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Intervista esclusiva all’Accademia della Modernità Democratica e Foza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del Partito di Unione Democratica (PYD)

Abbiamo avuto l’occasione di realizzare questa intervista all’Accademia della Modernità Democratica con al suo interno un contributo (citato tra virgolette) di Forza Yusif, membro del comitato di co-presidenza del PYD, per fare il punto su quanto sta accadendo in Siria a seguito della caduta del regime di Assad, ma più in generale su come si sta ridefinendo il contesto mediorientale alla luce delle accelerazioni in corso.

Pensiamo sia importante contribuire a un’analisi della fase attuale alimentando il dibattito con punti di vista differenti e non per forza in sintesi tra loro. Sebbene a nostro parere rimangano alcuni nodi irrisolti nella lettura che ci viene offerta, ci pare che questa intervista favorisca una discussione dal basso di cui ci sarebbe estremamente bisogno per orientarsi nel presente, piuttosto che soccombere alle sirene semplificanti della geopolitica e dell’idealismo.

L’Accademia della Modernità Democratica è stata raggiunta a dicembre 2024, alcuni passaggi dunque non risultano aggiornati.

Con la caduta del regime di Assad, l’appoggio a oltranza dell’amministrazione Usa a quella Israeliana raggiunge un altro strategico obiettivo in Medio Oriente: gettare nel caos un altro paese “ostile” ed indebolire i suoi avversari. Come prevedete che si evolva l’atteggiamento Usa verso la rivoluzione confederale alla luce degli ultimi avvenimenti in Siria e oltre oceano dell’elezione di Trump?

È necessario dare un contesto storico e politico a quello che sta avvenendo. È chiaro ormai da molti anni che sia in corso uno scontro globale, quella che noi chiamiamo Terza Guerra Mondiale, che ha come centro il Medio Oriente. Il Medio Oriente, infatti, connette tre continenti ed è ricco di risorse fondamentali, ha quindi un valore strategico per i corridoi energetici e commerciali necessari per alimentare la potenza degli stati imperialisti. Nel contesto della Terza Guerra Mondiale le potenze egemoni della modernità capitalista (USA, UK, Israele, …) perseguono un progetto per il Medio Oriente con il quale intendono ridefinire i rapporti di forza e i confini in modo che siano funzionali alla valorizzazione e movimentazione dei capitali globali. Gli stati nazione creati dalle potenze coloniali dopo la Prima Guerra Mondiale non sono più funzionali a questo processo. L’intenzione è quindi di eliminare gli elementi che lo limitano e creare un nuovo assetto istituzionale che garantisca maggiore agibilità al capitale globale. In questa nuova fase, Israele è il principale agente delle potenze egemoni della modernità capitalista nell’area, e gli obbiettivi politici e militari sono determinati dalla necessità di eliminare le minacce alla sua sicurezza. Con gli Accordi di Abramo i principali stati arabi, in particolare l’Arabia Saudita, si sono allineati a questo piano. Il ruolo storico della Turchia, nonché una delle ragioni della sua presenza nella NATO, è quello di protettore di Israele. La Turchia ha svolto il ruolo di protagonista negli eventi che hanno portato alla caduta di Assad e all’instaurazione del governo di H’ayat Tharir al-Sham (HTS). Inoltre, ne ha approfittato per dirigere i mercenari dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) contro le Forze Siriane Democratiche (SDF) e l’Amministrazione Democratica Autonoma della Siria del Nord e dell’Est (DAANES).

Foza Yusif: «Trump non è ancora entrato ufficialmente in carica, ma la politica degli Stati Uniti in generale si basa sulla protezione dei propri interessi. Poiché la Turchia è un membro della NATO, [gli USA n.d.r] non hanno ancora preso la posizione adeguata contro l’occupazione turca. Questa posizione debole dà alla Turchia la forza di invadere la nostra regione e di commettere un genocidio. Ad esempio, nel dicembre 2024, i turchi e le bande loro alleate hanno lanciato un grande attacco alla città di Manbij, nella regione di Shehba, che ha portato queste bande a decapitare, rapire, stuprare e depredare le donne. Tuttavia, né gli Stati Uniti, né le organizzazioni umanitarie, né le Nazioni Unite hanno reagito a queste azioni. Pertanto, si può dire che l’America permette l’occupazione, il sequestro delle donne e la distruzione della democrazia per i propri interessi, e questo è stato evidente nell’occupazione della città di Serkaniye e di Girê Sipî, nonché nell’occupazione di Manbij e Shehba».

