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Jeremy Hammond, hacktivista ed anon condannato a 10 anni. Le sue dichiarazioni

Lo scorso 15 novembre è stato condannato a 10 anni di reclusione Jeremy Hammond, compagno, hacker ed attivista, arrestato a seguito del suo coinvolgimento nell’Operazione Antisec come membro di Anonymous e LulzSec. Tale operazione era rivolta a svelare, a partire dall’exploiting e dalla divulgazione delle vulnerabilità di importanti siti istituzionali e privati, la trama di relazioni e connivenze tra apparati di polizia ed servizi segreti e centrali di potere economico; tra le quali spiccava la Stratfor, azienda arrivata a gestire una sorta di intelligence parallela con una rete di informatori globale. La nostra traduzione della sua memoria – pubblicata sul sito freeanons.org – che riportiamo qui di seguito, parla della storia del suo impegno nei movimenti anticapitalisti ed antimilitaristi in rete e non, delle motivazioni che hanno animato il suo operato e di alcune dinamiche di funzionamento del gruppo di LulzSec, vittima dell’infiltrazione di Sabu, un hacker rivelatosi informatore dell’FBI. Tradimento che ha portato all’incriminazione ed alla condanna di Jeremy, al termine di un processo da corte marziale – segnato dall’applicazione di norme pre-esistenti ad internet (il Computer Fraud and Abuse Act dell’evocativo 1984) e dal lampante conflitto di interessi della giudice Preska (consorte di un impiegato presso una ditta cliente della Stratfor vittima dei leak), che ha suscitato una potente mobilitazione in rete ed al di fuori di essa. Alla sentenza è seguito il rilascio da parte di Wikileaks di tutto il materiale inedito del database di Stratfor in proprio possesso.

 

***

Buon giorno. Grazie per questa opportunità. Il mio nome è Jeremy  Hammond e sono qui per essere condannato per le attività di hacking svolte durante la mia attività in Anonymous. Sono stato rinchiuso al MCC per gli scorsi 20 mesi ed ho avuto un sacco di tempo per pensare a come avrei spiegato le mie azioni.

Prima di iniziare, vorrei prendermi un momento per riconoscere il lavoro delle persone che mi hanno sostenuto. Vorrei ringraziare tutti gli avvocati e le altre persone che hanno lavorato sul mio caso: Elizabeth Fink, Susan Kellman, Sarah Kunstler, Emily Kunstler, Margaret Kunstler, e Grainne O’Neill. Vorrei ringraziare anche la National Lawyers Guild, il Jeremy Hammond Defense Committee and Support Network, Free Anons, l’Anonymous Solidarity Network, la Anarchist Black Cross, e tutti gli altri che mi hanno aiutato scrivendo una lettera di sostegno, inviandomi lettere, presenziando alle mie udienze e diffondendo la notizia della mia vicenda. Vorrei anche dare la mia gratitudine ai miei fratelli e sorelle dietro le sbarre e quelli che sono ancora lì fuori a combattere il potere.

Gli atti di disobbedienza civile ed azione diretta per i quali sto venendo condannato oggi sono in linea con i principi di comunità ed eguaglianza che hanno guidato la mia vita. Ho hackerato dozzine di aziende ed istituzioni governative di alto profilo, comprendendo molto chiaramente che ciò che stavo facendo era contro la legge, e che le mie azioni avrebbero potuto farmi finire nelle prigioni federali. Ma ho sentito che avevo l’obbligo di utilizzare le mie capacità per rivelare ed affrontare l’ingiustizia – e portare la verità alla luce.

Potevo raggiungere gli stessi obiettivi attraverso mezzi legali? Ho provato di tutto, dal sottoscrivere petizioni alla protesta pacifica, ed ho riscontrato che chi è al potere non vuole che la verità sia portata alla luce. Quando diciamo le cose come stanno al potere nel migliore dei casi siamo ignorati e, nel peggiore, brutalmenete repressi. Stiamo affrontando una struttura di potere che non rispetta il suo stesso sistema di checks and balances, per non parlare dei diritti dei suoi stessi cittadini o della comunità internazionale.

