InfoAut
Immagine di copertina per il post

Sono dazi nostri

Non c’è altro modo per definire l’incontro tra Ursula von der Leyen e Trump se non patetico.

Un’immagine della totale sottomissione delle elites europee agli Stati Uniti. La presidente della Commissione Europea prima plaude le capacità negoziali di Trump e poi, un po’ come se fosse una colpa, ammette il disavanzo sulla bilancia commerciale tra Europa e Stati Uniti. Una scena da sindrome di Stoccolma, se non fosse che, come abbiamo detto in precedenza, in realtà vi siano delle chiare convergenze tra una parte consistente della classe dirigente europea ed il piano trumpiano di ristrutturazione dell’economia internazionale.

Ancora non sono completamente chiari i contorni dell’accordo, e questo già la dice lunga sulla natura del negoziato, quello che sappiamo per il momento è che l’intesa prevede un livellamento dei dazi al 15% per quasi tutte le esportazioni europee. Rimangono fuori l’acciaio e l’alluminio dove l’aliquota rimane quella imposta a livello globale dagli USA, cioè il 50%. Restano aperte le partite sul settore farmaceutico, particolarmente importante per l’Italia, dove Trump ha dichiarato “Non possiamo dipendere da Paesi terzi per i farmaci”, quindi c’è da aspettarsi ulteriori tariffe, e quella dei chip, su cui ancora si sa poco. Rimangono allo 0% alcuni settori strategici in cui la filiera è troppo integrata: gli aeromobili e i relativi componenti, l’industria aerospaziale (tacito accordo di non belligeranza tra il colosso franco-europeo Airbus e l’americana Boeing), robotica avanzata e macchinari industriali, alcuni prodotti chimici, alcuni farmaci generici, apparecchiature a semiconduttori, alcuni prodotti agricoli, risorse naturali e materie prime essenziali. Anche liquori e alcool potrebbero essere risparmiati. Al momento il famigerato Made in Italy legato al settore agroalimentare, nonostante la presunta amicizia tra Trump e Meloni, rientra tra le merci che subiranno dazi al 15%.

Oltre a tutto ciò l’Europa dovrà acquistare dagli USA prodotti energetici per circa 750 miliardi e si impegnerà ad acquistare armamenti dalle industrie statunitensi come era facile immaginare fin dall’accordo NATO. Al contempo la Ue investirà negli States fino a 600 miliardi di dollari, da sommarsi a quelli già in atto, oltre ad evitare ogni contromisura sui settori monopolistici degli USA in Europa come tech, IA e criptovalute.

In sostanza l’Europa ha calato le braghe e verrebbe da dire “dazi loro”, dei padroni, di chi negli anni ha favorito lo sviluppo dell’Unione Europea come istituzione ordo-liberista, predatoria ed incapace di una politica autonoma che guardi, anche minimamente, agli interessi dei propri abitanti piuttosto che a quelli dei mercati. Peccato che il combinato disposto di dazi, accordo NATO, svalutazione del dollaro ed esposizione dei paesi europei sul debito americano rappresenti una tempesta perfetta ed una sciagura per le classi popolari europee. Se persino un atlantista di ferro come Renzi ammette alla luce di questo accordo come l’Europa stia diventando “una colonia” statunitense è chiaro che il Re è nudo.

Intanto Giorgia Meloni ed il suo governo balbettano scuse e cercano di presentare la situazione come meno grigia di quanto si pensi, la Presidente del Consiglio dice che i dazi al 15% sono sostenibili, mentre persino tra i suoi più grandi supporter, i padroni dell’agroindustria e gli industriali delle piccole e medie imprese, la paura fa novanta.

La scenetta ignobile con cui ieri è stato presentato l’accordo mostra sempre più chiaramente una frattura insanabile dentro il contesto europeo: quella tra le elites e le classi dirigenti da un lato, che si identificano completamente con il capitalismo a guida USA, tanto che sarebbero disposti a mozzarsi una mano pur di favorirne il consolidamento del dominio e mantenere intatti i loro privilegi di paggi di corte, e dall’altro lato le masse popolari tra cui sempre più cresce una, se pur confusa, distanza verso le narrazioni che supportano questo consolidamento, si vedano i sondaggi su Gaza e la guerra in Ucraina.

Risulta sempre più evidente che questi governi di marionette ci porteranno nel baratro e che pagheremo con sudore, lacrime e sangue la scelta di garantire ad ogni costo l’egemonia occidentale. Per adesso sono dazi nostri, ma chissà domani.