Come si sviluppano gli spazi di autonomia per la vostra esperienza? Ci sono ragionamenti in atto rispetto alle alleanze da costruire contro Hts, Isis e Turchia se venisse meno il sostegno americano? 

Per quanto ci riguarda non esiste autonomia senza autodifesa. E, in fin dei conti, questa si fonda sulle proprie capacità e sulla propria preparazione. Per questa ragione un aspetto fondamentale dall’autodifesa è il rafforzamento della società, delle sue capacità, della sua organizzazione, della sua preparazione ideologica. Sviluppare e rafforzare il sistema che è stato creato nella Siria del Nord e dell’Est è una forma di autodifesa, perché questo sistema permette alla società di esprimere la pluralità e la capacità di cooperazione sociale autonoma che la caratterizzano. Quello che sta avvenendo alla diga di Tishreen è un esempio di quanto forte possa essere la società. Migliaia di civili disarmati stanno mettendo le loro vite in gioco volontariamente per contribuire alla resistenza a fianco delle Fds. Ballano, cantano, condividono i pasti mentre i droni turchi li bombardano facendo morti e feriti.

In generale, l’orizzonte deve essere sempre quello di sviluppare un’autodifesa autonoma, non dipendente da nessuna forza esterna, tanto meno da nessuno Stato. Abbiamo sempre sostenuto che le alleanze strategiche sono quelle che si possono costruire con altri popoli in lotta. Pensiamo che l’unica soluzione per il futuro stia nel costruire alleanze strategiche tra le nazioni e le identità oppresse di tutto il mondo in un sistema globale di confederalismo democratico. Tutte le altre alleanze, in particolare quelle con gli stati, sono tattiche e non sono nulla su cui si debba contare o su cui si debba costruire la propria strategia. Gli stati perseguono esclusivamente i propri interessi, che sono in contrapposizione a quelli dei popoli. Per questa ragione, nella storia gli stati hanno sempre tradito le cause dei popoli oppressi. Tuttavia, si potranno formare eventuali alleanze tattiche in base alla situazione concreta che si verrà a determinare. 

Qual é il consenso e il radicamento nella società della proposta di Hts e quali possibilità ci sono che la vostra proposta sia competitiva su questo piano?

Foza Yusif: «Non c’è alcun sostegno per l’HTS, perché l’HTS è un’organizzazione oppressiva, vuole instaurare un sistema come l’Afghanistan. Ad esempio, proibisce alle donne di lavorare, impone la reclusione alle donne e vuole implementare la legge islamica su tutti attraverso la paura, come i Talebani. Il giorno della festa cristiana [il Natale, n.d.r] è stato bruciato l’albero di Natale. Molti appartenenti alla comunità alawita sono stati uccisi e torturati, tutto questo è stato documentato, si tratta di un grave attacco ai popoli, alle religioni e alle credenze, e alle donne. Oggi l’amministrazione autonoma è un’alternativa perché si basa sulla libertà di fede, sui diritti delle donne e sull’uguaglianza dei popoli. Rispetta le culture, le religioni e il genere. Si basa sul paradigma di una nazione democratica che dà spazio e diritti a tutte le identità. L’amministrazione autonoma è diventata la speranza di salvezza per tutto il popolo siriano.»

HTS, grazie al supporto di Turchia e USA, viene rappresentata come la forza responsabile della caduta di Assad e ha potuto formare il primo governo del post regime. Inoltre, ha intrapreso un lavoro sulla propria immagine cercando di far dimenticare il proprio passato jihadista nell’ISIS e poi Al-Qaeda, presentandosi come moderati e tolleranti. Tuttavia, ogni giorno che passa queste aspettative vengono disattese e piuttosto rapidamente HTS sta realizzando un governo autoritario salafita. La situazione sul terreno è tutt’altro che tranquilla. Aggressioni e violenze contro le minoranze sono continue. Il Syrian Observatory for Human Rights (SOHR) aggiorna costantemente sulle uccisioni, persecuzioni e violenze che stanno avvenendo frequentemente contro le donne e le minoranze, in particolare quella Alawita. Inoltre, ci sono varie bande armate agiscono contro la popolazione con violenze e saccheggi con la connivenza di HTS. C’è una generale situazione di violenza e insicurezza. Dal punto di vista economico la situazione non sta migliorando, le sanzioni rimangono e creano enormi problemi alla popolazione siriana, inoltre i nuovi dazi alle frontiere imposti dal nuovo governo stanno facendo aumentare i prezzi. Inoltre, la guerra continua. Le bande di mercenari dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA) e l’esercito turco ogni giorno attaccano le Forze Siriane Democratiche alla diga di Tishreen.