La mia iniziazione alla politica fu quando George W. Bush rubò l’elezione presidenziale nel 2000, e successivamente approfittò delle ondate di razzismo e patriottismo dopo l’11/9 per varare guerre imperialiste unilaterali contro l’Iraq e l’Afghanistan. Scesi in piazza in protesta ingenuamente, ritenendo che le nostre voci sarebbero state recepite a Washington e che avremmo potuto fermare la guerra. Al contrario, siamo stati etichettati come traditori, picchiati ed arrestati. Sono stato arrestato per numerosi atti di disobbedienza civile nelle strade di Chicago, ma non fu prima del 2005 che utilizzai le mie capacità informatiche per infrangere la legge come protesta politica. Fui arrestato dall’FBI per aver violato i sistemi informatici di un gruppo di destra favorevole alla guerra chiamato Protest Warrior, un’organizzazione che vendeva t-shirt razziste sul proprio sito web e molestava i gruppi anti-militaristi. Finii imputato sotto il Computer Fraud and Abuse Act, e la “perdita prevista” nel mio caso venne calcolata arbitrariamente moltiplicando per 500$ le 5000 carte di credito nel database di Protest Warrior, per un totale di 2,5 milioni di dollari. I parametri della mia sentenza vennero calcolati sulle basi di questa “perdita”, anche se non una sola carta di credito è stata utilizzata o distribuita – da me o da chiunque altro. Venni condannato a due anni di prigione.

In carcere ho visto con i miei occhi l’orrenda realtà di come il sistema di giustizia penale distrugga le vite di milioni di persone tenute prigioniere dietro le sbarre. L’esperienza ha consolidato la mia opposizione alle forme repressive di potere e l’importanza di sollevarsi per ciò in cui si crede.

Quando venni rilasciato, ero pronto a dare seguito al mio impegno nelle lotte per il cambiamento sociale. Non volevo tornare in prigione, così mi sono concentrato sull’organizzazione di collettività alla luce del sole. Ma nel corso del tempo i limiti della protesta pacifica mi hanno frustrato, considerandoli come riformisti ed inefficaci. L’amministrazione Obama ha proseguito le guerre in Iraq ed Afghanistan, ha intensificato l’utilizzo dei droni ed ha mancato di chiudere Guantanamo Bay.

Intorno a quel periodo, seguivo il lavoro di gruppi come Wikileaks ed Anonymous. Era molto motivante vedere le idee dell’hacktivismo arrivare a maturazione. Fui particolarmente commosso dalle eroiche azioni di Chelsea Manning, che aveva svelato le atrocità perpetrate dalle forze statunitensi in Iraq ed Afghanistan. Si è sobbarcata un rischio personale enorme per far uscire queste informazioni – credendo che il pubblico avesse il diritto di sapere e sperando che le sue rivelazioni sarebbero state un passo positivo per porre fine a questi abusi. Fa male al cuore sapere del crudele trattamento a lei riservato nella custodia militare.

Ho pensato a lungo e in profondo rispetto allo scegliere ancora questa strada. Ho dovuto chiedermi: se Chelsea Manning è caduta nel terribile incubo del carcere lottando per la verità, avrei potuto – in base alla mia coscienza – aver fatto qualcosa di meno di lei, se ne avessi avuto la possibilità? Ho pensato che il miglior modo di manifestare la solidarietà fosse quello di continuare il lavoro di far venire alla luce ed affrontare la corruzione.

Sono stato attratto da Anonymous perché credo nell’azione diretta, autonoma e decentralizzata. All’epoca Anonymous era impegnato nelle operazioni di supporto alle sollevazioni della Primavera Araba, contro la censura ed in difesa di Wikileaks. Avevo tanto da contribuire, incluse le mie capacità tecniche e come meglio articolare idee ed obiettivi. E’ stato un momento entusiasmante – la nascita di un movimento di dissenso digitale, in cui le definizioni e le capacità dell’hacktivismo venivano formate.

Ero particolarmente interessato dal lavoro degli hacker di LulzSec che violavano alcuni bersagli significativi e si politicizzavano crescentemente. Intorno a quel periodo, iniziai a parlare con Sabu, che era molto loquace sugli hack che aveva presuntamente effettuato, ed incoraggiava gli hackers ad unirsi e ad attaccare grossi sistemi governativi ed aziendali sotto la sigla di Anti Security. Ma molto presto durante il mio coinvolgimento, gli altri hacker di LulzSec furono arrestati, lasciandomi a violare i sistemi e scrivere comunicati stampa. Successivamente, avrei appreso che Sabu era stato il primo ad essere arrestato, e che nell’intero periodo in cui comunicavo con lui era stato un informatore dell’FBI.

