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Torino 22 febbraio: di una semplice serata antifascista

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Dopo la significativa serata di antifascismo di giovedì a Torino si è scatenata la solita canea mediatica e politica. E’ stato rispolverato tutto il sudicio armamentario retorico che fa da corollario all’ipocrisia dei media e della politica istituzionale.

Tocca ora rimettere in ordine il senso di quello che è successo negli ultimi mesi.
Dopo gli eventi di Torino il Ministro degli Interni Marco Minniti ha parlato di “fatti gravissimi” e della necessità di “abbassare i toni”. Questa affermazione viene dopo anni che il sistema dei media ha soffiato sul fuoco del razzismo e della xenofobia disegnando un allarme sociale inesistente ed alimentando e amplificando una guerra tra poveri che ha già prodotto morti e feriti. L’obbiettivo era chiaro, distogliere lo sguardo di chi non arriva a fine mese dalle malefatte di chi governa, di chi sfrutta, di chi sottrae diritti. E’ stata scientificamente gonfiata per anni una bolla mediatica sul tema su cui prima hanno veleggiato i leghisti e adesso hanno trovato la loro rilegittimazione anche organizzazioni chiaramente neofasciste come Casapound e Forza Nuova. I giornaloni e i presentatori tv li hanno intervistati, coccolati, fatti esprimere continuamente, sono andati a condurre dibattiti nelle loro sedi, li hanno rappresentati come gli unici soggetti che si prendevano cura delle fasce meno abbienti della società, purché italiane. Poche migliaia di imbecilli in tutta Italia, continuamente in litigio tra di loro e perlopiù insignificanti su un piano sociale reale sono stati lanciati sulla ribalta mediatica non riuscendo a credere alla fortuna che cascava tra le loro braccia.  Intanto i fascisti continuavano a perpetrare centinaia di aggressioni nei confronti di immigrati, omosessuali, compagni derubricate a fatti di cronaca. Il pericolo fascista è stato alimentato, legittimato e forgiato ad hoc dagli stessi che si professano antifascisti nel contesto istituzionale per puri scopi elettorali. Ma si sa che a forza di martellare con menzogne milioni di italiani queste rischiano di diventare la realtà. E da qui si è arrivati all’attentato terroristico fascista di Macerata. Minniti e tutti quelli che hanno blaterato di argini democratici al fascismo sono stati direttamente corresponsabili di questa tentata strage accarezzando il pelo dei razzisti, adottando leggi e misure che sostanzialmente legittimavano l’allarme sociale e intanto destinavano a morire o ad essere torturati migliaia di persone in fuga da fame e guerre. Chi è che ha alzato i toni, chi sono quelli che hanno giocato con la vita di migliaia di persone pur di mantenere il culo sui propri scranni traballanti?

A Torino l’altra sera è successo ciò che è normale e cioè centinaia di persone, di abitanti della città si sono opposti alla sfilata elettorale di un gruppo fascista facendo ciò che le istituzioni hanno scelto da tempo di non fare. E lo hanno fatto con ogni mezzo a loro disposizione, perché l’unico antifascismo possibile è quello che impedisce a questi tristi figuri di spargere odio in giro per il paese, che li costringe a rimanere rinchiusi nei loro covi, ad avere paura. Quella paura che loro cercano di istillare per dividere gli oppressi, per opprimere e soverchiare. Chi ha commentato sui giornali dei grandi gruppi editoriali i fatti di Torino è riuscito a paragonare gli spari del terrorista di Macerata con qualche bomba carta che è esplosa al corteo. Ha parlato di tentato omicidio, di tentata strage con nessun senso della realtà, come già era successo a Palermo in occasione del dirigente forzanovista scotchiato. Accuse che proprio in queste ore si stanno rivelando infondate di fronte a un referto medico di cinque giorni di prognosi del fascista (un’escoriazione in sostanza) e alla fuoriuscita dal carcere dei due compagni indagati. Ciò che vorrebbero fare è sostanziare una teoria degli opposti estremismi, della guerra tra bande, del fascismo degli antifascisti vittimizzando ancora una volta i nipotini del Duce.

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Nessun opposto estremismo, impedire ai fascisti agibilità politica dovrebbe essere il dovere di chiunque non voglia una società opprimente, sessista e razzista, compreso chiunque difenda la tanto sbandierata “libertà di parola”, in questo paese garantita a fasce alterne. Giovedì in quel corteo a Torino vi erano molti lavoratori, studenti, anche famiglie che hanno compreso bene questo dovere e che hanno, ognuno con i propri mezzi e con le proprie volontà, dimostrato che la città non tollera questa feccia.
Si vorrebbe non doversi confrontare con questi rigurgiti e invece poter continuare a occuparsi delle questioni sociali che attanagliano questa città, questioni che qui non hanno mai visto un reale impegno se non propagandistico dei neofascisti, ma si sa fin troppo bene che ogni spazio libero lasciato alla loro espressione è un embrione di divisione, di paura, di odio che potrebbe contagiare la città.

Dovrebbero saperlo bene anche la sindaca Appendino e il suo entourage che definiscono gli antifascisti delinquenti e che non perdono tempo a dare solidarietà alle forze dell’ordine. Si blatera a sproposito di Città Medaglia d’Oro della Resistenza come se Torino non si fosse liberata fucile alla mano, come se il sacrificio dei molti partigiani caduti potesse essere una buona scusa per insozzare la loro memoria permettendo a dei vigliacchi revisionisti di condurre la loro campagna elettorale qui. Non si è visto né la sindaca, né nessun consigliere prendere posizione preventiva contro la presenza di Di Stefano a Torino, perché qualcuno allora dovrebbe accettarne la lezione moralista e ipocrita? Ma per il Cinque Stelle il fascismo è morto e d’altronde quelli di Casapound erano dei “bravi ragazzi” e d’altronde le posizioni ambigue dell’amministrazione sull’Ex Moi e sui campi rom dicono chiaro come qualche briciolina da quelle parti va sempre data, sia mai che si prenda una posizione coraggiosa una volta.

In questa patetica boutade l’unica certezza che si può avere è che nessuno sbarrerà la strada agli utili idioti del terzo millennio tra chi governa questo paese, tra chi siede sugli scranni parlamentari e tra chi occupa gli uffici delle questure. E questo la dice lunga di chi è il vero nemico di qualsiasi cambiamento possibile.

 

Network Antagonista Torinese

 

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