Tra i curdi ci sono delle adesioni significative o c’è un interesse nei confronti del governo di Hts?

Foza Yusif: «No, non c’è alcun sostegno per loro nella comunità curda, perché hanno combattuto contro i curdi nel 2013 e quando queste persone si sono unite all’ISIS, hanno commesso un genocidio contro il popolo yazidi. Il responsabile dell’assassinio della politica curda Hevrin Xelef è stato nominato oggi nel governo dell’HTS.»

Esistono tensioni con gli altri gruppi curdi, per esempio la rivalità tra PYD e KDP? In questa fase ci sono le possibilità di superare divisioni interne? 

Il PYD (Partito di Unione Democratica) si ispira alle idee di Abdullah Öcalan, intende risolvere la questione curda superando lo stato-nazione e realizzando la convivenza pacifica con gli altri popoli della regione attraverso il modello del confederalismo democratico. Il KDP è un partito che invece sostiene un approccio nazionalista curdo. Ormai da anni il KDP è strettamente legato al governo dell’AKP di Erdogan. Per questa ragione collabora militarmente con l’esercito turco nell’occupazione delle montagne del Kurdistan iracheno contro la guerriglia del PKK. In Siria questa linea politica è sostenuta dall’ENKS (Consiglio Nazionale Curdo in Siria). Ci fu un primo tentativo, all’inizio della rivoluzione nel 2012, quando PYD e ENKS costruirono un coordinamento tramite il Comitato Supremo Curdo. Tuttavia, l’ENKS lo abbandonò già nel 2013. Foza Yusif: «Ci sono stati tentativi di superare queste divisioni, ma finora non c’è stata una risposta adeguata da parte dell’ENKS.»

I popoli siriano, palestinese e libanese si trovano tutti a dover combattere contro lo stesso nemico, Israele. Ci sono delle prese di posizione ufficiali o delle riflessioni in corso che danno priorità a una loro strategia comune?

Il governo di HTS ha dichiarato di non essere ostile a Israele e non ha preso posizione contro l’occupazione che avviene nel sud della Siria. Fino ad oggi non ci sono state reazioni significative contro l’occupazione israeliana, nemmeno nelle regioni del sud. Bisogna capire che oggi la Siria affronta diverse minacce. In particolare, la Turchia e l’Arabia Saudita stanno manovrando per stabilizzare il governo di HTS e frustrare le speranze democratiche rivitalizzate dalla caduta di Assad. Abbiamo già analizzato il ruolo di Israele, della Turchia e della loro relazione in questa fase. Inoltre, la Turchia persegue un progetto imperialista neo-Ottomano nella regione; oggi occupa militarmente la Siria e l’Iraq ed è uno dei maggiori fattori di destabilizzazione del Medio Oriente. 

La situazione è di una certa complessità e non può essere affrontata superficialmente ricorrendo a categorie nazionalistiche. In ogni paese ci sono diverse idee e forze politiche, spesso in conflitto sui principi fondanti, sulle proposte e sulle finalità. Se analizziamo la società con le lenti dello stato-nazione arriveremmo a delle conclusioni errate che porterebbero a riprodurre il problema. Le alleanze basate solo sulla coalizione contro un nemico hanno vita breve e non portano a soluzioni solide. Quindi bisogna capire quali forze possono essere riferimenti per un progetto politico comune.

Questo per dire che è meglio ridefinire la domanda e analizzare la situazione alla luce delle categorie di modernità capitalista e modernità democratica. La modernità capitalista l’ultima realizzazione del corso storico della civiltà egemonica, e si fonda sul capitalismo, l’industrialismo e lo stato-nazione. Le forze della modernità democratica sono quelle che resistono e si oppongono alla modernità capitalista, che traggono la loro forza dalla società e lottano per la libertà, l’uguaglianza e la democrazia. É lungo questa linea che bisogna cercare le alleanze strategiche.

