane una grande questione:  cos’ha in serbo il futuro per i curdi di Siria?

 

Lo  scorso anno ha visto riaffiorare divergenze politiche tra i curdi in  Siria, ma queste divergenze non hanno portato ad un conflitto. L’accordo  mediato dal Governo Regionale Curdo nel luglio 2012 portò alla  creazione del Comitato Supremo Curdo – un’organizzazione-ombrello raggruppante il principale partito politico curdo, il Partito dell’Unione Democratica  (PYD nell’acronimo curdo), e il Consiglio Nazionale Curdo (KNC),  composto dagli altri partiti politici più piccoli – e l’insediamento di  una forma di divisione del potere nell’amministrazione delle aree  controllate dai curdi, includendo il coordinamento delle attività  dell’YPG.

 

Costituendo  circa il 10% della popolazione siriana, i curdi non possono avere la  forza politica e militare per determinare l’esito del conflitto, e la  futura traiettoria della posizione dei curdi in Siria dipende fortemente  dalle loro relazioni con altri soggetti dell’opposizone siriana, così  come dalle azioni delle potenze regionali. Mentre  i partiti politici curdi in Siria non richiedono la creazione del loro  Stato Curdo indipendente, il loro obiettivo è un’estesa autonomia per i  curdi, una demcorazia pluralista e un riconoscimento dei diritti delle  minoranze etniche e religiose in Siria. Inoltre, il PYD ha più volte  asserito di non voler supportare un’ulteriore militarizzazione del  conflitto e l’interferenza delle potenze esterne. Ciò ha creato attrito  tra il PYD e gli altri soggetti dell’opposizione siriana, che spingono  per un confronto militare ancora più intenso, che includa l’intervento  esterno contro il regime di Assad. Sin dall’ottobre 2011 e in alleanza  con altri partiti di sinistra siriani, il PYD ha preso parte alla  costruzione di una coalizione di forze di opposizione, il Comitato di  Coordinamento Nazionale per il Cambiamento Democratico.

 

La  crescente influenza dei gruppi jihadisti nelle aree controllate dai  ribelli nello scorso anno è combaciata con un significativo aumento  degli attacchi contro le aree controllate dai curdi. Questo è accaduto  in particolare dalla metà di luglio 2013 quando sono scoppiati scontri  tra l’affiliata di Al-Qaeda Jabhat Al-Nusra e lo YPG a Ras al Ayn.  Attualmente, la lotta continua in diverse aree e, mentre lo YPG è  riuscito a difendere le proprie posizioni, non è stato capace di  impedire gli omicidi, le decapitazioni ed i rapimenti di civili curdi da  parte di Jabhat al-Nusra. Questi attacchi mostrano chiaramente il  pericolo che i curdi possano facilmente essere trascinati ancor più  nella crescentemente sanguinaria e brutale guerra civile, e che il  conflitto possa evolversi lungo linee etniche.

 

Il  recente afflusso di rifugiati curdi nel Kurdistan Iracheno dimostra  solo gli alti livelli di ansia ed insicurezza provati dai curdi in  Siria. La competizione per le risorse e la tenuta di città  strategicamente importanti è stata citata come il motivo principale  dietro agli attacchi di Jabhat al-Nusra e dello Stato Islamico nell’Iraq  e nello Sham (ISIS). Tuttavia, anche le motivazioni ideologiche  soggiacenti e gli antagonismi basati sulla differenza etnica vanno  evidenziate. Lo scopo dei jihadisti di fondare uno stato islamista è in  totale contrasto con la visione curda di una Siria democratica e  plurale. La retorica dei primi prende sempre più di mira il secolarismo  del PYD e le sue posizioni sull’uguaglianza di genere.

 

Oltre  alla popolazione curda nelle regioni a maggioranza curda, un numero  significativo di curdi risiede in zone miste, come Aleppo e la regione  circostante. Lì, sin dall’inizio del 2012,  i curdi si sono anche  organizzati militarmente come Jabhat al-Akrad (Il Fronte Curdo), che  opera sotto forma di unità indipendenti nell’ambito dell’Esercito Libero  di Siria (FSA). Tuttavia, a causa di attacchi jihadisti nelle zone  sotto controllo curdo e contro i civili curdi nella regione di Aleppo, i  rapporti tra la FSA e la Jabhat al-Akrad sono stati messi a dura prova  dal luglio 2013 in poi.

 

I  rapporti tra i curdi e le altre sezioni dell’opposizione siriana  rimangono meno antagonistici, ma finora il Consiglio nazionale siriano  (SNC) – l’organo di rappresentanza per l’opposizione – non è riuscito a  integrare i curdi nelle sue strutture: alcuni rappresentanti curdi hanno fatto parte del SNC, ma né il PYD né il KNC sono attualmente  rappresentati. Recentemente, il CNS ha intensificato i suoi sforzi per  integrare le organizzazioni rappresentative curde nelle sue strutture,  realizzando incontri tra i partiti politici curdi e i rappresentanti  del SNC. Tuttavia, non è chiaro se il SNC sarà in grado di soddisfare  pienamente le richieste curde di autonomia e, soprattutto, di affrontare  la crescente minaccia per i curdi creata dagli attacchi provenienti da  Jabhat al-Nusra e ISIS.

