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Il digital divide, riflesso del sistema egemonico mondiale

Internet nelle mani dei mastodonti
Il sogno di un pianeta connesso al servizio di tutti sembra irrealizzabile

da Codice Rosso

Più telefoni cellulari e più connessioni a Internet. Tuttavia, il sogno di un pianeta connesso al servizio di tutti sembra irrealizzabile. Il divario digitale separa regioni e fasce d’età in una realtà globale in cui tre persone su quattro di età superiore ai dieci anni possiedono un telefono cellulare. Tuttavia, solo il 65% ha accesso alla rete (https://news.un.org/es/story/2023/12/1526712).
Lo scorso settembre, l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU) ha riferito che nel 2023 2,6 miliardi di persone, circa un terzo della popolazione mondiale, non avranno ancora accesso a Internet. Secondo swissinfo.ch, la principale piattaforma di informazione svizzera, questa cifra è in leggero calo rispetto ai 2,7 miliardi dell’anno precedente. In entrambi i casi, si tratta di circa la metà dei 5,4 miliardi di persone già connesse – “il maggior numero di persone con accesso nella storia”. Tuttavia, nonostante questo risultato, le tendenze attuali non garantiscono l’obiettivo di una connettività “universale e significativa” entro il 2030 (https://www.swissinfo.ch/spa/brecha-digital_onu-advierte-que-un-tercio-de-la-poblaci%C3%B3n-mundial-permanece-sin-acceso-a-internet-en-2023/48806528).

A fine novembre, l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (UIT), agenzia specializzata delle Nazioni Unite, ha commentato che “gli ultimi dati sulla connettività globale mostrano una crescita, ma rimangono delle lacune”. L’analisi del traffico internet e della copertura della rete 5G, la più veloce per l’uso domestico, rivela forti differenze tra i Paesi ad alto reddito e quelli a basso reddito (https://www.itu.int/es/mediacentre/Pages/PR-2023-11-27-facts-and-figures-measuring-digital-development.aspx).
Secondo la pubblicazione di punta dell’UIT, Facts and Figures, i “progressi costanti ma disomogenei nella connettività Internet globale” confermano la realtà di significative disuguaglianze globali.
Nella sua innovativa analisi sull’utilizzo dei dati Internet, l’UIT ha rilevato che entro il 2022 i servizi a banda larga fissa (quelli che dominano negli uffici e nelle case) hanno rappresentato oltre l’80% del traffico globale, superando di gran lunga le reti a banda larga mobile. Nei Paesi a basso reddito, a causa dei prezzi elevati e della mancanza di infrastrutture, la popolazione ha solo un abbonamento alla banda larga fissa ogni 100 persone.
Il costo rimane una delle principali barriere alla connettività e un fattore chiave del divario digitale globale.Nelle economie a basso reddito, il prezzo medio di un abbonamento di base alla banda larga mobile è pari all’8,6% del salario medio, mentre nei Paesi ad alto reddito è solo dello 0,4%. In altre parole: circa 22 volte più costoso.

Traffico Internet: le disuguaglianze sono evidenti

Inoltre, secondo il rapporto dell’UIT, i Paesi “poveri” non solo hanno meno persone connesse a Internet, ma utilizzano anche meno dati, “quindi non stanno realizzando appieno il potenziale della connettività o i benefici della trasformazione digitale”.Facts & Figures 2023 sottolinea che questa disuguaglianza globale si riscontra anche nell’utilizzo della rete di telefonia mobile 5G, lanciata nel 2019, che attualmente copre quasi il 40% della popolazione mondiale. Tuttavia, come nel caso del traffico dati su Internet, mentre nei Paesi ad alto reddito copre l’89% della popolazione, nei Paesi a basso reddito è praticamente inesistente.
In molti Paesi poveri, la rete mobile 3G, che è molto meno potente del 5G, è spesso l’unico mezzo per collegarsi al telefono e accedere a Internet. La situazione è aggravata dal fatto che la rete 3G non è sufficiente per accedere a tutti i vantaggi della tecnologia digitale, come la diagnostica medica a distanza o l’e-learning. Per quanto riguarda il servizio 4G, sebbene offra ancora una via efficace alla connettività, raggiunge solo il 39% della popolazione nei Paesi a basso reddito.

