Oro e argento dietro la persecuzione militare contro la polizia comunitaria
Messico. L’occhio è sulle miniere. Per questa ragione viene militarizzato il Guerrero, si distribuiscono viveri, arrestano la polizia comunitaria con accuse di legami con la guerriglia, creano polizie rurali e incarcerano e comprano dirigenti comunitari, coincidono gli intervistati nel Guerrero.
Il Coordinamento Regionale delle Autorità Comunitarie-Polizia Comunitaria (CRAC-PC), l’organizzazione con più anni nella montagna del Guerrero che esercita sicurezza, giustizia e rieducazione, è stata nuovamente perseguitata da membri dell’esercito messicano. A Olinalá, il 21 agosto, sono stati arrestati Nestora Salgado García –una delle massime autorità dei popoli della zona– e vari elementi della PC della Casa di Giustizia di El Paraíso.
Nella Montaña e nella Costa Chica, raccontano, convogli dell’esercito sono entrati da varie zone. Ad Ayutla de los Libres, hanno perquisito la Casa di Giustizia di El Paraíso, e nella comunità di Quihuatepec, centinaia di soldati hanno liberato vari rieducati e hanno fatto prigionieri dei poliziotti comunitari. A Olinalá, soldati cercano nelle frazioni i membri della polizia comunitaria.
Coincidono sull’analisi del contesto del Guerrero il Collettivo Contro la Tortura e l’Impunità (CCTI), il Centro Regionale di Difesa dei Diritti Umani “José María Morelos y Pavón” e il Fronte delle Organizzazioni Democratiche dello Stato del Guerrero, che in un documento di azione urgente dichiarano che “queste azioni avvengono nell’ambito di una crescente militarizzazione della regione della Montaña e della Costa Chica del Guerrero, che dalle autorità è stata giustificata come facente parte degli accampamenti che si stanno realizzando nell’ambito della Crociata contro la Fame nella regione”.
L’esecutivo federale e l’esercito hanno una visione controinsurrezionale, dichiara a Desinformémonos Vidulfo Rosales, avvocato del Centro per i Diritti Umani della Montaña Tlachinollan: “Vogliano dare una soluzione militare a problematiche sociali che lo stesso stato ha creato e che è incapace di risolvere”. È paradossale che nel Guerrero “siano portati nelle prigioni federali i compagni della Polizia Comunitaria, quando il crimine organizzato passeggia per le strade di Chilpancingo e Acapulco e a tutte le ore appaiono dei morti”.
L’avvocato di Tlachinollan racconta che il governo federale fa una lettura sbagliata, “pensano che questi poliziotti comunitari possano essere coinvolti con gruppi guerriglieri o sovversivi”, la cosa non sta così, ricorda. I gruppi di polizia comunitaria sono il risultato “della omissione dello stato nel portare a termine i compiti di sicurezza e giustizia, di fronte al sequestro e all’estorsione, situazione che aumenta nelle comunità indigene. I popoli si stanno occupando della sicurezza delle proprie comunità”, racconta il difensore dei diritti umani.
Comunitari, in carcere
Nestora Salgado, la principale dirigente della Polizia Cittadina di Olinalá, nell’ottobre del 2012 si mise alla testa del movimento per la sicurezza che espulse dei sicari dalla propria comunità. Ora la si accusa di sequestro equiparato con l’aggravante di curatore fallimentare di Olinalá, ed è stata inviata a Nayarit, in un carcere di massima sicurezza perché a giudizio delle autorità è una persona di alta pericolosità.
La dirigente Salgado è stata arrestata da marinai e membri dell’esercito messicano, senza che presentassero un ordine di carcerazione. Immediatamente, elementi della CRAC-PC della Casa di Giustizia di El Paraíso (ad Ayutla de los libres) hanno fatto dei posti di blocco per sbarrare, all’altezza di Tixtla, la strada federale Chilpancingo-Tlapa, che congiunge la Montaña alta con Chilpancingo.
L’esercito messicano, con una azione persecutoria contro l’organizzazione indigena, ha attaccato gli uffici della Casa di Giustizia di El Paraíso. Il CCTI fa sapere che, secondo le informazioni fornite da Arturo Campos, coordinatore regionale della Casa di Giustizia, “alle ore 22.00 sono arrivati 30 veicoli con elementi dell’esercito messicano, che hanno perquisito le installazioni e picchiato circa 40 poliziotti comunitari”.
In una intervista a Desinformémonos, Claudio Carrasco, ex coordinatore e ora facente parte della Casa di Giustizia di El Paraíso, evidenzia che “il fatto è che forse il governo ha fatto caso ai giornali del Guerrero, nei quali giorni prima un coordinatore non aveva riconosciuto la Casa di Giustizia di El Paraíso, e ha intrapreso una persecuzione verso i membri di questa organizzazione della zona”.
