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Roma Est, la complessità ed alcune contraddizioni

Venerdì della scorsa settimana a Torpignattara un ragazzo pakistano di 28 anni muore dopo essere stato colpito da un giovane diciassettenne del quartiere, a seguito di una lite scatenata dalle lamentele degli abitanti perché Khan Mohamed, ubriaco, infastidiva i passanti.

Il ragazzo, Daniel, viene arrestato dalle forze dell’ordine e accusato di omicidio preterintenzionale. Il giorno seguente, accanto al luogo della tragedia, era già fissata una mobilitazione delle madri antirazziste che cacciarono Borghezio da una scuola della zona qualche mese fa. A loro si aggiungono parenti e amici del giovane romano che ne chiedono la scarcerazione. Il corteo è attraversato da striscioni antirazzisti e svastiche sbarrate e si ferma per un minuto di silenzio nel luogo in cui Khan Mohamed è stato ucciso.

Torpignattara, quartiere adiacente al Pigneto, zona già segnata da tempo da vicende complesse legate agli abitanti migranti e a pesanti situazioni di spaccio, fa parte di un quadrante di Roma in cui la popolazione straniera e migrante è presente in altissima percentuale e che risulta completamente abbandonato dalle istituzioni, se non quelle poliziesche, di questa città. A partire dalle caratteristiche della composizione sociale, costituita da ceto medio impoverito e migranti da ogni parte del mondo, e passando per un contesto socio-politico basato sulla continua negazione dei bisogni primari e sulla carenza o completa assenza dei servizi che sembrano cedere il passo alle sale slot e ai compro oro, possiamo immaginare il livello di rabbia sociale che, la popolazione che vive quel territorio, respira. Rabbia che, se non indirizzata, se non organizzata, facilmente può trasformarsi in una guerra tra poveri in cui la sfida è trovare la nuova “classe pericolosa” con la quale battersi per quello che resta della torta.

Altro episodio che ha infiammato le cronache dei “giornalisti d’assalto” di Roma Capitale è stato l’aggressione ad un autobus dell’Atac avvenuto sabato nel quartiere di Corcolle, sempre del quadrante Roma Est. In questa zona molto periferica della capitale ci sono numerosi centri di accoglienza per rifugiati: l’”ospitalità” discutibile che il nostro Paese offre ai migranti quasi sempre si caratterizza con l’isolamento, spaziale e materiale, dei centri di varia forma e natura, Cie, Cara, Campi Rom e centri d’accoglienza sono situati in zone molto lontane dalla città e dai servizi minimi. Spesso avviene che nei pressi di questi centri la mobilità verso la città non sia completamente garantita (e questo vale per tutte le periferie romane), per la scarsità dei mezzi di una delle aziende, l’Atac, che più hanno attinto a soldi pubblici per centinaia di dirigenti arrivando a 3miliardi di debito e scaricando i tagli sui lavoratori e sulle garanzie minime contrattuali. Infatti proprio ieri a Torrevecchia, quartiere periferico di Roma Nord, gli abitanti hanno protestato rovesciando cassonetti a causa del taglio di una linea autobus ma nei titoli dei giornali questa vicenda è passata senza fare lo stesso rumore di quando il problema viene sollevato da migranti.

L’aggressione all’autobus da parte di una 30ina di rifugiati ha generato forti tensioni nel quartiere e ha scatenato il giorno seguente le proteste degli abitanti capitanati, come bene denuncia il comunicato dell’Usb, da militanti di Forza Nuova e sgherri di Alemanno che, bloccando i bus della zona hanno aggredito tutti i migranti che incontravano sulla loro strada. Gli autisti dei sindacati di base si sono riuniti da subito in assemblea e hanno rilanciato sulla

giornata del 1 ottobre, quando al Campidoglio si terrà l’incontro con i sindaci di 28 città europee, sottolineando come “i quartieri periferici sono sempre più tagliati fuori dalla comunicazione con il resto della città. Le linee pubbliche e private (Atac e Tpl) vengono in parte soppresse e in parte ridimensionate, le attese alle fermate aumentano e fuori dagli orari di punta le corse sono molto diradate. Il taglio dei servizi esaspera gli animi degli utenti tutti, italiani e stranieri”.

Inoltre: “La destra sta soffiando sul fuoco. Durante tutta l’estate molti quartieri sono stati percorsi dalle notizie inventate ad arte che si starebbero aprendo nuovi centri di accoglienza per migliaia di migranti. E’ successo a Torre Angela, a Torpignattara, a Cinecittà. E così la notizia che un gruppo di passeggeri, in attesa da tempo alla fermata, ha aggredito l’autista che giustamente preoccupata ha dovuto riparare nel deposito più vicino, si trasforma in occasione di linciaggio contro gli stranieri.”

Si tratta quindi di due episodi con molte analogie quante differenze. Se da una parte il quadro socio-politico dei due quartieri risulta simile, medesima composizione sociale e identiche modalità di abbandono attuate dagli attori che animano le campagne elettorali individuando le soluzioni a simili situazioni nella lotta al degrado e all’illegalità. Dall’altra, se a Torpignattara individuare nel concetto di Razzismo la definizione di ciò che è avvenuto risulta complesso e quasi superficiale, la vicenda delle ronde a Corcolle, a seguito dell’aggressione all’autobus, è un chiaro tentativo fascista e xenofobo di speculare sulle contraddizioni del potere con il fine di legittimare pratiche apertamente razziste ed alimentare quella richiesta di “sicurezza” che da sempre inasprisce le pratiche del controllo, limitando sempre più le libertà individuali di tutti e tutte.

Quello che risulta palese è che l’episodio di Torpignattara, apice di una situazione già esplosiva, purtroppo ha generato più di una vittima: oltre la tragica morte del ventottenne, l’arresto di Daniel è leggibile come capro espiatorio delle istituzioni latitanti nelle periferie romane e al contempo responsabili di queste situazioni.

E si rischia, come a Corcolle, di aumentare di molto la drammaticità di queste realtà se ci limitiamo a puntare il dito sul “criminale” di turno. Senza approfondire la complessità insita nelle periferie delle nostre metropoli lasciamo spazio alle Destre che fanno del semplice antirazzismo che spesso, giustamente, rivendichiamo in queste occasioni, il punto di partenza per discorsi populisti che alimentano una guerra fra poveri che miete già molte vittime.

Sta a noi agire le contraddizioni tangibili che abitanti e frequentatori vivono quotidianamente, essendo presenti nei quartieri e soprattutto creando e intessendo relazioni di solidarietà che solo in luoghi in cui marginalità diverse si incontrano possono esplodere e divenire reale alternativa all’esistente.

Con queste premesse immaginiamo la giornata di sciopero sociale del 16 ottobre, nella quale a partire appunto dall’unione e dalla solidarietà tra le lotte come quella dei facchini della logistica e quella sul diritto all’abitare, intendiamo vivere una giornata di sciopero sociale articolato all’interno delle città e delle metropoli proprio sottolineando le contraddizioni dell’esistente e l’unica alternativa possibile, la resistenza e la lotta dei territori.

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