Dalle viscere della terra allo scoperto: la lotta dei minatori albanesi
Oltre la polarizzazione istituzionale classica tra centrosinistra e centrodestra, in Albania tante categorie sociali non trovano rappresentanza nell’arco parlamentare. In questo contesto di vuoto partitico sta emergendo il protagonismo di varie realtà sociali che stanno organizzando in modo autonomo forme politiche diverse e peculiari rispetto a quelle canonicamente proposte e imposte..
Portano avanti istanze e rivendicazioni di miglioramento delle loro condizioni di esistenza: movimenti studenteschi e universitari, comitati di abitanti di quartiere, sindacati di lavoratori. Su quest’onda nasce anche Il Sindacato dei Minatori Uniti, che porta avanti diritti e lotte dei minatori del paese di Bulqize, paese al centronord confinante con la Macedonia Del Nord, che lavorano per l’azienda AlbChrome, una delle aziende più importanti dello stato, il cui titolare, Samir Mane, è uno degli imprenditori più ricchi del paese, nonchè titolare del fondo privato di investimenti più influente d’Albania. La sua posizione economica, la fitta rete imprenditoriale di cui è a capo e il potere che ne deriva gli permettono di beneficiare dell’appoggio mediatico nazionale e locale e di ottenere agevolazioni politiche e statali a discapito dei servizi pubblici. Gli permettono anche di sfruttare impunemente i lavoratori, negando diritti e tutele fondamentali e basilari, o almeno gli permettevano fino a che all’interno della miniera non è nato il Sindacato, nascita contribuita anche dalla rabbia causata dalla dichiarazione del primo ministro Edi Rama nella quale ha tentato di attirare capitali e investimenti italiani sostenendo che in Albania non ci fossero problemi sindacali, e che ci fossero quindi più libertà imprenditoriali. Poco dopo la nascita del Sindacato, quattro minatori, tra gli esponenti principali, sono stati licenziati. Verosimilmente, dicono i colleghi, per aver scoperchiato una situazione di ingiustizia da sempre perpetrata impunemente.
Da fine novembre 2019 è deflagrata una protesta continua con rottura delle fila e dei turni, abbandono del posto di lavoro, picchettaggio costante, cortei nel paese vicino insieme agli abitanti solidali. Le richieste sono il reintegro dei quattro lavoratori licenziati, un aumento salariale adatto e proporzionale all’usurante lavoro, indennità per infortuni sul lavoro, riconoscimento dello svolgimento di lavoro pesante e ad alto rischio quindi ottenimento anticipato della pensione. Alle istanze dei lavoratori si è unita la solidarietà di cittadini e famiglie, di altri settori di lavoratori, degli studenti universitari (che già l’anno scorso avevano paralizzato la nazione per oltre un mese) con azioni dimostrative e simboliche, scritte di denuncia sui muri delle città e sui mezzi di trasporto, striscioni allo stadio, presidi, controinformazione massiva sui social network, campagne di boicottaggio dei prodotti delle aziende riconducibili a Samir Mane, oltre a volantinaggi insieme ai lavoratori e sostegno attivo nei picchetti. Le ripetute dimostrazioni, lotte, presidi e cortei, denunciano gli attivisti del Sindacato dei minatori, vengono oscurate sistematicamente dai mezzi di informazione e dai partiti politici , a loro dire, a causa della pressione dei fondi privati e del titolare dell’azienda che continuano a imporre la loro influenza.
I minatori hanno deciso quindi di portare la loro voce nella Capitale, a Tirana, in un grande e composito corteo svolto domenica 26 gennaio. Tanta la partecipazione di ragazze e ragazzi, di studenti medi, di universitari, di solidali. Cori e slogan ripetuti come ‘la miniera è di chi lavora, non di chi specula e sfrutta’, ‘orari e condizioni, decidiamo noi, d’ora in poi basta sfruttamento’, ‘il sudore è nostro, il profitto è loro’, ‘lo Stato è Samir Mane’ (a rimarcare come il decisionismo sia nelle mani dell’imprenditoria privata e il potere istitizionale e politico sia complice). Tanti interventi hanno ribadito la rabbia e la dignità di questa lotta portata per le vie del centro, ‘se nascondete la sofferenza e la povertà ve la sbattiamo ovunque’, ‘ci oscurate la lotta, la portiamo dove vogliamo fino a che non otteremo giustizia’, ‘studenti e lavoratori uniti’. Il corteo ha visto tensioni verbali con la polizia e ha sfilato toccando vari punti simbolici quali la sede del governo e la sede della società Alb Chrome. I lavoratori, assieme alla rete di famiglie e studenti, promettono che i ricatti e l’arroganza non saranno più tollerati e che la diffusione delle istanze avverrà con ogni mezzo e in ogni luogo, per tutto il tempo necessario, fino al riconoscimento dei diritti e delle tutele.
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