L’esercito messicano, “non riconoscendo nei fatti la giustizia comunitaria dell’organizzazione e la sua autonomia, si è portato via i 39 detenuti che si trovavano nel processo di rieducazione ed erano custoditi nelle installazioni della Casa di Giustizia”, annuncia il comunitario. Carrasco, che ha impartito giustizia nella zona del La Montaña, informa che “vogliamo che tornino ad essere rieducati. Noi applichiamo un’altra giustizia e vogliamo che ci lascino in pace per farlo. Non siamo contro nessuno”.
Per i comunitari, racconta Carrasco, ex coordinatore della Casa di Giustizia di Espino Blanco, non sono valide le azioni delle autorità ufficiali. “A noi non ci rappresenta il governo dello stato, né nemmeno una sola casa di giustizia”, precisa. Ricorda che nel 1995, l’organizzazione fu creata dai popoli originari e “non dal governo. Siamo stati creati legalmente e legittimamente a causa dell’ingiustizia che c’era nel La Montaña e nella Costa Chica”. Il comunitario afferma che “il governo non deve mettersi nelle questioni dell’organizzazione, noi vogliamo solo pace e tranquillità per i nostri popoli e le comunità”.
Tutti gli arrestati, precisa il comunicato dell’organizzazione per i diritti umani, “appartengono ad una organizzazione di popoli e comunità che hanno preso coscienza come indigeni e che invocano la legge statale 701 sul Riconoscimento, Diritti e Cultura dei Popoli e Comunità Indigene dello stato del Guerrero (nella quale si trovano stipulati i diritti indigeni in materia di giustizia: per fare attività di prevenzione, giustizia e attività di rieducazione dei trasgressori); Così come il Trattato 169 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro), la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Popoli Indigeni, e l’articolo 2 della Costituzione Messicana”.
Di nuovo, le miniere
Dietro a tutta questa situazione, spiega l’ex coordinatore naa savi, ci sono i progetti minerari che vogliono entrare nella zona. “Se lasciamo entrare l’esercito nel territorio comunitario, dopo non se ne andranno. Il governo ha come obbiettivo il saccheggio delle miniere; vogliono che ci scontriamo tra di noi per venire e militarizzare di più il territorio. Questa è la questione di fondo”. Carrasco considera che sia falso che il governo stia combattendo la delinquenza, “ciò che sta facendo è combattere gli indigeni, questo è il loro scopo”.
Nel frattempo, e in interviste separate al quotidiano El Sur de Acapulco, Eliseo Villar –uno dei quattro coordinatori della Casa di Giustizia di San Luis Acatlán, che non ha riconosciuto quella di El Paraíso– e Bruno Plácido –dirigente dell’Unione dei Popoli e Organizzazioni dello stato del Guerrero (UPOEG)–, hanno coinciso nel non difendere le azioni delle Case di Giustizia di El Paraíso e di Espino Blanco (che hanno difeso pubblicamente gli aggrediti). Ambedue hanno stabilito accordi con il governo dello stato, tra i quali la consegna di 2 milioni di pesos.
Da parte loro, le Case di Giustizia di Espino Blanco, Zitlaltepec e San Luis Acatlán hanno richiesto la libertà dei detenuti e hanno convocato, attraverso un comunicato interno, una riunione urgente e una riunione regionale per il 31 agosto. “Facciamo un appello a tutti i popoli e alle comunità che fanno parte del sistema comunitario della CRAC-PC, a tutti i gruppi di polizia comunitaria, a tutti i commissari municipali e alle autorità agrarie, affinché si riuniscano nella prossima assemblea regionale che sarà di vitale importanza per il processo organizzativo per continuare il nostro sistema comunitario”, segnala la convocazione. Sottolineano che è uno scenario che mai hanno immaginato: “Si sono manifestate alcune divergenze con alcuni dirigenti della CRAC nelle regioni, ma non con i popoli né con le loro autorità, per cui le autorità comunitarie e regionali delle tre Case di Giustizia firmanti il presente comunicato, sono d’accordo nel richiedere al governo statale e federale il totale rispetto del nostro sistema comunitario, delle autorità comunitarie, così come dei gruppi di polizia comunitaia; giacché le mancanze interne saranno immediatamente trattate in una prossima assemblea regionale che abbiamo programmato”.
Nel La Montaña le miniere sono nelle mire degli interessi delle imprese e del governo, conferma Vidulfo Rosales, ma si tratta anche di controllare le organizzazioni sociali: “il dissenso sociale di fronte alla povertà e all’emarginazione in cui si trovano i popoli, si uniscono i processi organizzativi contro le miniere e contro le riserve della Biosfera. Esaminano un fronte di organizzazioni sociali del Guerrero che protestano e non possono controllare, e per questo la strategia è militarizzare la zona”. Il difensore dei diritti umani si domanda: “Quale è il ruolo dello stato messicano? Creare pace o contenere il dissenso sociale e i processi sociali organizzativi?”.
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