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Editorialidi redazioneTag correlati:

DAZIeconomiaglobalizzazionestati unititrumpunione europeaVON DER LEYEN

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Il lavoratore inesistente

La retorica della destra sul movimento “Blocchiamo tutto” ci racconta meglio di ogni saggio la visione dominante sul ruolo dei lavoratori e delle lavoratrici nella società: farsi sfruttare, consumare e stare muti.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

La guerra è pace

Uno dei famosi slogan incisi sul Ministero della Verità del romanzo di George Orwell “1984” recita così.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire

Meloni difende a spada tratta l’agito del governo su Gaza e attiva la macchina del fango nei confronti della Global Sumud Flotilla e del movimento Blocchiamo tutto.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Sullo sciopero generale del 22 settembre una giornata di resistenza e lotta – Milano

Il 22 settembre, in occasione dello sciopero generale nazionale, le piazze di diverse città italiane sono state attraversate da movimenti di massa che hanno dato vita a cortei, scioperi, blocchi e boicottaggi contro la macchina bellica, in solidarietà con il popolo palestinese e contro il genocidio. È stata una giornata fondamentale nella ricomposizione di un […]

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Blocchiamo tutto! Insieme, per Gaza

E’ difficile prendere parola sulla giornata di ieri. Sono mille gli stimoli, i punti di vista da cui guardare quanto è successo. 

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Lo stadio finale di Israele: tra autarchia e capitalismo di rapina

L’immagine di invincibilità che lo stato sionista sta cercando di ristabilire sul piano militare non può nascondere i segni della sua corsa, irreversibile, verso un capitalismo di rapina.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Milano: urbanistica, speculazione e stratificazione di classe

Mettiamo per un attimo da parte gli aspetti corruttivi dell’intricata vicenda che vede coinvolti imprenditori, architetti, assessori e dipendenti comunali.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Ma quale “imperialismo iraniano”?

Per un attimo ci siamo illusi/e che di fronte a fatti di questa portata la priorità fosse quella di capire come opporsi, dal nostro lato di mondo, al caos sistemico che Israele, con l’appoggio degli Stati Uniti, sta portando sulla regione.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Dalla strategia di Trump ai pakal

Nelle analisi non è bene separare le diverse dimensioni della dominazione, né di nessun oggetto di studio.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

USA: quasi 7 milioni di persone partecipano alla giornata di protesta No Kings Day

Di seguito traduciamo il comunicato del movimento No Kings dopo l’imponente mobilitazione di ieri che ha visto la partecipazione di milioni di persone in tutti gli Stati Uniti.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Colonialismo accelerato: un piano contro la Palestina

Qual è la logica del piano Trump su Gaza? La costruzione di spazio meticolosamente controllato e depoliticizzato, cioè pacificato, per la circolazione, il consumo e la produzione del capitale.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Ricostruzione a Gaza: il business della “pace” dopo la distruzione

Mentre le macerie di Gaza raccontano l’ennesimo atto di pulizia etnica e annientamento coloniale, il governo italiano si prepara a “sedersi al tavolo della ricostruzione”.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

La giudice federale impedisce a Trump di inviare truppe della Guardia Nazionale a Chicago

Il pendolo tra guerra civile e guerra esterna negli Stati Uniti di Trump oscilla sempre più vorticosamente.

Immagine di copertina per il post
Approfondimenti

Perché Trump vuole “salvare” Milei

Swap multimilionario del Tesoro Usa in cambio dell’impegno a cacciare la Cina dall’Argentina. Sospetti di fuga di fondi speculativi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

E’ ufficiale il “cessate il fuoco” a Gaza

Il governo israeliano ha ratificato a tarda notte la prima parte del piano Trump con la dura opposizione dei ministri dell’ultra-destra Ben Gvir e Smotrich.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas accetta parte dell’accordo. Trump chiede a Israele il cessate il fuoco

Hamas ha risposto al piano del presidente Usa Donald Trump sul futuro di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Molte parole sul Board of Peace, il genocidio continua

Michele Giorgio, Giornalista de Il manifesto e di Pagine Esteri, nel giorno in cui gli occhi in Italia sono tutti puntati sulla Global Sumud Flottilla, racconta come questa iniziativa internazionale e internazionalista accenda speranze sebbene flebili nei Territori.