Anonymous fu anche coinvolto nelle prime fasi di Occupy Wall Street. Presenziavo regolarmente in piazza come parte di Occupy Chicago ed ero molto entusiasta di vedere un movimento di massa globale contro le ingiustizie del capitalismo e del razzismo. In alcuni brevi mesi, le “Occupazioni” terminarono, chiuse dai giri di vite della polizia e dagli arresti di massa dei dimostranti che venivano sbattuti fuori dai loro stessi parchi pubblici. La repressione di Anonymous e del movimento Occupy  impostò la linea contro Antisec nei mesi successivi – la maggioranza dei nostri hack contro bersagli della polizia si diedero come rappresaglia per gli arresti dei nostri compagni.

Ho preso di mira i sistemi di law enforcement a causa del razzismo e della disuguaglianza con cui la legge penale viene applicata. Ho preso di mira i produttori ed i distributori di equipaggiamento militare e di polizia che profittano degli armamenti utilizzati per far progredire gli interessi economici e politici degli Stati Uniti all’estero e di reprimere il popolo all’interno. Ho preso di mira le aziende dell’information security perché esse lavorano in segreto per proteggere interessi governativi ed aziendali a spese dei diritti individuali, minando e screditando attivisti, giornalisti ed altri ricercatori di verità, e diffondendo disinformazione.

Non ho mai sentito parlare di Stratfor finché Sabu non l’ha portata alla mia attenzione. Sabu incoraggiava le persone ad invadere i sistemi, ed aiutava a dare una strategia agli attacchi ed a facilitarli. Mi ha persino fornito le vulnerabilità dei bersagli trasmessi da altri hacker, così è stata una grande sorpresa apprendere che Sabu avesse lavorato con l’FBI per tutto il tempo.

Il 4 Dicembre 2011 Sabu venne avvicinato da un altro hacker che aveva già violato il database delle carte di credito di Stratfor. Così Sabu, sotto gli occhi vigili dei suoi burattinai governativi, portò l’hack ad Antisec, invitando quest’hacker nella nostra chatroom privata, dove fornì i link di download all’intero database delle carte di credito, oltre all’iniziale punto di accesso di vulnerabilità dei sistemi di Stratfor.

Ho passato un po’ di tempo ad indagare su Stratfor ed a revisionare le informazioni che ci erano state date, ed ho deciso che le loro attività e la loro clientela li rendevano un bersaglio meritevole. Ho trovato ironico che la ricca e potente clientela di Stratfor vedesse le proprie carte di credito impiegate per donazioni ad organizzazioni umanitarie, ma il mio ruolo principale nell’attacco era di recuperare le bobine delle mail private di Stratfor, che è dove solitamente si trovano tutti i panni sporchi.

Mi ci è voluto più di una settimana per guadagnare ulteriore accesso ai sistemi interni di Stratfor, ma infine violai il loro server mail. Lì c’erano così tante informazioni che dovemmo ricorrere a diversi server dei nostri per trasferirvi le email. Sabu, che era coinvolto in ogni fase dell’operazione offrì un server, il quale era fornito e monitorato dall’FBI. Nelle settimane successive, le e-mail vennero trasferite, le carte di credito vennero utilizzate per le donazioni ed i sistemi di Stratfor vennero defacciati e distrutti. Il motivo per cui l’FBI ci avesse fatto conoscere l’hacker che aveva individuato la vulnerabilità iniziale e permesso a quest’hack di proseguire rimane un mistero.

Come risultato dell’hack di Stratfor, alcuni dei pericoli dell’industria non regolata dell’intelligence privata sono ora risaputi. E’ stato rivelato attraverso Wikileaks ed altri giornalisti nel mondo che Stratfor manteneva una rete di informatori globale, che usava per ingaggiare attività di sorveglianza pervasive e potenzialmente illegali per contro di grandi aziende multinazionali.