Per esempio, al piano imperialista si oppongono le Forze Siriane Democratiche e i popoli della Siria del Nord Est che stanno conducendo una storica resistenza sulla diga di Tishreen proprio in questo momento. Questa resistenza difende un’esperienza che lega diversi popoli nella realizzazione di un’alternativa concreta agli stati nazione, al colonialismo e alla modernità capitalista. Le Forze Democratiche Siriane sono frutto dell’alleanza di tutte le componenti sociali del Nord e dell’Est della Siria. Alcune forze politiche e alcune mentalità cercano sistematicamente di limitare la questione del Nord e dell’Est della Siria ai soli curdi, ma non è vero. Tutte le componenti della regione combattono insieme da dieci anni, il sangue di tutte queste componenti è stato versato nella stessa trincea. Le Forze Democratiche Siriane sono composte dai figli e dalle figlie di tutte le componenti della Siria settentrionale e orientale. I loro martiri sono sepolti fianco a fianco.

Oggi la Turchia rappresenta la più grave minaccia diretta all’esistenza della DAANES. Ma tutte le potenze statali sono concordi su questo punto: non possono permettere che i popoli del Medio Oriente sviluppino un’alternativa agli stati nazione e alla modernità capitalista. Per questo gli apparati mediatici degli stati (sia occidentali che arabi) non parlano di questa resistenza o se ne parlano lo fanno come se fosse esclusivamente dei curdi, nascondendo che invece le Forze Siriane Democratiche sono composte in buona parte da persone arabe. 

Posta in altri termini, l’esempio della Siria del Nord-Est può essere discusso come proposta di strategia comune. Infatti, nella DAANES si sta realizzando, con grandi sforzi, l’amicizia tra i popoli e tra le religioni seguendo i principi della nazione democratica. Viene sperimentata questa proposta per superare i problemi, le guerre e i genocidi che la modernità capitalista e lo stato-nazione hanno creato in Medio Oriente. Ed è sulla base di questa proposta che la DAANES intende stabilire alleanze con tutti i popoli oppressi della regione, in particolare con il popolo palestinese. Infatti, la pace in Medio Oriente può essere raggiunta solo se la questione palestinese e la questione curda verranno risolte. Su questo punto Foza Yusif è molto chiara: «Secondo la nostra opinione, i problemi non possono essere risolti in base alla razza e alla religione. Entrambe le parti devono abbandonare questo paradigma. Vediamo che i popoli arabo ed ebraico, entrambi antichi popoli di questa geografia, possono porre fine a questa guerra all’interno di un sistema federale, ma entrambe le parti basano la loro esistenza sulla non esistenza dell’altra parte. Per questo diciamo che c’è un solo modo per risolvere questo problema, ed è la nazione democratica. Essa protegge i diritti di tutti i popoli.»

Quali proposte sono state fatte all’esperienza del confederalismo democratico in queste settimane da parte di Turchia, Hts e Usa? Quali sono le rigidità da parte del DAANES e su cosa invece si mette in conto di trattare o trovare mediazioni possibili con gli altri attori in campo?

Da sempre la DAANES ha invocato il dialogo con lo stato e tutte le parti interessate. Si tratta quindi di un passaggio strategico in una visione di un progressivo sviluppo di autonomia nella società e limitazione della presenza centralizzatrice dello stato. Per questo, negli anni il terreno di trattativa con lo stato siriano è sempre stata la riforma del sistema in un’ottica di democratizzazione e decentralizzazione. Questi appelli sono rimasti inascoltati da Assad, ma rimangono ancora sul tavolo dei negoziati con il nuovo governo. 

Mazlum Abdi, comandante delle Forze Siriane Democratiche, in un’intervista all’agenzia ANHA del 28 gennaio ha parlato dei dialoghi in corso con HTS. I punti su cui esiste accordo sono l’unità della Siria e l’integrazione delle SDF nell’esercito siriano. Rimane tuttavia in discussione con quali meccanismi l’Amministrazione Autonoma e le FDS possano essere integrate. Sarà necessario un processo politico che coinvolga tutto il paese e che possa stabilire su quali principi si fonderà la nuova Siria.  