 

La  richiesta curda di autonomia è stata vista con sospetto dalla Turchia,  con la motivazione che questa avrebbe portato alla disintegrazione della  Siria. La preoccupazione principale della Turchia deriva anche dal  fatto che il PYD, che ha strette affiliazioni ideologiche con il Partito  dei lavoratori del Kurdistan (PKK), avrebbe giocato un ruolo di primo  piano nel governo di tale entità. La Turchia temeva che una tale  situazione avrebbe aumentato la potenza del PKK come attore regionale e  messo più pressione sulla Turchia affinchè questa concedesse maggiori  diritti politici alla sua minoranza curda, un passaggio che la Turchia  ha trovato molto difficile da mettere in campo negli ultimi trenta anni  di conflitto. Recentemente, la crescente importanza e la crescente  legittimazione internazionale del PYD sembrano avere convinto la Turchia  a perseguire il dialogo e una politica meno antagonista, che si  riflette nelle visite da parte del co-presidente del PYD Salih Muslim in  Turchia nei mesi di luglio e agosto. Queste visite rappresentano un  progresso significativo, tanto più che in precedenza, la Turchia aveva  minacciato di invadere la Siria se l’autonomia curda fosse stata  istituzionalizzata sotto il dominio del PYD.

 

Tuttavia,  è troppo presto per affermare che la politica della Turchia cambierà.  Ciò perché la politica della Turchia sui curdi siriani è pensata  all’interno della sua politica generale per la gestione del suo  conflitto curdo. Negli ultimi dieci anni, nonostante l’esistenza di  significative opportunità per risolvere il conflitto, la Turchia ha  fallito nello sviluppare un nuovo framework politico per trasformarlo ed  eventualmente portarlo a termine. Finora, la Turchia ha seguito un  approccio frammentario nella concessione di diritti di gruppo per la sua  minoranza curda. L’istituzione di una stazione televisiva in lingua  curda, TRT6, come parte della rete di diffusione di stato nel gennaio  2009, e la creazione di dipartimenti in alcune università statali in cui  la  lingua curda è insegnata ed è oggetto di ricerca accademica, sono spesso citati come i  principali passi compiuti dal governo. Tuttavia, fino ad ora il governo  resta contrario alle richieste-chiave curde di decentramento e di  autonomia, e di un pieno riconoscimento dei diritti linguistici curdi,  come ad esempio l’offerta di istruzione in lingua curda. Il  riconoscimento dell’identità curda e di diritti accessori richiede  grandi cambiamenti nell’identità della Turchia come Stato, e questi  potrebbero avvenire solo se fossero presenti la volontà e il consenso di  rinegoziare la concezione dominante della cittadinanza, dei diritti  universali, e dei diritti specifici di gruppo e delle minoranze in  Turchia. Fin qui, il dibattito pubblico rivela la rigidità ideologica del  nazionalismo turco e la sua esitazione ad accettare la legittimità dei  diritti e delle richieste politiche dei curdi.

 

Nonostante l’autonomia Curda de facto in Siria venga a trovarsi sotto crescente pressione, sembra che i curdi  siano riusciti a stabilire un delicato equilibrio in una situazione  incerta. Per molti nella comunità curda, la possibilità dell’autonomia  curda ha portato speranze che il lungo periodo di oppressione fosse  finito, ed avessero il proprio destino nelle loro mani. Inoltre, la  possibilità dell’autonomia curda in Siria ha dato ulteriore spinta alla  più ampia discussione sulla posizione e lo status dei curdi nel Medio  Oriente in generale. Ciò che non è in discussione è la crescente  influenza dei curdi nella regione nello scorso decennio. Il  consolidamento dell’autogoverno dei curdi in Iraq, e la possibilità che  crei uno stato curdo indipendente, ha la potenzialita di rompere i  confini internazionali nella regione. Inoltre, l’esistenza di una entità  curda autonoma come il KRG rafforza i tentativi curdi di sviluppare un  nuovo framework regionale nel Medio Oriente per la soddisfazione delle  richieste curde. Anche il “processo di pace” in corso in Turchia, se  concluso con successo, è significativo. Non solo porterebbe ad una  grande trasformazione nelle politiche regionali, ma creerebbe anche la  spinta per la risoluzione pacifica dei conflitti curdi altrove,  attraverso la soddisfazione dei diritti e delle richieste curde entro i  confini statali esistenti. Perciò, gli sviluppi nelle altre regioni  curde avranno un impatto positivo sulla risoluzione pacifica della  questione curda in Siria. Tuttavia, l’efficacia dei curdi come attore  regionale significativo dipendono sulla composizione di una posizione  curda comune, che richiede un più alto grado di unità politica tra i  vari movimenti curdi. Negli anni ’90 le rivalità intra-curde sono  sfociate in conflitti ma, più di recente, il bisogno di cooperazione  sugli obiettivi comuni ha guadagnato consenso nei circoli politici  curdi. Rimane da vedere se ciò verrà realizzato. La recente decisione di  radunare il Congresso Nazionale Curdo  nel novembre 2013 ad Erbil (Helwer) potrebbe essere uno storico passo  avanti in quella direzione. Finora, i rappresentanti dei maggiori  partiti politici curdi e delle ONG curde d’Iraq, Iran, Turchia e Siria  hanno preso parte agli incontri preliminari per il Congresso, e ci si  aspetta che trovare un approccio pan-curdo per gestire le minacce che  affrontano i curdi in Siria sia ai primi punti della sua agenda.

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