Profondo divario regionale

I 5,4 miliardi di utenti Internet rappresentano un planisfero dalle forti disuguaglianze geografiche. In Europa, nella Comunità degli Stati Indipendenti (9 dell’ex Unione Sovietica) e nelle Americhe, circa il 90% della popolazione ha accesso a Internet.
La percentuale scende a meno del 70% negli Stati arabi, in Asia e nel Pacifico. In Africa la percentuale scende drasticamente ad appena il 37%.
Le differenze di accesso non dipendono solo dalle caratteristiche regionali, ma anche dal sesso e dall’età. A livello globale, il 70% degli uomini utilizza Internet, rispetto al 65% delle donne.
Inoltre, i giovani sono più connessi rispetto al resto della popolazione.
Nel 2023, il 79% delle persone di età compresa tra i 15 e i 24 anni ha utilizzato Internet, circa 14 punti percentuali in più rispetto al resto della popolazione.
Infine, l’81% della popolazione urbana ha accesso circa 1,6 volte in più rispetto alla popolazione delle aree rurali.

Oltre le percentuali e le cifre

Mentre l’UIT monitora lo sviluppo tecnico della connettività globale, la Conferenza internazionale sulla teoria e la pratica della governance elettronica (ICEGOV) promuove una riflessione concettuale su come muoversi verso una conoscenza digitale equa e inclusiva (https://www.icegov.org). Lo scorso settembre, il Programma Informazione per tutti (IFAP) dell’UNESCO e il Centro Regional de Estudios sobre el Desarrollo de la Sociedad de la Información (Cetic.br|NIC.br), con il sostegno dell’UNESCO di Montevideo, hanno organizzato congiuntamente una tavola rotonda e un workshop a Belo Horizonte, in Brasile, nel quadro di ICEGOV 2023.
Il tema centrale di questi eventi simultanei è stata la necessità di politiche basate sull’evidenza di sviluppare una società della conoscenza digitale equa e inclusiva, con un’attenzione particolare alla regione dell’America Latina e dei Caraibi (https://www.unesco.org/es/articles/avanzando-en-la-gobernanza-digital-mediante-politicas-basadas-en-evidencia-en-america-latina-y-el).
Nell’ottobre 2024 l’ICEGOV terrà la sua prossima conferenza internazionale, questa volta in Sudafrica, con il titolo “Trust and Ethical Digital Governance for the World We Want”. Si inserirà in un processo di riflessione che negli ultimi 16 anni ha già promosso incontri simili in 13 Paesi di tutti i continenti.
Iniziative e processi in corso che, pur arricchendo la riflessione, si confrontano sempre con realtà condizionanti molto specifiche, come il monopolio del traffico globale di Internet. Nel 2022, secondo la rivista Byte TI, più della metà (56%) di questo traffico era nelle mani di sei giganti della tecnologia: Google, Facebook, Netflix, Amazon, Microsoft e Apple (https://revistabyte.es/actualidad-it/las-6-empresas-flujo-de-internet/). Il blog specializzato Cloudflare ha sottolineato che, entro la fine del 2023, e nonostante il calo di popolarità di Netflix, questo elenco si è ampliato a dieci grazie all’aggiunta di altri cinque giganti:TikTok, YouTube, AWS, Instagram e iCloud.
Questa concentrazione è allarmante, non solo per la quantità di informazioni in così poche mani. Lo è anche per l’estrema diversità dei settori in cui regna, comprendendo praticamente tutte le categorie più critiche e rilevanti di servizi online: dall’IA generativa (in piena espansione dopo il lancio di ChatGPT nel novembre 2022) ai social network, all’e-commerce, allo streaming video, alle notizie, alla messaggistica, al metaverso e ai videogiochi, nonché ai servizi finanziari e di cripto valuta (https://blog.cloudflare.com/radar-2023-year-in-review-internet-services-es-es).
Da questa rapida istantanea emergono due constatazioni: il volume fondamentale e il controllo di Internet sono nelle mani di una manciata di grandi società transnazionali (per lo più monopolistiche), che controllano una serie di attività tanto essenziali quanto decisive per il funzionamento quotidiano dell’umanità, ponendo l’accento sui prodotti redditizi. Il digital divide corrisponde a un modo di organizzare l’architettura economico-finanziaria globale. Proprio da qui, un punto di tensione che sembra irrisolvibile: fino a che punto si può immaginare un Internet (e un mondo digitale) equo e inclusivo, essenziale anche per l’istruzione e la formazione umana, se è controllato da attori monopolistici con le loro logiche e i loro obiettivi di rendimento commerciale?

*Sergio Ferrari
Journaliste RP/periodista RP
Tel: (00 41) 078 859 02 44
sergioechanger@yahoo.fr

*Edizione finale curata da Andrea Vento (Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati)

Qui l’articolo originale:
https://www.elcohetealaluna.com/la-irresoluble-brecha-digital/

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