Dopo Stratfor, ho continuato a violare altri bersagli, utilizzando un potente “zero day exploit” che mi consentiva l’accesso come amministratore ai sistemi su cui girava la popolare piattaforma di webhosting Plesk. Sabu mi chiese molte volte di accedere a questo exploit, ma io glielo negai. Senza il suo accesso indipendente, Sabu continuò a rifornirmi di liste di bersagli vulnerabili. Violai numerosi siti web che forniva, caricai gli accounti email ed i database rubati sul server dell’FBI di Sabu e girai password e backdoors che consentirono a Sabu (e, per estensione, ai suoi burattinai dell’FBI) di controllare questi bersagli.

Queste intrusioni, tutte suggerite da Sabu mentre quest’ultimo cooperava con l’FBI, interessarono migliaia di nomi di domini e consistevano in larga parte di siti web di governi stranieri, inclusi quelli di XXXXXXX, XXXXXXXX, XXXX, XXXXXX, XXXXX, XXXXXXXX, XXXXXXX e XXXXXX XXXXXXX. In un caso, Sabu ed io fornimmo informazioni di accesso agli hacker che si accinsero a defacciare e distruggere molti siti di governo in XXXXXX. Non so come altre informazioni che gli ho fornito possano essere state utilizzate, ma credo che la raccolta e l’utilizzo di questi dati da parte del governo debba essere investigata.

Il governo celebra la mia condanna ed il mio imprigionamento, sperando che chiuda il sipario sull’intera storia. Mi prendo la responsabilità delle mie azioni dichiarandomi colpevole, ma quando il governo sarà chiamato a rispondere dei suoi crimini?

Gli USA ingigantiscono la minaccia degli hacker al fine di giustificare il multimiliardario complesso di cyber sicurezza industriale, ma sono anche responsabili della stessa condotta che aggressivamente perseguono e sostengono di voler prevenire. L’ipocrisia della “legge ed ordine” e le ingiustizie causate dal capitalismo non possono essere curate dalla riforma istituzionale, ma attraverso la disobbedienza civile e l’azione diretta. Sì, ho infranto la legge, ma credo che a volte le leggi debbano essere rotte al fine di fare spazio al cambiamento.

Nelle immortali parole di Frederick Douglas, “il Potere non concede nulla senza una rivendicazione. Non lo ha mai fatto e mai lo farà. Trovate solo ciò a cui ogni persona si sottometterà quietamente ed avrete trovato l’esatta misura dell’ingiustizia e del torto che verranno loro imposti,  e che continueranno finché non troveranno resistenza o con le parole, o con i colpi o per mezzo di entrambi. I limiti dei tiranni sono stabiliti dalla resistenza di quelli che opprimono.”

Con ciò non voglio dire di non avere rimpianti. Mi rendo conto di aver divulgato le informazioni personali di persone innocenti che non hanno nulla a che vedere con le operazioni delle istituzioni che ho preso di mira. Mi scuso per la divulgazione di dati nocivi agli individui ed irrilevanti per i miei obiettivi. Credo nel diritto individuale alla privacy – dalla sorveglianza governativa e da attori come il sottoscritto, ed riconosco il paradosso del mio stesso coinvolgimento nella prevaricazione di questi diritti. Sono votato a lavorare per rendere questo mondo un posto migliore per tutti noi. Credo tuttora nell’importanza dell’hacktivismo come forma di disobbedienza civile, ma è tempo per me di passare ad altri modi di cercare il cambiamento. Il periodo che ho passato in carcere ha avuto un forte impatto sulla mia famiglia, i miei amici e la mia comunità. So che a casa hanno bisogno di me. Riconosco che 7 anni fa mi trovavo davanti ad un giudice federale diverso, affrontando simili accuse, ma questo non diminuisce la sincerità di ciò che vi dico oggi. Mi ci è voluto molto tempo per scrivere tutto ciò, per spiegare le mie azioni, sapendo che fare così – onestamente – potrebbe costarmi ulteriori anni della mia vita in carcere. Sono consapevole che potrei dover scontare fino a 10 anni, ma spero anche di no, dato che credo che ci sia così tanto lavoro da fare.

 

RESTATE FORTI E CONTINUATE A LOTTARE!


***

 

Qui una serie di indirizzi per scrivere agli Anonymous in carcere (quello di Jeremy sarà aggiornato)


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