Torino, lotta per la casa: la vendetta dei pm Padalino e Rinaudo
La Questura di Torino si prepara per l’11 luglio!
La scansione di operazioni giudiziarie contro i movimenti sociali e le lotte che vanno al di là delle rappresentazioni e del simbolico sta ormai diventando un appuntamento fisso e scadenzato, con cui una nuova generazione di militanti è obbligata a fare i conti: teoremi, sproporzioni tra fatti e accuse, ingigantimento di singoli episodi, gonfiati mediaticamente in termini abnormi, per farne oggetto di stigma sociale (non riuscendoci) e indurimento giudiziario (effettivo).
L’operazione di questa mattina ci sembra incroci tre differenti livelli: 1) (piano locale) il protagonismo penale dei Pm Padalino e Rinaudo contro tutto quello che si muove nella città di Torino; 2) (piano nazionale) la repressione delle soggettività impegnate nella lotta per la casa, soprattutto quando questa investe pratiche dirette di resistenza fisica agli sfratti e occupazione di edifici vuoti. Qui non si può non cogliere quello che è un piano politico governativo di (non) risposta alle istanze poste in termini massificate in questi mesi dal movimento che ha costruito gli appuntamenti del 19 ottobre e del 12 aprile; 3) (fase politica) la vittoria del Partito Democratico alle ultime elezioni, la legittimazione che viene dall’alto (Europa) e la necessità, annunciata a più riprese, di riforme “dure” e “forti” per rilanciare la crescita del paese. Che tutto questo comporti una più dura battaglia penale contro tutti quei momenti di resistenza e rigidità sociale alle misure di austerity imposte è un’evidenza che non merita ulteriori riflessioni.
Proviamo invece ad approfondire meglio le vicende torinesi contestate e il rinnovato protagonismo soggettivo della sua Magistratura…
La cronaca
La maxi-operazione della digos, coordinata dai soliti pm Padalino e Rinaudo, è scattata questa mattina presto con alcune perquisizioni a casa di compagn* all’Asilo Occupato di via Alessandria e di altri in abitazioni private. Centinaia i compagni indagati, arresti in carcere e ai domiciliari e altre forme di misure cautelari vengono elargite dalla questura per i fatti che vanno dal settembre 2012 a gennaio 2014. I fatti contestati riguardano, nella maggioranza dei casi, le resistenze agli sfratti. Fra le varie misure cautelari, 11 sono i/le compagn* arrestati, 6 agli arresti domiciliari, 4 obblighi di dimora, 4 divieti di dimora e 4 obblighi di firma.
Durante la perquisizione all’Asilo Occupato, alcuni compagni anarchici riescono a salire sul tetto e solo dopo essersi accertati della non operazione di sgombero decidono di scendere dal tetto. Nella maxi operazione, che conta 111 compagni indagati, oltre all’area anarchica vengono denunciati alcuni compagni dell’autonomia torinese, sempre per fatti legati alla lotta per la casa e contestazioni al presidente dell’Atc Elvi Rossi (https://www.youtube.com/watch?v=DrbVHYQyNGE&feature=youtu.be).
I reati contestati
La panoplia è quella solita messa in campo da una Magistratura ormai ridottasi a pura funzione di controllo/repressione (incapace di alcun altro tipo di approccio-ragionamento alla diade questione penale/questione sociale): ingiuria, oltraggio, violenza privata, invasione di terreni, resistenza e violenza a pubblico ufficiale… tutti reati di bassa entità “criminale”, normali protocolli di gestione del conflitto sociale nelle società-stato capitalistiche (dove la prima cosa da difendere non sono i diritti ma “il diritto” borghese della proprietà privata).
A questi se ne aggiungono sempre più insistentemente – è anche il caso di questa operazione – altri visibilmente più gravi, con la sola funzione di aggravante penale quali “estorsione” e “ricettazione” o addirittura “sequestro di persona”. A cosa si riferiscono i suddetti capi d’accusa è indicativo di un atteggiamento inquisitorio che non si premunisce di accertare i fatti quanto piuttosto di farne “lievitare” le potenzialità criminogene. L’estorsione contestata non riguarda la violenza racketistica contro un piccolo negoziante ma la semplice e legittima pratica di riappropriazione di quello che non si ha (e di cui si necessita per vivere ma che questo assetto sociale non permette a fasce sempre più ampie di popolazione). A cosa si riferisca la “ricettazione” è più difficile dirlo. Probabilmente a semplici oggetti di cui si ipotizza il furto (e di cui si dà un’interpretazione estensiva: rubato quindi potenzialmente vendibile). Il “sequestro di persona” riguarda invece la pressione contro gli ufficiali giudiziari per rinviare uno sfratto o casi di occupazione temporanea di qualche ufficio come risposta ad altri sgomberi o sfratti.
In mezzo non mancano di comparire reati di contorno più buffo come quello di “lesione dell’onore del pubblico ufficiale”.
