Il destino di un piccolo pezzo d’Europa a forma di cuore. Un commento sulla fine definitiva di ETA
Da Bilbao.
Oramai é certo.
ETA, la storica Organizzazione della sinistra rivoluzionaria e indipendentista basca ha deciso lo scioglimento e smobilitazione definitivi. I prossimi 5 e 6 maggio, in Iparralde (i Paesi Baschi nella parte francese) in un atto che si presume avrá un carattere di grande rilevanza internazionale, verrá fatta la dichiarazione ufficiale. 50 anni dopo la sua nascita nel pieno della dittatura franchista, a distanza di 7 anni dalla decisione unilaterale di abbandonare la lotta armata, si conclude un processo politico che ha coinvolto – insieme ai militanti in clandestinità ed i prigionieri politici – importanti pezzi della società basca in questi anni. Per quanto annunciata, questa decisione non toglie nulla alla importanza storico-politica, che rappresenta.
A differenza di quello che accadde in Irlanda e recentemente in Colombia (con tutte le problematiche e difficoltá che ognuna rappresenta) lo stato spagnolo ha cercato in ogni modo di mantenere ed alimentare la esistenza di Eta, nella necessaria costruzione di un eterno “nemico interno” che potesse giustificare i livelli abnormi di criminalizzazione e repressione contro ogni forma di dissidenza. Una strategia che ha partorito, paradossalmente proprio in questi ultimi anni in cui é finita la lotta armata, una quantitá di atti libertici nei Paesi Baschi e nel resto dello Stato. La fiamma della emergenza “antiterrorista” deve essere mantenuta sempre viva: quello che sta avvenendo in Catalogna in questi mesi ne è ulteriore paradigma di conferma…
Restano nelle carceri spagnole e francesi, oramai ostaggi di una guerra finita, ancora alcune centinaia di prigionier* politic*, il cui futuro resta ancora avvolto in un limbo fatto per molti, di centinaia di anni. Cosí come la battaglia sulla “narrazione” di quel che é stato il conflitto armato di questi decenni è terreno di una feroce battaglia da parte delle destre e del mainstream mediatico: una Vandea tesa a riscrivere la storia non solo del perché piú generazioni abbiano fatto l’estrema e dura scelta di impugnare le armi, bensí di decenni di lotte resistenza, movimenti di massa, cicli di contropotere ed organizzazione popolare nei territori di quella che, nelle potenti caverne della Spagna monarchica erede del franchismo, è ancora considerata come “provincia ribelle” (a cui oggi Catalunya fa compagnia…).
Finisce dunque non solo una singola esperienza (con tratti originali e differenti dalle altre esperienze europee di avanguardismo armato), quanto una intera epoca con le sue forti connotazioni politiche, peró anche sociali, culturali, artistiche, musicali… quel mondo attraverso il quale un antico conflitto nel cuore d’Europa riusciva a parlare (ed anche affascinare) ampi settori protagonisti delle lotte rivoluzionarie che hanno agito nelle “viscere della bestia”, quelle di Monsieur le Capital.
Finisce anche (e purtroppo già da tempo) quella capacità dei gruppi dirigenti della sinistra indipendentista di interpretare il reale, far analisi di classe, tessere reti solidali, innervare ogni ambito della società di critica radicale e lotta.
È di questo, più di ogni inutile retorica nostalgica a venire, che si sente più la mancanza nei quartieri, nei paesi e nelle piazze di questo piccolo pezzo d’Europa a forma di cuore che sono i Paesi Baschi.
Nicola Latorre, militante internazionalista.
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