Foza Yusif: «Abbiamo delle linee rosse, ad esempio: non accetteremo alcun disarmo finché non saranno garantiti i diritti previsti dalla Costituzione siriana e l’SDF manterrà la sua esistenza come istituzione. L’SDF deve occupare il suo posto come forza guida e come istituzione nell’esercito siriano. Anche l’autonomia è una linea rossa per noi. Il sistema siriano non deve essere centralizzato. Non accettiamo la centralizzazione. I diritti delle donne devono essere protetti e questa è una linea rossa. In questo caso, la lingua madre dovrebbe essere la lingua dell’istruzione e non accetteremo che la nostra lingua venga bandita in alcun modo.»

Sul piano della mobilitazione contro la guerra in generale in Europa, che prospettive vedete? E che ruolo ha l’Europa nella vostra lotta?

«A nostro avviso, le reazioni che si stanno vedendo sono deboli, oggi è in atto un grande attacco alla rivoluzione dei popoli e delle donne. La Turchia e le sue forze alleate vogliono distruggere tutto ciò che abbiamo ottenuto. Ridurre in schiavitù le donne e opprimere i popoli. C’è un grande attacco alla democrazia e alla libertà, vogliono rafforzare le forze estremiste e spianare ancora una volta la strada al caos, questo è molto pericoloso, non solo per noi, ma anche per l’Europa. L’atteggiamento, l’azione e la pressione devono essere più ampi e più forti di questo.»

Le dichiarazioni di Ocalan sulla necessità di soluzioni positive: cosa si intende? Si lavora per una strategia utile a fare in modo che la proposta del confederalismo possa occupare un posto nella transizione della Siria? Kobane sotto attacco che significato ha oggi?

«Il leader APO chiede ancora una volta una soluzione attraverso il dialogo. Dice che la pace è la fine della guerra, dobbiamo risolvere i nostri problemi. Siamo d’accordo. La guerra aggrava i problemi e aumenta il caos. Il leader APO ha il giusto potenziale e può svolgere un ruolo importante nella soluzione del problema. Lavoreremo per introdurre il nostro sistema democratico in tutte le città siriane. Poiché il regime siriano non ci ha permesso di introdurre il nostro modello nelle città, ci ha vietato l’ingresso, non siamo stati in grado di influenzarle, ma crediamo che ora avremo l’opportunità di introdurre il nostro modello al popolo siriano al di fuori della nostra regione.»

Gli sforzi di Abdullah Ocalan sono rivolti alla soluzione del conflitto in Medio Oriente proprio sulla base di una proposta antimperialista. Se Siria, Turchia, Iraq e Iran si aprissero a un processo di democratizzazione in cui tutte le componenti sociali siano coinvolte, allora si potrebbe formare un’alternativa forte e credibile ai piani di USA e Israele nella regione. 

Ciò che è in gioco oggi è la possibilità che un modello di organizzazione sociale pensato, realizzato e praticato dai popoli mediorientali si possa affermare nonostante gli sforzi contrapposti del sistema degli stati. Siamo di fronte all’idea, pericolosissima, che gli popoli possano determinare le traiettorie della storia e possano proporre un’alternativa di organizzazione sociale che si contrappone, a livello ideale e concreto, al sistema imperialista, colonialista e patriarcale. 

Per questo Kobanê ha un valore simbolico. «Kobanê è un simbolo della lotta di tutta l’umanità in cerca di libertà. È nata da una grande solidarietà nel mondo per liberare Kobanê dall’ISIS. Lo Stato turco vuole distruggere questo valore e poiché la nostra rivoluzione è partita da Kobanê, vogliono distruggerla a Kobanê. Per noi la lotta per Kobanê è una lotta per l’esistenza e la non esistenza. Sia per il popolo curdo che per le donne.»

Il ruolo dell’Iran in questa fase: il terreno che si sta preparando è una nuova guerra contro l’Iran da parte degli USA? Come si inserisce questo aspetto nell’analisi sulla guerra globale?

«L’Iran ha operato in Siria per molto tempo e ha sofferto molto in termini materiali e di morale. Per questo, secondo le dichiarazioni dei rappresentanti iraniani, non rinuncerà alla Siria e cercherà di avere un ruolo nel futuro della Siria. Perché vedono il rafforzamento della Turchia e di Israele in Siria come una grande minaccia. Pertanto, a mio avviso, l’Iran intende costruire il proprio potere in Siria in futuro e non permetterà alla Turchia di far valere le sue pretese in Siria. Il successo che questo avrà nei prossimi tempi determinerà il nostro futuro.»

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