I media come cassa di risonanza:
La funzione del media mainstream nella legittimazione dell’operato della Magistratura appare qui nella sua dimensione attiva, evidenziando alcuni aspetti dei reati contestati ma ancor di più della biografia individuale degli inquisiti. Mentre la terminologia impiegata non si presta a nessuna contestualizzazione – “violenza”, “sequestro di persona”…ecc – le fotografie che documentano la retata si soffermano sulla piantina di marijuana o su rappresentazioni-cliché dei luoghi sottoposti a misure: l’attenzione ossessiva per certi angoli dello spazio occupato, la rappresentazione di un luogo “disordinato”, addirittura la fotografia con gli spazzolini…
L’evento rappresentato è immediatamente preso in una messinscena cui il lettore-medio non è sempre in grado di opporre una decostruzione critica.
Mentalità daTorquemada:
L’aspetto comunque più rilevante è l’impostazione giuridica di questo tipo di operazioni, che rispondono ad una mentalità inquisitoria con cui la Magistratura italiana si esprime fin dai tardi anni settanta. Qui per esempio si colpiscono reati differenti, momenti differenti e talvolta soggetti differenti in quanto si suppone ci sia un’intesa di fondo, un’identica concezione della lotta politica (il minimo comune denominatore sarebbe da ravvisare nella legittimità dell’uso della forza), una cultura e una visione comuni. Manca però l’imputazione di “associazione sovversiva”… non c’è! Come mai? Forse perché, come quasi sempre avviene, non avrebbe retto… o forse perché l’operazione è mezza monca e in mancanza di altri riscontri era necessario accelerare gli effetti della cautelarità e mettere un po’ di persone fuori uso. C’è tra l’altro il piccolo dettaglio di una cimice ritrovata da* compagn* dell’Asilo qualche tempo fa e sbattuta in faccia ai giudici nella prima udienza del processo contro Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò.
Qui non pensare ad una vendetta di Pm e Digos è difficile, anche per l’ossessione meticolosa con cui si continua a colpire compagn* che già stanno scontando carcere, domiciliari o altre misuree restrittive: 3 dei 4 compagn* già accusati di terrorismo si trovano coinvolti (2 in carcere, una ai domiciliari), Forgi dell’Aska viene raggiunto da un obbligo di dimora (che strano!? stava scontando i domiciliari con i permessi di uscita per il lavoro… ora che farà?).
Il rumore di fondo di questo tipo di operazioni tende soprattutto a costruire un’atmosfera di colpevolezza, di ritualità al reato, di colpa già scritta. Come già avvenuto in una storia lunga in questo paese… si comincia a punire, magari metà o più delle accuse cadono, però si accumula… e intanto la Magistratura lavora a qualche grande indagine a medio-lungo termine. Poi cade l’occasione propizia e si mette in moto la macchina generale. Così le misure cautelari possono essere usate in qualunque momento, ad uso di Magistratura e Politica Istituzionale (immediate le dichiarazioni di soddisfazione del PD).
Ipotesi da verificare (senza cedere alle dietrologie!)
Notiamo, non senza dubbi, che precisione cronologica e effettuazione di queste operazioni cadono sempre più a puntino, come si dice, nei momenti della bisogna. Sarà forse un caso che l’arresto di Chiara, Mattia, Claudio e Niccolò avveniva il 9 dicembre scorso, a due giorni da un’iniziativa in valle dal titolo “Diritto di resistenza”, la stessa mattina in cui si temeva il dispiegarsi di un fenomeno politico inaspettato ma che preoccupava la questura cittadina (i fatti del 9-10-11 dicembre) ?
Sarà un caso che questa operazione viene a cadere tre giorni dopo un’assemblea nazionale dei movimenti contro l’austerity, riunitisi qui a Torino per preparare una mobilitazione di massa per il prossimo 11 luglio contro la venuta di Renzi e di altri Primi Ministri europei per discutere di occupazione giovanile?
Lo ripetiamo fino alla nausea: non crediamo ai complotti né pensiamo che la nostra controparte sia un soggetto onnipotente che misura tutto e può tutto… anzi! Resta il fatto che una certa precisione millimetrica contraddistingue sempre più l’operato della Magistratura, con media compiacenti e politica plaudente.
Negli ultimi anni avevamo già notato che la forza del movimento No Tav aveva obbligato la controparte a coordinarsi e strutturarsi meglio: conferenze stampa e operazioni repressive cadendo sempre più a puntino dopo grandi momenti politici prodotti dal movimento. Il movimento No tav è stato per noi una scuola, per loro un laboratorio di repressione e controllo. Quel modello si sta estendendo a tutto il resto dell’opposizione sociale.
Cosa vuol dire tutto questo per noi?
1) che la Magistratura in questo paese fa politica! (e non è una novità).
2) che scendere sul terreno meramente reattivo di lotta alla repressione è perdente, defaticante e non ci porta da nessuna parte (se non altro perché ci obbliga a stare su un terreno costante di risposta e a buttare lì tante energie che servirebbero altrove). Quindi, quando diciamo che la “migliore risposta è la lotta”, dobbiamo tener fede a questo proposito e andare avanti, senza paura!
Solidarietà agli arrestati, alle arrestate, inquisit*, domiciliat*!
Un primo momento di confronto e discussione pubblica per decidere di eventuali risposte e iniziative di solidarietà è prevista per oggi con un’assemblea alle h 17.30 all’Asilo occupato di via Alessandria 12.
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