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Trump a Chicago e il rifiuto oltre Sanders

Nelle ultime giornate di primarie elettorali Usa ha fatto capolino un’opzione politica nuova, distante anni luce da quelle che si stanno affrontando nelle urne degli Stati dell’Unione per scegliere i candidati alle presidenziali di fine anno. Quell’opzione è il conflitto, quantomeno da intendere come rottura di uno schema prefissato di dibattito sul futuro della superpotenza globale, nonché del politically correct che da Trump a Sanders pretende di racchiudere la totalità della legittimità del confronto politico.

Sabato scorso il comizio di Trump previsto a Chicago è stato infatti rinviato dalla polizia, costretta a questa scelta a causa della determinazione di migliaia di persone indisponibili all’idea che il magnate potesse portare i suoi contenuti xenofobi e ultrareazionari in una delle città dalla forte tradizione di attivismo politico, segnata da una linea rossa che parti dagli anni ’60 per i diritti civili e delle lotte universitarie fino alla parabola tuttora in corso del movimento Black Lives Matter.

Chicago è una delle città che ha tra l’altro maggiormente pagato negli ultimi decenni i prezzi della globalizzazione, che ha comportato il crollo di uno dei sistemi industriali soprattutto in campo metalmeccanico più importanti degli States.  E’ interessante quanto successo soprattutto in luce del fatto che la strategia di Trump di rivolgersi ad un ceto medio in via di proletarizzazione a causa della crisi post-2008 non abbia attecchito, trovando invece una risposta importante soprattutto per i riflessi che ha avuto sull’opinione pubblica.

La mobilitazione contro Trump è nata all’interno della rete, attraverso siti di petizioni online come MoveOn.org e Facebook, ma anche attraverso il passaparola e l’attivismo studentesco soprattutto da parte di latinos, afroamericani e musulmani, segmenti di composizione sociale tra i più colpiti dalla retoriche di Trump. Sin dal pomeriggio ad esempio, prima dell’inizio del comizio fissato per le 18, erano in corso manifestazioni come quella che ricordava Laquan Mc Donald, afroamericano ucciso dalla polizia proprio a Chicago nel 2014.

Dopo numerosi rinvii dovuti ai cortei che si aggiravano nei luoghi dello show del tycoon e alla volontà manifesta di non lasciare Trump parlare, il contestato comizio è stato infine annullato, mentre per la Rete spopolava il video del ragazzo afroamericano picchiato da alcuni seguaci di Trump durante la contestazione; a fare scalpore soprattutto l’intervento poliziesco che si è focalizzato sul giovane lasciando invece indisturbati gli aggressori. Il bilancio definitivo è di cinque arresti tra i manifestanti e due feriti tra le forze di polizia.

Ma non solo a Chicago ci sono stati disordini: anche a Kansas City, sebbene il comizio di Trump si sia comunque svolto, la polizia è dovuta intervenire per bloccare decine di contestatori dopo che questi avevano ripetutamente disturbato il discorso del tycoon. Disordini si sono registrati anche ai margini dell’incontro di Trump con i suoi sostenitori a Dayton,Ohio. Trenta persone sono invece fermate temporaneamente a St.Louis dopo le contestazioni di qualche giorno fa.

Nelle prossime ore, dopo il voto in Stati come la Florida, si saprà certamente qualcosa di più sulla possibilità che possa davvero essere Trump il candidato dei Repubblicani alla Casa Bianca; tra le principali sue proposte, figurano la costruzione di un muro al confine con il Messico e una politica aggressiva sia in campo internazionale – soprattutto nei confronti della Cina – che su temi come l’immigrazione da paesi devastati dalla guerra come la Siria.

In molti hanno inserito l’episodio di Chicago all’interno di un disegno più ampio di Trump, destinato ad alzare ulteriormente la tensione come metodo di visibilità soprattutto a livello mediatico e in grado di parlare alla maggioranza silenziosa che potrebbe eleggerlo similmente a quanto fatto con Nixon nel 1972 dopo campagne elettorali “nervose” come quella attuale.


La realtà è invece quella fuori da ogni complottismo, di una esplosione di rabbia contro i livelli insostenibili di provocazione portati avanti da Trump, maggiormente significativa anche per il fatto di aver manifestato un rifiuto del teatrino della politica che comprende anche il rifiuto all’opzione riformista incarnata da Bernie Sanders.

Proprio in caso di una ormai sempre più probabile contemporanea nomination di Trump e Clinton, sarà interessante vedere quello che succederà: ad esempio, capendo quanto gli esclusi da una società americana dai livelli di diseguaglianza sociale da record cederanno ad una pacificazione determinata dalla sirene di una nuova candidatura di Sanders nel 2020, o se alzeranno il tiro verso quanto rappresentato dalle visioni dell’America dei due candidati in uno scenario che potrebbe davvero rivelarsi interessante per i movimenti a livello globale.

 

Per approfondire leggi anche:

Un nuovo elettorato: Mike Davis su Clinton, Trump, e Sanders

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