La lezione di Ferguson: la rivolta paga!
Ferguson, Missouri – Dopo che un poliziotto ha ucciso un teenager disarmato, è esplosa la rivolta. Dopo che il grand jury non ha incriminato l’agente e la polizia ha usato i lacrimogeni contro manifestanti innocenti, sono esplosi i riot. Ora che il fumo dei lacrimogeni si è disperso, molti americani stanno giungendo a una conclusione scioccante: la rivolta ha funzionato.
In un sacco di città si è riprodotto il medesimo scenario: un poliziotto ammazza una persona disarmata in maniera palesemente ingiustificata, ma usando la parola magica “Avevo paura per la mia vita” non viene incriminato per omicidio. La cosa probabilmente più interessante è che la morte di Mike Brown, seppur ingiustificabile, è stata indubbiamente quella che i media hanno maggiormente tentato di discolpare. Ma la sua morte è l’unica che non è avvenuta totalmente invano. Perché? Perché I cittadini della sua comunità si sono rivoltati.
A Beavercreek, in Ohio, un poliziotto ha sparato a un giovane dentro un Wal-Mart senza che questo stesse facendo nulla di male. L’agente è stato totalmente deresponsabilizzato nonostante mesi di proteste e un video che mostra come sparare fosse assolutamente senza giustificazioni. Il capo della polizia aveva annunciato le dimissioni, ma ha cambiato idea quando il ragazzo ferito è morto. Forse una rivolta avrebbe cambiato qualcosa? Adesso sono in molti a credere di sì. Un attivista coinvolto nelle proteste in entrambe le situazioni afferma: “Bisogna parlare al governo con l’unico linguaggio che può capire: la forza”.
Dopo lo scoppio della violenza a Ferguson, i leader dei diritti civili e politici di vario livello hanno fatto appello alla pace. Ma gli americani si stanno ora chiedendo perché dovrebbero usare metodi pacifici mentre il governo continua a usare la violenza, anche perché le tattiche pacifiche non stanno funzionando per fermare gli abusi di polizia.
Il governo ha abituato le persone a credere che le proteste pacifiche funzionano. I media sotto l’influenza del governo usano soprattutto la figura di Martin Luther King. Ma, passati ormai alcuni decenni, la gente ha capito che il Civil Rights Act non è stato approvato grazie alle parole del Reverendo. Si è anzi scoperto che tale legislazione fu proposta perché le autorità federali temevano le persone che si stavano armando contro la polizia. Certo, è il contrario di ciò che si legge nei libri di storia, ma non c’è bisogno di questi per capire com’è andata in verità. Alcuni nastri oggi non più segreti dimostrano che la reale motivazione che ha portato al Civil Rights Act è stata la rivolta di Birmingham. In una di queste conversazioni decodificate Robert Kennedy diceva:
“Walker, il Reverendo negro … ha detto che i negri, quando stanotte scenderà il buio, andranno a caccia, andranno contro la polizia pronti a sparare per uccidere. Dice che non ha più il controllo … si potrebbe scatenare un’ondata di violenza in tutto il paese, coi negri che dicono che hanno subito abusi per tutti questi anni e che ora sono pronti a seguire le idee dei musulmani neri … Se però vedessero che il governo federale è loro amico, che interviene in loro favore, che è intenzionato a lavorare per loro, questo potrebbe farne desistere molti. Credo ciò debba indurci a fare qualcosa …“.
Il presidente Kennedy rispose:
“Prima di tutto dobbiamo tentare la via law and order, impedire che i negri scorrazzino per tutte le città … Se il tentativo di mediazione a Birmingham salta, l’unico rimedio che avremo sarà allora mandare il Civil Rights Act subito al congresso … Come risposta per dimostrare che effettivamente intendiamo muoverci sul piano legislativo“.
La violenza, non discorsi estremamente eloquenti, è ciò che infine a prodotto quella significativa legislazione.
L’altro esempio che usano i media è quello di Ghandi in India. Il movimento indipendentista indiano si è costituito attorno al 1800. La resistenza passiva di Ghandi è iniziata nel 1920. L’indipendenza si è raggiunta trent’anni dopo, nel 1947. Un altro movimento sorse a fianco di quello pacifista di Ghandi, chiamato QUIT India. Ghandi appoggiò tale movimento che fece ampiamente ricorso ad agguati e bombe. Cinque anni prima che i britannici garantissero l’indipendenza, l’Indian National Army iniziò a finanziare una campagna di omicidi.
Come nel caso del movimento americano per i diritti civili, un uomo carismatico che predicava la nonviolenza unì il movimento, ma furono gli atti violenti ad ottenere la vittoria finale.
Nelson Mandela iniziò usando la nonviolenza, ma non funzionò. Quando una violenza diffusa si orientò contro il governo dell’Apartheid, d’improvviso cambiarono le leggi.
Il killer di Ferguson potrà essere ancora in libertà, ma gli effetti della rivolta si sono fatti sentire. Alcuni poliziotti sono stati licenziati, altri hanno dato le dimissioni, anche il capo della polizia si è dimesso così come il city manager e il giudice municipale, e in tutto ciò ci sono state molto dichiarazioni ufficiali che hanno ammesso che il dipartimento di polizia di Ferguson era sfacciatamente razzista. Ci sono tuttora forti pressioni affinché anche il sindaco si dimetta, anche se sta cercando di dimostrare una sua non responsabilità. Questi sono solo alcuni degli effetti immediati a Ferguson.
In tutto il paese i politici e i capi della polizia sono ora sotto pressione perché hanno compreso che se perseverano a non sanzionare i casi in cui dei poliziotti ammazzano persone disarmate, ne pagheranno il prezzo. Perderanno il posto e la pensione… ma solo se c’è una rivolta.
La dura realtà per cui il governo risponde solo di fronte alla violenza è stata ormai compresa da molti. Il paese è ora disposto entro stanze piene di polvere da sparo che potrebbero esplodere in un’insurrezione, e i dipartimenti di polizia stanno agitando un fiammifero acceso verso la gente.
Dunque, le persone che hanno condannato i riot descrivendoli come insensate distruzioni, dovrebbero chiedere scusa ai rivoltosi. Gli attivisti e chi ha protestato a Ferguson potrebbero aver dato il là al primo vero vento di protesta contro il governo, nella guerra contro lo stato di polizia.
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