Milano trema, sul viale del tramonto berlusconiano?
Berlusconi cade a Milano, e per quanto il duello Moratti-Pisapia sia rinviato al ballottaggio, il tonfo del Pdl e della Lega è rumoroso. Ecco il conto che viene servito a Silvio dopo mesi di tensioni e macchiette, di tenuta nella scossa che ha attraversato il governo. Indicativo il processo che ha portato l’Italia alla partecipazione nella guerra in Libia, laddove il diktat di Obama e Sarkozy – tramite il cuscinetto Napolitano – è andato ad assumere una temporanea ‘garanzia’ contro la crisi, una protezione internazionale dinnanzi all’esplodere del debito e al freno della speculazione. Quindi B. ha usufruito del dispositivo di galleggiamento ma ha perso nel promettere una ripresa economica che non si è affatto data, i consumi sono rimasti al palo, così come la chimera individualista berlusconiana. Dentro questo gioco è rimasta imprigionata la Lega Nord di Bossi, che non è riuscita nell’operazione di differenziazione da B. e soci, stretta nella morsa di ‘normalizzazione’ nelle stanze del potere. Lega Nord che immaginava le elezioni amministrative come già una possibile prefigurazione del post-Berlusconi, dove andare ad assumere sempre di più il ruolo di ago della bilancia, rubando la funzione di terzo polo al trio Fini-Rutelli-Casani (…), artificio aggregato rivelatosi più che fallimentare. I silenzi della compagine governativa esprimono bene la difficoltà nella quale il governo oggi si trova, nel digerire un risultato amaro, che apre non solamente una nuova stagione di tensioni Pdl-Lega (i pruriti e i fastidi reciproci sono l’unico dato che ora emerge) ma anche differenti possibilità e prospettive, sulle quali la stampa mainstream stamane si prodiga…
Il frente anti-B. se voleva testare la sua tenuta non può certo esultare per un risultato dipendente più dai crolli altrui che dalla capacità di fare opposizione in un paese nel quale Partito Democratico, Italia dei Valori, Sinistra e Libertà e altri parassitano una presunta vittoria colma di contraddizioni e limiti. Che Fassino s’imponesse a Torino era scontato ed atteso, sorprendente sarebbe stato il contrario in una partita tra le meno interessanti del panorama elettorale. Il Grissino riceve in eredità il carrozzone di Chiamparino, che esce di scena tirando un sospiro di sollievo nel trasmettere ad altri i costi della sua amminmistrazione. Certo è che i nodi verranno al pettine: il debito economico enorme del Comune, le macerie dell’architettura delle Olimpiadi, la ristrutturazione Fiat comandata da Marchionne. La transizione torinese sarà quindi soft, connotata dalla continuità, resta da capire fino a quando.
L’affermazione di Merola a Bologna è andata ad inserirsi all’interno di un percorso tortuoso per il Partito Democratico, fattosi commissariare il Comune dopo lo scandalo che ha travolto Del Bono quindi la sua amministrazione. Voto bolognese che ci restituisce l’exploit del Movimento Cinque Stelle di Grillo, che anche se ha causato nuove preoccupazioni democratiche non si è rilevata una sorpresa nella città emiliana, vista la capacità di incarnare lo spirito più genuino nel siparietto della politica, al quale corrisponde una presenza costante delle iniziative in una città che – non a caso – Grillo ha fatto diventare capitale del suo movimento. Napoli e Milano sono quasi espressione – pur nell’estrema differenza urbano – della stessa faccia della medaglia, profittando nella metropoli meneghina del crollo berlusconiano e leghista, giocando nelle contraddizioni nella città partenopea. A Milano Pisapia incassa un risultato sorprendente, beneficiando della precarietà morattiana, solcando diritto dopo le primarie di coalizione che hanno visto imporsi il candidato di Vendola nonostante Sinistra e Libertà registri un sostanziale ko elettorale su scala nazionale, che la dice lunga sulle aspirazioni ambiziose di chi si è giocato male e con troppa pretesa le proprie carte, oramai costretto a rincorrere il Pd della Bindi per mendicare un posto magari al sole. Sintomatico osservare come SeL abbia appoggiato, a Napoli, il candidato democratico Morcone contro il piddiellino Lettieri, rompendo con la candidatura dell’Italia dei Valori De Magistris, che ha riscosso il risultato del voto di protesta, crepuscolo d’alternativa favorito dal disastro compiuto negli anni dal duo Bassolino-Iervolino.
Il disordine sotto il cielo resta grande, con Berlusconi zoppicante dopo aver quasi concentrato sulla sua persona il voto, la Lega nervosa per lo shock di Milano e la disaffezione della sua base elettorale, la squadra democratica euforica per un successo più di bandierine che di altro… e Prodi indirettamente risponde a quanto ci chiedevamo – chi ha vinto e chi ha perso – ieri sera: ‘ha vinto l’Ulivo’, resurrezioni fuori tempo massimo o coalizioni zombie che ritornano…
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